«Non è finita l'era degli album»

MILANO — «L'idea di album è arcaica. Ma per un gruppo come noi o i Radiohead quel concetto sta tornando, fresco e nuovo. Se credi in un'artista vuoi sentire anche quello che realizza in mezzo alle canzoni che manda in radio». Michael Stipe, carismatico leader dei R.E.M., non crede alla morte degli album. È un problema di qualità della musica, non di possibilità di farsi una compilation personale facilmente e a bassi costi offerta dai negozi virtuali. «Trovo giusto pagare circa un dollaro a canzone, ma molte fanno schifo e a nessuno va di comprare un disco che ha soltanto due brani buoni. Ma non sarà il nostro caso». La band americana ha appena pubblicato «R.E.M. Live», primo live di una carriera quasi trentennale registrato a Dublino durante il tour del 2005. Ma in primavera uscirà il cd di inediti numero 14, ancora senza titolo. I fan chiedono a gran voce delle canzoni rock, un ritorno allo stile degli anni Ottanta e Novanta. I ritmi rilassati di «Around the Sun», pubblicato nel 2004, hanno lasciato delusi molti. «Certamente nel prossimo non domineranno le ballad — ci anticipa —. Usciremo a primavera e, anche se non abbiamo ancora deciso quali fra le 15-16 canzoni che abbiamo inciso quali pubblicheremo, solo tre sono lente. Le altre sono molto veloci, molto nude. Sarà molto diverso dai nostri ultimi due dischi ». A lasciar presagire un ritorno al rock nudo e crudo del resto c'era il live appena pubblicato. Canzoni secche e asciutte, uno spettacolo che la band ha deciso di non ripulire, lasciando piccoli errori e imprecisioni: «Sarebbe stato disonesto. In ogni media o spettacolo c'è un livello di disonestà al quale ormai siamo abituati: in tv certamente, ma anche i video e le foto ritoccate o i concerti ritoccati delle popstar... Noi qui abbiamo lasciato tutta la crudezza dell'esperienza». Un assaggio del futuro lo regala invece «Until the Day is Done», usato dalla Cnn come colonna sonora di un documentario sul cambiamento climatico e altri temi «verdi». «Quella canzone è stata scelta perché tristezza e speranza convivono nelle liriche, ma non è un brano espressamente ambientalista », racconta Michael. Un verso parla di «battaglia persa», è quella per la difesa del pianeta? «Sono ottimista e credo che possiamo capovolgere la situazione, anche se ci sarà bisogno di prendere misure drastiche. Ho due case, una a Athens in Georgia e una a New York. A Athens stiamo attraversando il periodo di peggiore siccità degli ultimi 100 anni, le riserve idriche sono bassissime e si parla di razionare l'acqua corrente solo per un paio di ore al giorno. A Manhattan vivo vicino al fiume Hudson e il municipio mi ha spedito una lettera per spiegarmi cosa fare in caso di uragano. E di uragani a New York non se ne sono mai visti. Quindi penso che chi dice che il surriscaldamento è un falso problema sia uno stupido». L'ambiente sarà il filo conduttore del disco? «No, ma ci saranno molte canzoni politiche e altre con testi che arrivano direttamente dal cuore », dice lui. Già «Around the Sun» era schierato contro la guerra in Iraq e il trio partecipò al Vote for Change Tour, serie di concerti a sostegno di Kerry. Sforzo inutile? «È triste che questa amministrazione abbia ricevuto un secondo mandato. Ma non direi che quell'impegno è stato un fallimento perché allora molti movimenti, dentro e fuori la musica, hanno portato la gente a capire il valore del far sentire la propria voce». In Europa c'è molto interesse nella sfida, per ottenere la candidatura dei Democratici, fra Hillary Clinton o Barak Obama. Gli Stati Uniti sono pronti a un presidente donna o a uno afroamericano? «Non ho ancora scelto, ma mi interessa più quello che dicono che il fatto che siano una donna e un nero ».
Andrea Laffranchi