I grandi costumisti italiani vestono Hollywood

Ci sono film straordinari che rimangono impressi nell’immaginario comune, capolavori concertati da grandi registi, recitati da attori unici che non sarebbero stati gli stessi senza i costumi adatti al loro ruolo. Sono tanti i tasselli necessari a realizzare un film esteticamente perfetto: la scenografia, la musica, la fotografia rendono una pellicola ricca e profonda e la cura del dettaglio negli abiti arricchisce la fruibilità di un lavoro. La magia creata dai costumisti italiani contribuisce enormemente all’esisto finale dei film. Ve ne vogliamo raccontare qualche esempio anche attraverso i nomi più importanti in questo campo a livello mondiale e con le foto dei set. Cominciamo con Milena Canonero, originaria di Torino, ha studiato a Genova e poi si è trasferita a Londra dove ha lavorato come pubblicitaria. Il passaggio alla cura dei costumi per le produzioni cinematografiche arriva con il maestro Stanley Kubrick, per “Arancia Meccanica” e “Barry Lyndon” (per cui vince un Oscar). In seguito si trasferisce a Los Angeles e diventa la punta di diamante dei designer che si dedicano alla settima arte. E’ una collaboratrice indispensabile per la narrazione visiva dei più importanti cineasti, con un eccezionale dono nella ricerca e nella creazione delle vesti. Vince un altro Oscar per “Chariots of Fire - Momenti di gloria” (1982) e viene nominata per “La mia Africa”, “The Cotton Club”, “Shining”, “Il Padrino Parte III”. L’ennesimo riconoscimento della Academy Awards arriva per “Marie Antoinette” (2006), interpretata da Kirsten Dunst e diretto da Sofia Coppola. Ci soffermiamo su questo film che non sarebbe lo stesso senza la sua incredibile esperienza. La storia narra in chiave originale le vicende della giovane Regina di Francia che visse nella reggia di Versailles alla fine del 1700. La regista voleva concentrarsi molto sulla cura del guardaroba, delle acconciature e anche sulla presentazione di pietanze e dolci dell’epoca. Ci riesce grazie a un team eccezionale con Lance Acord, KK Barrett e al tocco magico di Milena. Gli abiti sono riccamente ricamati, ornati di fiocchi e rosette, ingioiellati, con gonne dalla silhouette esagerata sui fianchi e piatta avanti e dietro come voleva la moda dell’epoca, i colori pastello sono gustosi e ricordano le caramelle, i sorbetti, le torte e le paste stucchevoli. Gli accessori: piume, diamanti, spilloni e cestini di fiori che adornano le parrucche altissime e i cappellini, guanti, ventagli, scarpe in raso e seta delle nuance più delicate. Solo la “cattiva”, interpretata da Asia Argento veste di nero e rosso. Altro grandissimo nome è quello di Gabriella Pescucci, nata nel 1941 a Rosignano Solvay, che studia a Firenze all’Accademia delle Belle Arti ed è anche lei collaboratrice dei cineasti più importanti del mondo. Premiata con i Nastri d’argento, il David di Donatello, il Ciak d’Oro e il Bafta tra gli altri per “Il nome della rosa”, “La città delle donne” e “C’era una volta in America” riceve l’Oscar per un “The Age of Innocence – L’età dell’innocenza” (1992) tratto dal romanzo di Edith Warthon e divenuto un opera perfetta grazie al regista Martin Scorsese. La Contessa Olenska, Newland Archer, May Welland (interpretati da Michelle Pfeiffer, Daniel Day Lewis e Winona Ryder) sono indimenticabili nelle loro mise dell’ aristocrazia newyorkese di fine ‘800, ricostruita in modo scrupoloso, quasi filologico. In tempi più recenti la Pescucci ha curato anche i coloratissimi abiti de “La Fabbrica del Cioccolato” (2006) di Tim Burton con Johnny Depp. Gli abiti di Willy Wonka e dei giovani protagonisti di questa favola sono golosi e scintillanti come la carta che nasconde le barrette di squisito cioccolatocremolato.
Paola Mattu Furci Eco del Cinema