La filosofia di Madonna

BERLINO — «Se il mio sogno è di diventare regista sul serio? Well — risponde Madonna — mi hanno invitato al festival come regista. Non ho bisogno di sognare: sta accadendo. Il mio vero sogno è diventare una zingara, girare il mondo a piedi, suonare la loro musica, avere una vita movimentata come loro». È un po' quello che succede ai protagonisti del suo film. Alla Berlinale rock'n'roll arriva Madonna dai mille volti, dopo i Rolling Stones, David Crosby con i vecchi fratelli californiani e Patti Smith. Per seguirla nel debutto come regista di cinema, tassello mancante nel suo puzzle artistico, bisogna beccarsi un'ora di spintoni e urla, e vedersi troncare sul nascere ogni domanda che, agli occhi del moderatore, può suonare inopportuna. Negli 80 minuti di Filth and Wisdom, Sporcizia e saggezza, «due facce della stessa medaglia », c'è la filosofia di questa 49enne americana che il sogno americano se l'è costruito con una tenacia folle e sconsiderata, il suo gusto fetish, la sua personalità multiforme, il talento costruito come un lago artificiale goccia dopo goccia.
Madonna, quando si vedrà questo film? «Penso di metterlo su Internet, amo le cose poco convenzionali e Internet lo è». Il protagonista di questa bizzarra storia sul dualismo, sugli estremi che si toccano, è Eugene Hutz, il 36enne musicista ucraino che ha suonato con lei a Londra, a Hide Park, nel concerto benefico pro Al Gore, e che anni fa sbarcava il lunario vicino a Roma facendo il cameriere. L'Italia lo ricorda anche per il ritornello infarcito di bestemmie in una sua canzone. Nel suo humour soffiato di sarcasmo freddo ricorda le paradossali goliardate di Borat. È la storia di tre sogni: lui vuol diventare una star del punk rock (in effetti è già popolare nel-l'Est europeo); e quelli di due donne, la farmacista che vuole aiutare i poveri in Africa (Vicky McClure) e l'aspirante danzatrice del Royal Ballet che si ritrova aggrappata al palo della lap dance. Nel film c'è molto degli inizi di Madonna, quando cercava di sbarcare il lunario a New York: «Sono cresciuta come danzatrice, migliaia di ragazze volevano fare lo stesso mestiere. Ho raccontato tre diverse personalità obbligate a avere un lavoro solo per tirare avanti ma con la speranza di riempire un giorno i loro sogni. Ho raccontato che la vita è una battaglia. Il dualismo fa parte della mia vita. Sono cresciuta nel Mid-West, mentalità ristretta, non ti incoraggiano a essere differente. Ho conosciuto un maestro gay, mi ha fatto capire cosa vuol dire accettarsi, mi sono sentita a casa. Se mi aveste chiesto cos'era la felicità 30 anni fa, avrei risposto che era la possibilità di sopravvivere a New York e l'idea che la mia voce potesse essere ascoltata. Oggi la felicità, per me, è la riconoscenza». Eugene Hutz si presenta coi suoi folti mustacchi e lo sguardo stralunato, medaglie sul petto e chitarra a tracolla, si mette a cantare una canzone sugli immigrati; Madonna al confronto, vestita tutta di nero, è un'elegante signora borghese. Applaude a tempo la performance: «Lavorando con Eugene mi sono innamorata di questi tre personaggi, la storia è venuta fuori spontaneamente. Anch'io vorrei diventare una zingara, mi piace l'idea di perdermi, di vivere in maniera autentica». Godard diceva che il titolo è il 50 per cento della riuscita di un film. «Sono d'accordo con lui». Eugene: «Ero stanco delle altre offerte, è anche eccitante l'idea che suono nel film». Ma nella colonna sonora c'è spazio per una canzone di Madonna, «Erotica». Un norvegese si complica la giornata ricordandole che l'ha scritta una quindicina d'anni fa, «oggi sei sposata, hai due figli e...». «Chi te l'ha detto — lo interrompe — che non puoi essere più erotica quando hai i figli. Sei sposato? No? Allora fallo e poi ne riparliamo». Dice che continuerà a fare cinema: «É un lavoro mentale, mentre cantare è un lavoro fisico. Come regista ho ricevuto molti consigli ma, sapete com'è, i consigli sono stronzate. Scherzo. Però nel mio primo film c'è la mia visione delle cose». Dice che porterà ai festival di Cannes e al Tribeca di New York il documentario che ha prodotto, girato sul Malawi. Nella saga di Madonna dai mille volti, da regista sfoglia il capitolo della debuttante: una nuova carriera, l'ennesima, «Like a virgin».
V. Cappelli