Da Twin Peaks a Hannibal: Come è cambiato l’Abisso

“We are like the dreamer who dreams and then lives inside the dream. But who is the dreamer?”

(Twin Peaks: The Return)

Una lettera d’amore e di disincanto alla serialità televisiva moderna. Di Lupin4th

Il primo squarcio nel velo: Twin Peaks

Nel 1990 accadde qualcosa di irreversibile: Twin Peaks andò in onda. E nulla, nella storia della televisione, fu mai più lo stesso.

La gente pensava di assistere a un giallo. Una liceale trovata morta, una cittadina apparentemente normale, e un agente dell’FBI dalla gentilezza zen. Ma in realtà stava succedendo un’altra cosa: il Male — quello archetipo, quello mitologico — entrava in salotto. Con i suoi demoni, i suoi sogni rovesciati, le sue logge nere e le sue madri che urlano nel vuoto.

David Lynch, il regista della contraddizione e del sogno liquido, fece qualcosa di mai visto prima: accettò un compromesso con la TV. Ma fu un compromesso solo apparente. Usò le regole del gioco — la soap, il melodramma, il formato episodico — per iniettare nel pubblico una dose letale di mistero metafisico.

Il risultato fu un’esplosione culturale. L’America, e poi il mondo, si fermarono. La domanda "Chi ha ucciso Laura Palmer?" divenne un rito collettivo, un mantra pop. Ma in realtà stavamo tutti cercando qualcos’altro: chi siamo davvero, sotto la maschera?

E Lynch rispondeva: "Siete il sogno di qualcuno che ha paura di svegliarsi."


L’Età dell’Oro della TV: il dopo Twin Peaks

Per anni dopo Twin Peaks, nessuno riuscì a replicare quella magia. La televisione tornò al suo ruolo: intrattenimento modulare, serialità usa-e-getta, gialli da 45 minuti con sigla catchy. Ma qualcosa era cambiato.

E nel 2000, si aprì una nuova era. L’Età dell’Oro. HBO, AMC, Showtime: le reti via cavo cominciarono a trattare la TV come un laboratorio autoriale. Le serie divennero romanzi visivi. Arrivarono I Soprano, Six Feet Under, The Wire, Breaking Bad. Non più episodi, ma capitoli. Non più personaggi, ma identità in evoluzione. La TV si fece adulta. E Twin Peaks, silenziosamente, sorrideva da dietro il sipario.


L’ascesa del thriller/horror seriale

E poi vennero loro. Le serie che scavano nell’anima e nella psiche, che non raccontano solo crimini, ma fratture dell’identità:

Hannibal, con la sua estetica da museo di arte macabra.

Mindhunter, che seziona il Male come un entomologo fa con un insetto.

True Detective, che cammina nella polvere esistenziale della Louisiana.

The Fall, The Outsider, Dark, The Haunting of Hill House...

Marianne (Francia), Equinox (Danimarca), 30 Coins (Spagna): serie internazionali che portano l’orrore nelle mitologie e nei traumi locali.

Tutte queste serie sono figlie bastarde e riconoscenti di Twin Peaks. Non sempre lo dicono. Ma lo sono. Hanno preso da Lynch:

la lentezza poetica

il disturbante che non è solo shock ma senso

la consapevolezza che il Male non è solo fuori, ma dentro, e sotto, e prima

Ma hanno fatto anche altro: hanno psichiatrizzato il racconto. L’abisso oggi non è più la Loggia Nera. È la dissociazione, il trauma, l’inconscio rimosso.


Dal mistero al controllo: cosa è cambiato davvero

Il pubblico è cambiato. Prima voleva essere ipnotizzato. Ora vuole capire. Prima bastava un incubo, ora serve una diagnosi.

Twin Peaks lasciava domande. Hannibal dà spiegazioni (e poi te le smonta con eleganza). Le serie moderne sono più strutturate, più consapevoli, più lucide. Ma anche, a volte, più fredde. Più disilluse. Più “perfette” — e quindi meno vive.

La differenza? Twin Peaks parlava al nostro inconscio collettivo. Le serie di oggi parlano alla nostra coscienza individuale.

Questo spostamento verso la spiegazione psicologica ha portato senza dubbio un arricchimento in termini di profondità analitica. Ma ha anche, in parte, sottratto mistero. Il Male non è più l’ospite invisibile: è il paziente da catalogare. Il senso non viene evocato: viene spesso esposto, verbalizzato, scomposto.

E forse abbiamo bisogno di entrambe le cose. Ma in fondo, una parte di noi vuole ancora sognare il pavimento a zig-zag e sentire il nano ballare al contrario.


L’abisso oggi ha cambiato forma

L’abisso c’è ancora. Solo che oggi ha un profilo psicologico, un nome clinico, una teoria junghiana. Ma quando spegni la luce, e resti solo con un’ombra nell’angolo della stanza…

…non ti viene in mente Hannibal. Ti viene in mente Laura Palmer, avvolta nella plastica, che ti guarda dagli occhi della morte.

E ti sussurra: “Fire walk with me.”

E da qualche parte, molto lontano da qui, una voce sogna ancora: “Siete il sogno di qualcuno che ha paura di svegliarsi.”

Lupin4th

Madonna - The Celebration Tour in Rio (Behind-the-scenes)

L’ipocrisia social: l'arte censurata, il porno camuffato celebrato

Navigando su Instagram, TikTok e Facebook negli ultimi mesi, mi sono imbattuto in una quantità impressionante di contenuti che mi hanno fatto riflettere. Ragazzi che si leccano le ascelle per “goliardia”, sfide tra amici dove il contatto fisico sfocia apertamente nel sensuale, video di accademie militari pieni di dinamiche di dominazione tra giovani uomini. Il tutto spacciato come intrattenimento innocuo.

Parallelamente, vedevo contenuti artistici, educativi o semplicemente autentici venire cancellati, bannati, oscurati.

Mi sono chiesto: com'è possibile che i social media censurino l'arte e l'espressione autentica, mentre lasciano circolare (e spesso spingono) contenuti che sono pornografia mascherata?

Non si tratta di attaccare chi crea quei video. Si tratta di smascherare l'ipocrisia delle piattaforme che selezionano ciò che è accettabile non in base all'etica, ma al profitto.

Questo articolo è un tentativo di analizzare e denunciare questa dinamica.

  • Instagram: la patria dei reel "goliardici" a sfondo sessuale, dei video fitness che puntano tutto su pose ambigue, dei feticismi travestiti da moda.

  • TikTok: l'epicentro delle challenge sessualizzate, dei balletti con messaggi impliciti, dell'algoritmo che ti porta contenuti altamente sessuali senza che tu li cerchi.

  • Facebook: meno immediato, più subdolo. Qui girano video "virali" e contenuti "educativi" che veicolano comunque dinamiche feticistiche o sessualizzate, specie in gruppi e pagine di nicchia.

Tutti sotto lo stesso tetto: quello di Meta, con algoritmi diversi ma filosofia comune.

Le piattaforme dichiarano di censurare contenuti sessuali espliciti per proteggere l'utenza. In realtà, la censura è applicata in modo selettivo e incoerente.

  • Una fotografia artistica di un corpo nudo? Bannata. (Come è successo al coreografo queer Alok Vaid-Menon, che ha visto rimosso un suo reel di danza contemporanea con abiti trasparenti.)

  • Un video di un ragazzo sudato in slip che si strofina contro un amico? Promosso. (Come quelli di profili da milioni di follower tipo [@footfetishguy] e [@militarybrosfun].)

  • Un post di educazione sessuale LGBTQ+? Penalizzato.

  • Una "challenge" in cui due ragazzi si solleticano in posizioni inequivocabili? In prima pagina.

Il problema non è il sesso. È la forma in cui viene presentato. Se è vendibile, viene promosso. Se invita alla riflessione o non è immediatamente redditizio, viene censurato.

"Quando la sensualità è funzionale al marketing, viene premiata. Quando è libera ed espressiva, viene punita." — Judith Butler


Fitness fetish:

  • Stretching esasperato, focus su zone erogene, pantaloncini aderenti più che pantaloni.

  • Esempio: account come [@gymtwinksquad] e [@mensstretchingworld], che mostrano "allenamenti" dove il vero protagonista è il corpo erotizzato.

Giochi goliardici:

  • Leccate, carezze, solletico tra amici. Sempre con doppio senso ben visibile.

  • Esempio: TikTok "Best Friend Challenges" dove due amici simulano baci o palpeggiamenti in slow motion.

Military kink:

  • Video di accademie militari con dinamiche di dominio-sottomissione mascherate da "discipline fisiche".

  • Esempio: Facebook, gruppi come "Cadet Pranks & Discipline" mostrano giovani soldati umiliati in mutande sotto pretesti goliardici.

Challenge sessualizzate:

  • Sfide che prevedono contatti fisici molto spinti, il tutto venduto come scherzi innocenti.

Foot fetish travestito:

  • Focus ossessivo su piedi, calzini sudati, scarpe, spesso giustificato come "moda" o "lifestyle".

  • Esempio: account Instagram come [@sockboysitaly] dove piedi e sudore sono protagonisti.

Moda fetish:

  • Shooting di moda e lifestyle che puntano sull'estetica esplicita del corpo come oggetto sessuale.

  • Esempio: TikTok, account tipo [@fashionloungeboys] con modelli in slip bagnati spacciati per "fashion model".


Perché questa ipocrisia è pericolosa? 

  • Riduce la sessualità a un meccanismo di marketing, togliendole autenticà.

  • Penalizza chi usa il corpo per esprimere arte, politica, identità.

  • Altera la percezione dei giovani sulla sessualità, insegnando che è accettabile solo se è non detta e strumentalizzata.

"Non è il sesso a essere censurato dai social, è la libertà autentica che minaccia il loro controllo sull'immaginario collettivo." — James Bridle

La libertà espressiva è sacrificata in nome del profitto.

Non serve censurare i corpi, i desideri o i giovani che si esprimono. Serve coerenza. Serve libertà vera: per l'arte, per l'identità, per la sessualità consapevole e autentica.

Finché lasceremo che siano gli algoritmi di Meta a diecidere cosa è accettabile, continueremo a vedere pornografia camuffata come innocente, mentre la vera espressione umana sarà soffocata.

Sta a noi riconoscere il meccanismo. E smascherarlo.

Social Hypocrisy: When Art Gets Banned and Camouflaged Porn Thrives

While browsing Instagram, TikTok, and Facebook over the past few months, I stumbled upon an overwhelming number of posts that made me stop and think. Young men licking each other's armpits in the name of "comedy," viral "best friend" challenges featuring sensual contact, military academy footage filled with domination dynamics. All disguised as harmless entertainment.

At the same time, I witnessed artistic, educational, or simply honest content being deleted, shadowbanned, or flat-out banned.

So I started asking myself: Why are social media platforms censoring art and authentic expression, while pushing content that is essentially fetishistic or pornographic in disguise?

This is not an attack on the people who create those videos. It’s a critique of the platforms that decide what is acceptable not based on values or ethics—but on profit.

This article aims to break down and expose that hypocrisy.


  • Instagram: Home of sexually suggestive reels masked as fitness routines, bro-humor, or fashion. Full of fetish-coded content pushed to the top.
  • TikTok: The heart of viral challenges with overtly sensual undertones, dances with sexualized movements, and suggestive trends tailored for the algorithm.
  • Facebook: The sneaky one. Often in the form of "viral videos" or private groups sharing military discipline footage or prank culture that plays with domination and body exposure.

All governed by the same digital overlord: Meta, with different platforms, same logic.

Platforms claim to censor explicit sexual content to protect users. But in reality, the moderation is highly selective and deeply inconsistent.

  • An artistic black-and-white photo showing the human body? Banned.
  • A slow-mo video of a sweaty guy in briefs grinding on his friend? Promoted.
  • A queer sex education post? Flagged for "violating guidelines."
  • A foot fetish reel disguised as a lifestyle tip? Featured.

"When sensuality serves marketing, it gets rewarded. When it’s free and expressive, it gets punished." — Judith Butler

  • In early 2024, queer choreographer Alok Vaid-Menon had a reel removed from Instagram showing interpretative dance in sheer clothing. Labeled "nudity."
  • Meanwhile, accounts like [@footgodnyc], [@militarygagvids], or [@alphafootbros] continue to post reels featuring suggestive dominance, feet worship, and homoerotic gym play. Still active. Still viral.

Fitness Fetish:

  • Accounts like [@menstretchingstudio] or [@bulkingbrosfit] show exercise routines with camera angles focusing on crotches, glutes, or sweating bodies in close-up. Music: always sexy. Hashtags: #fitlifestyle.

Bro-Humor with a Hidden Agenda:

  • TikTok trends like the “Try Not to Laugh” challenges feature two guys licking, tickling, or pretending to kiss each other—edited to look like innocent fun, but clearly designed for kink appeal.

Military Kink Content:

  • Facebook groups like “Army Fun & Pranks” post videos of young cadets being stripped to underwear, forced to stand still, or physically dominated by seniors. View count? Millions. Flagged? Never.

Challenge Fetishism:

  • "Touch Your Friend Challenge," "Who Flinches First," and similar videos rely on increasingly erotic physical contact. All posed as comedy.

Foot Fetish Disguised:

  • Reels on accounts like [@sockboysnation] or [@barefootdudesdaily] show sweaty feet, dirty socks, or close-ups of soles—described as "streetwear vibes."

Fashion as Fetish:

  • TikTok accounts like [@loungewearmen] film young men in underwear lounging in wet clothes, slow motion, on plush couches. Always labeled #fashion or #aesthetic.
  • It reduces sexuality to a tool for engagement and monetization, stripping it of authenticity.
  • It punishes content that expresses identity, politics, or art through the body.
  • It distorts young people's perception of desire, teaching them it’s acceptable only when silent and sanitized.

"What gets censored isn’t sex—it’s freedom. Real, messy, powerful freedom." — James Bridle

True expression is sacrificed to appease algorithms and ad revenue.

The problem isn't sexual content or sensuality. It’s the selective censorship that rewards fetishized marketing while banning honest art and sexuality.

What we need isn’t more repression. We need coherence. We need freedom that applies equally to all forms of self-expression.

As long as Meta's algorithms dictate what is acceptable, we’ll keep seeing camouflaged porn thrive while genuine voices are silenced.

It’s time we call it out. And tear the mask off.

Sebastian VS Peter

Era una sera d’estate a Marsiglia. Il caldo appiccicoso, il solito pub pieno, birre sui tavoli e chiacchiere che si scontrano con la musica di sottofondo. Sebastian era lì con un paio di amici. Peter, massiccio, famoso in zona, era entrato poco dopo con la sua cricca. Uno di quei tipi che, anche solo respirando, spostano l’aria.

Non è chiaro cosa sia stato detto, ma qualcosa tra Peter o uno dei suoi e Sebastian ha fatto cambiare l’aria nel locale. Sebastian, calmo, impassibile, si è girato verso di lui e ha detto solo: “Vieni fuori.” Peter ha sorriso. Gli amici si sono mossi, gli uni dietro gli altri. Nessuno sembrava preoccuparsi. Peter, con quel fisico da culturista e l’arroganza di chi non ha mai perso, dava per scontato come sarebbe finita.

Appena fuori, Peter ha mosso un passo e accennato una frase. Non ha fatto in tempo. Sebastian gli ha piantato una testata precisa, netta. Peter ha barcollato. Il tempo di riprendersi? Zero. Un gancio destro micidiale. Peter è crollato. A terra, Sebastian lo ha finito con una scarica di calci secchi: stomaco, volto. Tutti fermi. Nessuno è intervenuto. Gli amici sapevano già: era finita.

Tre giorni dopo erano in spiaggia insieme, a ridere. Da allora Peter ha detto più volte: “Di uomini con cui non farò mai più a botte, ce n’è uno solo.”


La scena del pub è il punto d’innesco. Ma non è solo cronaca. È simbolo. È archetipo. È la collisione tra due modelli maschili opposti:

Il Maschio Lucido (Sebastian)

  • Esile, affilato, calcolatore.
  • Non impone il corpo: lo usa come leva.
  • Non ha bisogno di mostrarsi: colpisce solo quando serve.
  • È il trickster, il samurai urbano, l’intelligenza vestita da corpo fragile.

Il Maschio Corazzato (Peter)

  • Imponente, scolpito, dominante.
  • Incarna l’ideale della forza visibile.
  • Ma la sua potenza è costruita: ha bisogno di essere riconosciuta.
  • È il gladiatore, il guardiano, il corpo che urla controllo.

Quando si scontrano, vince chi ha più consapevolezza del tempo. Sebastian, come Ulisse, colpisce prima. Con chirurgica ferocia.


La dinamica maschile profonda

Nei maschi esiste un codice antico: prima ci si misura, poi si può rispettare. Non c’è odio, solo definizione dei limiti. Peter, cadendo, ha riconosciuto in Sebastian qualcosa di più forte di lui: non i muscoli, ma la centratura. Per questo sono diventati amici.


Il carisma invisibile

Peter ha un corpo da mostrare. Sebastian ha un corpo che non puoi ignorare.

  • Peter occupa spazio per struttura.
  • Sebastian lo conquista per gravità.

Il carisma di Sebastian non nasce dal volume, ma dalla sicurezza brutale di chi non deve dimostrare nulla. Ogni gesto è misurato. Ogni scelta è già stata presa prima che l’altro reagisca.


Confronti culturali

Sebastian appartiene a una stirpe precisa:

Figure reali

  • Bruce Lee: la potenza dentro la leggerezza.
  • Tyson giovane: la furia compatta, esplosiva, senza esitazione.
  • Muhammad Ali: la mente che danza attorno alla forza.

Figure mitologiche / letterarie

  • Ulisse: stratega, sottile, mortale.
  • David (contro Golia): piccolo che abbatte il gigante, ma con ferocia.
  • Coyote e Anansi: i piccoli che fregano i grandi.

Figure cinematografiche

  • Francis “Franco” Begbie – Trainspotting: furia pura in corpo piccolo, pronto a esplodere per nulla. Sebastian ha la stessa imprevedibilità, ma con una freddezza letale.
  • Tyler Durden – Fight Club: corpo medio, impatto assoluto. Una mascolinità anarchica, carismatica, antisistema.
  • Tom Ripley – Il talento di Mr. Ripley: innocuo in apparenza, spietato nella realtà. Predatore elegante.
  • I giovani guerrieri urbani di La Haine e City of God: magri, nervosi, letali, sopravvissuti al caos.

Sebastian è una sintesi nuova: la ferocia del trickster con la freddezza del samurai.


Mascolinità contemporanea

Oggi gli uomini sono confusi:

  • Se sei forte, sei tossico.
  • Se sei sensibile, sei debole.
  • Se sei bello, sei vanitoso.

Sebastian spezza tutto questo. Non cerca approvazione. Non chiede consenso. È maschile in un modo non codificabile: duro ma non rozzo, sottile ma non fragile.

Peter rappresenta l’ideale visivo. Sebastian, quello invisibile ma definitivo.

In un mondo pieno di rumore, la vera forza è quella che agisce in silenzio.

E Sebastian, con una testata e una risata tre giorni dopo, lo ha dimostrato una volta per tutte.

By Pitou