Voom portraits: metti Brad Pitt e Winona in metrò

Di Antonella Matarrese
Bisogna avere pazienza, un’altissima concentrazione e una certa dose di istrionico narcisismo. Mettersi in posa davanti all’obiettivo del regista teatrale Bob Wilson non è facile: il personaggio è esigente e spesso un po’ burbero. Ma essere ripresi è un onore, anzi un “dovere culturale” per i divi hollywoodiani e per i protagonisti dello spettacolo coinvolti nell’operazione Voom portraits.Nessuno, neppure l’impegnatissimo Brad Pitt, ha declinato l’invito. Così Voom portraits vanta, attualmente, un’antologia di 65 videoritratti ad alto tasso di fama.Tutto comincia a metà anni Settanta, quando Wilson, già ritenuto «una pietra miliare del teatro sperimentale mondiale» (la definizione è del New York Times), si cimenta con il liguaggio dei video: nascono 100 episodi, ovvero miniracconti che partono dalla staticità della natura per arrivare al movimento degli animali. Nel 1981 Wilson incontra Akio Morita, il cofondatore della Sony, e insieme studiano la possibilità di sviluppare il concetto classico del ritratto per proporlo in movimento e soprattutto in verticale e in scala 1:1, ovvero quasi a dimensione umana. Successivamente, con lo sviluppo delle tecnologie, Bob Wilson affida la realizzazione del suo progetto alla Voom Hd networks, società americana pioniera nell’alta definizione dell’immagine che poi ha siglato l’intero lavoro del maestro.Il primo videoritratto è dedicato all’attore e regista Patrice Chereau (il regista di Tristano e Isotta, lo spettacolo inaugurale della stagione in corso alla Scala) e ora fa parte della collezione privata della stilista francese Agnes B.La produzione è come quella cinematografica, avviene in uno studio, i tecnici delle luci sono sotto stretto controllo di Wilson, ci sono costumisti, truccatori e naturalmente una colonna sonora da Oscar, affidata a maestri del calibro di Michael Galasso o di Henri Rene.“A volte, quando stiamo immobili, siamo ancora più coscienti del movimento di quando facciamo tanti gesti esteriori. Questi ritratti esplorano piuttosto il movimento interiore. È un modo per ascoltare il dentro”: così filosofeggia Bob Wilson. Che in questo lavoro complesso raccoglie ispirazioni formali dalla pittura e dal teatro, le fonde con l’iconografia televisiva, con la grammatica della danza e del cinema, e le arricchisce di riferimenti e citazioni letterarie, bibliche e artistiche.Come Johnny Depp che interpreta Marcel Duchamp nelle vesti di Rrose Sélavy nella celebre foto di Man Ray del 1921. Oppure come Winona Ryder nei panni di Winnie, la donna qualunque che affonda in una montagna di oggetti in Giorni felici di Samuel Beckett.Voom portraits arriverà in Italia a fine giugno e sarà ospitato a Palazzo Leti Sansi di Spoleto in occasione della prossima edizione del Festival dei due mondi.
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