Animazione e musica: un eterno connubio

Nero China: Lucca Animation
di Federica di Spilimbergo
LUCCA - Siamo oramai abituati da tempo ad abbinare la musica a delle immagini e Lucca Animation ha proposto l'altra sera - così come il 26 pomeriggio alle 16 - al Cinema Centrale, una rassegna di videoclip che "disegnano", appunto, la storia di questa che è divenuta una vera e propria forma d'arte.
Nati negli Anni Settanta, i video musicali erano delle immagini – spesso di esibizioni live – che accompagnavano visivamente la musica. Di fatto ne facevano una sorta di “commento visivo”, senza la pretesa di creare qualcosa di artistico. Poi, negli Anni Ottanta, la svolta, grazie alla nascita di emittenti televisive dedicate, come l’americana Mtv e lo storico canale italiano Videomusic, i quali, proponendo 24 ore di rotazione di video musicali, portarono questi filmati ad essere non più solo funzionali alla musica, ma loro stessi diventare “protagonisti”. Sono stati molti gli artisti e i registi che si sono cimentati nei video: questo breve filmato, infatti, rappresenta una splendida occasione per sperimentare nuovi linguaggi visivi ad un costo accessibile e può garantire – sempre che il nome dell’artista ne sia all’altezza – una visibilità a tutto tondo. Ecco, quindi, uno dei motivi per cui i clips sono entrati a pieno titolo nel mondo dell’animazione, tanto da guadagnarsi un’intera serata all’interno di un festival come quello lucchese. Ed ecco perché questi piccoli filmati si prestano alla sperimentazione. Una sperimentazione che ha fatto scuola, come quella di Stephen L. Johnson che con “Sledgehammer” di Peter Gabriel ha veramente cambiato il modo di intendere i video. Alcuni numeri di questo piccolo capolavoro: è il video in assoluto più trasmesso da Mtv negli anni, nel 1987 ha vinto ben 9 Mtv Awards, record che ha mantenuto intatto fino al 2007, nonché è al numero 4 dei migliori video della storia del canale musicale americano e al secondo di VH1. Potrebbe già bastare per rendere questo video una parte importante della storia dei clips, ma, per realizzarlo, Peter Gabriel ha dovuto stare sotto una sorta di lastra di vetro per ben 16 ore di fila, cosa anche questa da ascrivere ai record. Oggi, “Sledgehammer” si vede – ovviamente – meno nelle rotazioni musicali, ma ogni volta che lo si guarda, si comprende come, di fatto, abbia fatto da “capostipite” a tanti clips che sono venuti dopo, come quello di L’Aura, “Non è una favola” – anch’esso compreso nella serata di Lucca Animation –, che, in qualche modo, rilegge la parte finale dell’opera di Johnson di 11 anni prima. Parte del leone nella serata l’ha – giustamente – fatta Bjork, presente con 4 diversi video. In ognuno, l’artista islandese propone una diversa forma di arte visuale: dal classico cartoon di ultima generazione, molto “Bratz” di “I miss you” (John Kiricfalusi), allo strano bosco di “Human Behaviour” del mitico Michel Gondry – “padre” di video assolutamente sensazionali come “Around the world” dei Daft Punk e di “The hardest button to button” dei White Stripes inserito nel programma della serata –, alla prorompente natura di “Earth intruders” (Michel Ocelot) fino all’amore cibernetico tra due robot di “All is full of love” di Chris Cunningham. Belli, senz’altro belli, propongono quattro diversi modi di intendere il video musicale, abbracciando un incredibile numero di tecniche, di effetti speciali. Impossibile, quindi, non concedere all’artista islandese lo scettro della “regina della serata”. Un video piacevolissimo e non conosciuto in Italia è “Flowers” di Emilie Simon: canzone delicatissima, cantata da una voce molto gradevole, proietta lo spettatore in un cimitero, dove una bambola di pezza canta, cercando la tomba del suo amore, mentre viene accompagnata da un lupo mannaro, un improbabile frankenstein e un dracula, tutti realizzati in pezza. Semplice e veramente degno di nota. Sempre “cimiteriale” è l’atmosfera proposta dai geniali Gorillaz – “la band che non esiste” –. Qua i Gorillaz mettono in piedi un concerto e suonano il loro primo pezzo “Clint Eastwood” e mentre Damon Albarn-2D dichiara “I’m happy”, i gorilla-zombie danzano come i ballerini dello storico video “Thriller” di Michael Jackson. La regia di questo video è di Jamie Hewelett e Pete Candeland che hanno dato un volto a questi musicisti, che vivono solo nel mondo virtuale, tanto da esibirsi all’Mtv Award dello scorso anno come proiezioni olografiche in 3d. Degno di un film horror è, invece, “Come to daddy” di Aphex Twin, per la regia di Chris Cunningam. Il volto distorto che appare alla vecchietta a passeggio con il cane in quella televisione gettata per la strada, è solo l’inizio di un incubo. Geniale, poi, il gruppo di bambine, vestite con tranquillizzanti abiti a quadrettini e calzettoni bianchi, che sembrano giocare: i loro volti deformati e tutti identici a quelli del demone della televisione (Aphex Twin, appunto) e il loro “gioco” affatto tranquillizzante, creano un’atmosfera degna degli horror orientali, per raggiungere l’apoteosi con il bozzolo del demone espulso dalla tv e la sua “rinascita”. Splendidamente inquietante. Divertente, colorato, dissacrante e feroce è “Shoot the dog” di George Michael per la regia di Tim Searle. I disegni sono assolutamente “simpsons-like” e vi vengono descritti un Bush che invece di parlare con il generale in merito alla guerra, se la fa spiegare dal calzino del generale che si presta a questa “relazione sui generis”, mentre il cane altri non è che Tony Blair, o meglio, il suo comportamento viene rappresentato come un cane. Per questo video, George Michael venne aspramente criticato in patria e Mtv-Uk parlò perfino di censurare il video. E che dire di “There, there” dei Radiohead per la regia di Chris Hopewell? Spettacolare tutto, ma varrebbe la pena vederlo anche solo per la trasformazione in albero di Thom Yorke. E’ da notare che nella serata vi sono solo due video italiani: il famosissimo “Per me è importante” dei TiroMancino per la regia di Direct 2 Brain, dove il disegno del cartello dei “lavori in corso” rincorre un disegno analogo e femminile, facendoci entrare in un mondo di questi “omini”, parallelo al nostro e raccontandoci una romanticissima storia di un amore contrastato. Niente di nuovo sotto il sole, come si diceva, per L’Aura e il suo “Non è una favola” di Maki Gherzi che utilizza espedienti già visti e assimilati, ma che, comunque, presenta un prodotto piacevole. In fondo, niente si inventa, ma si rilegge e, questa è una rilettura venuta bene. Nella serata vi sono anche altri video, ma è da sottolineare un fatto: non vi è nessuna didascalia. Non un nome di un artista. Non un nome di una canzone. Non un nome di regista. E questo è veramente un enorme limite per il pubblico, in quanto non permette di godersi appieno la visione di queste piccole opere d’arte. Un limite che auspichiamo che nelle prossime edizioni verrà superato, fornendo agli spettatori le informazioni necessarie per poter godere di quanto sta scorrendo di fronte ai loro occhi.
loschermo.it