GASPAR NOÉ REINVENTA IL CINEMA (DI NUOVO)
Anche dopo diverse ore averlo visto, mi sentivo la testa pulsare con le immagini dei fluo-stick, delle luci stroboscopiche e dei ronzii diffusi in tutto il film. Ho sentito che Noé voleva rappresentare un’esperienza extra corporea, e quando l’ho incontrato lo scorso gennaio, mi ha raccontato di quanto gli fosse piaciuto Avatara in 3D. Ha chiaramente l’intenzione di spingere il cinema verso i propri limiti e su ogni suo piano. “Con Irréversible, e un po’ in Enter the void mi ha detto, “entrambi i film vogliono ricreare un qualche tipo di sensibilità alterata o stato di coscienza, sfruttando le armi cinematografiche, il suono, l’immagine, il montaggio, qualsiasi cosa ti sia utile per ricreare quell’atmosfera:”
Sorprendentemente, ci è riuscito. Ha anche un’ossessione per 2001 di Kubrick—di cui c’è un poster nel film, che è spacciato come “il viaggio definitivo,” lì bello visibile in Irréversible, nell’appartamento di Vincent Cassel e Monica Bellucci—ma l’obbiettivo adesso è inserirlo in Enter the void. Quest’ultimo è un trip di 135 minuti, strutturalmente ispirato al The Tibetan Book Of The Dead, mentre esteticamente prende le mosse non solo dalla sequenza dello Star Gate di 2001, ma anche da Tron, Blade runner, e Stati di allucinazione. Ovviamente anche il proprio lavoro viene ripreso e rinserito. Noé ha detto che Irréversible, con le sue telecamere rotanti e le riprese lunghe, è stato, in un certo senso, un primo tentativo di quello che è poi diventato Enter the void: le somiglianze si notano molto facilmente—per la maggior parte del film lo spettatore guarda attraverso gli occhi dell’anima reietta di Oscar, che vola, evanescente, drogato e morto, attraverso e sulla città (una Tokyo al neon che sempre essere stata vomitata sul Las Vegas Strip).
Altri grandi personaggi del mondo del cinema hanno collaborato a portare questa storia sugli schermi—Marc Caro, co-regista di Delicatessen e City Of The Lost Children è il supervisore delle scenografie. Gli effetti speciali sono di Pierre Buffin e la sua sgenzia, Buf, ha lavorato in Fight club, Matrix, e Avatar, mentre l’ipnotica colonna sonora è una concessione di Thomas Bangalter dei Daft Punk. Ma soprattutto, è solo grazie a Noé, che questo film ha potuto vedere la luce.
Charlie Kaufman ha detto che il film, come medium, è morto—diversamente dal teatro. È concluso, è morto e finito, non puoi interagirci. Ma non ha visto Enter the void. Enter the void è vivo e vegeto, e in termini di pura esperienza cinematografica, assolutamente rivoluzionario. Uscirà a settembre, e vi consiglio caldamente di farvi un favore andando a vederlo al cinema. Prima dell’uscita, tornate a dare un occhio dalle nostre parti perché vi daremo altre notizie su Noé, tra cui un’intervista e un documentario che stiamo preparando per The Vice Guide To Film.
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Howl - L'urlo
Nella San Francisco del 1957, un capolavoro di letteratura americana fu portato sul banco degli imputati. Howl è il film che descrive questo momento fondamentale della contro-cultura americana. La storia è raccontata principalmente su tre piani di lettura: il processo, la riabilitazione del giovane Allen Ginsberg (James Franco), e il poema stesso, animato da alcuni graphic novelists, e dal collaboratore di Ginsberg, Eric Drooker con il suo immaginario beat. Il genere stesso del film ricorda la sconvolgente originalità del poema. Il racconto del processo rappresenta la trama narrativa del film, riecheggiando temi ancora in voga oggi: la definizione di osceno, i limiti della libertà di espressione e la stessa natura dell'arte. L'avvocato della difesa è Jake Ehrlich (John Hamm), l'avvocato liberale delle star. Il pubblico ministero invece, Ralph Mcintosh (David Strathairn), cerca di provare che l'opera è oscena, tentando allo stesso modo di interpretarla. I testimoni dell'accusa sono un'insegnante d'inglese (Mary-Louise Parker), che reputa il poema osceno, e un professore (Jeff Daniels) che ha un'idea precisa su ciò che è, o che non è, scritto bene. Dalla parte della difesa ci sono 50 intellettuali, che ricordano i meriti culturali e artistici del poema. Il giudice che presiede l'udienza è Clayton Horn (Bob Balaban), che decreta una sentenza sorprendentemente appassionata. In un'immaginifica intervista scandita da flashback, Ginsberg medita sul suo processo creativo e sulle difficoltà che ha dovuto affrontare. Il poema stesso vive di una vibrante animazione - un viaggio fantastico nella mente dell'artista.