GENERAZIONE Q: I GIOVANI TRA WEB E NICHILISMO . And a Jimmy Dean gallery

Quando nella primavera del 1955 James Dean finì di girare “Gioventù bruciata” non sapeva che da lì a poco si sarebbe schiantato a bordo della sua Porsche. Diventando, insieme a Marlon Brando ed Elvis Presley, il primo vero idolo dei ventenni, una generazione di cui nessuno aveva mai sentito parlare, perché semplicemente non esisteva, non aveva modo di differenziarsi, di esprimersi. Viveva compressa tra l’infanzia e l’età adulta, ridotta ad imbarazzante momento di passaggio, attraverso il quale sostituire i sogni con le responsabilità. In poco tempo quella generazione ribaltò lo stato delle cose, rivendicando i diritti delle minoranze (gay compresi), combattendo cotro la guerra del Vietnam, prendendosi improvvisamente un posto nel mondo. Un gran bel posto. Secondo Thomas Friedman, columnist del mitico New York Times, la generazione dei ventenni di oggi è molto più ottimista e idealista di quello che dovrebbe essere, ma molto meno radicale e impegnata politicamente di quello che sarebbe necessario. La chiama la generazione Q, quieta.I ragazzi contemporanei sono troppo online per pensare o fare qualcosa di buono per il proprio futuro, non si accorgono che le generazioni precedenti gli stanno rifilando un mondo con un deficit ecologico, economico e culturale, che passeranno tutta la vita a tentare di risanare. Non battono più i piedi per niente, se non per togliere gli esami di riparazione e non capiscono che le crociate non si possono fare su Myspace a colpi di download.Umberto Galimberti, filoso psicanalista che scrive su Repubblica, nel suo nuovo libro “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”, edito da Feltrinelli, racconta di una generazione malata di nichilismo, senza forza per dare un senso alle cose, per scrivere la propria vita, per uscire dall’unico valore riconosciuto, quello della competizione per diventare ricchi e famosi.Questo individualismo imperante, che impedisce di riconoscere semplicemente le proprie capacità, di imparare ad usarle e vederle fiorire si nutre dell’assenza di insegnanti e di insegnamenti. In una società che non impiega la forza che i giovani esprimono tra i quindici e i trent’anni, ma anzi la usa per vendere di più, la generazione Q viene consegnata alla rassegnazione e alla fatalità. Insomma alla peggiore delle situazioni: l’inutilità.
“Se vuoi che i ragazzi vengano a vedere un filmnon puoi fargli vedere un mondo idilliacoche non esiste.Devi fargli vedere com’è veramente la realtà,e andare a prenderli nel loro territorio”
James Dean (8 Febbraio 1931 - 30 Settembre 1955)