
Lo stilista Alexander McQueen è morto suicida nella sua casa di Londra. Lo conferma il suo studio con un comunicato che recita "è una tragica perdita. Al momento non rilasciamo dichiarazioni anche in rispetto della sua famiglia". Secondo il quotidiano Independent di Londra, la polizia ha affermato: "siamo stati chiamati dall'ambulanza intorno alle 10,20 di questa mattina. Ci chiedevano di intervenire per un uomo trovato morto al suo indirizzo di Green Street W 1". E sul web c'è già chi afferma che lo stilista si sarebbe impiccato. Lee Alexander McQueen nasce nell'East End di Londra nel 1969. Quando anni più tardi viene definito il "West End Boy che conquista Savile Row" (la strada di Londra degli abiti su misura), lui storce il naso e rifiuta le interviste. Però la mano da grande sarto unita alla follia da creativo che viene dalla strada saranno le sue cifre stilistiche. Ha appena 16 anni quando trova lavoro prima presso Anderson e Shepherd, in Savile Row, e poi da Bermans & Nathans, noti costumisti teatrali. A 20 anni arriva a Milano dove è impiegato nel team di Romeo Gigli. In seguito, nel 1992, ritorna a Londra dove completa la Saint Martin School of Art, la scuola per designer più importante del mondo. A soli 22, nel saggio di fine anno, stupisce stampa e compratori presenti e cattura da subito l'attenzione di Isabella Blow, nota giornalista di moda, morta anche lei suicida nel 2007, che l'accoglie sotto la sua ala protettiva e acquista tutta la sua collezione per 5.000 sterline. Suzy Menkes, fashion editor dell'Herald Tribune, all'epoca scrive così: "la collezione è ricca di un'eccezionale sostanza creativa e di maestria nella tecnica. Il taglio e gli ornamenti, poi, sono sublimi“. Nel 1996, con grande stupore, Bernard Arnault, patron del gruppo del lusso LVMH, lo mette alla guida della maison Givenchy per l'haute couture, succedendo a un altro grande stilista inglese, John Galliano. Al termine della prima sfilata, la stampa grida al miracolo. Ma i dissidi con la proprietà sono dietro la porta. McQueen resta da Givenchy fino al 2001 quando, con un comunicato stampa, si interrompe il rapporto con il grande gruppo. Nel frattempo, vince per ben quattro volte il premio come miglior designer inglese tra il 1996 e il 2003. Nel dicembre 2000, invece, è la volta di un altro grande agglomerato del lusso, il Gucci Group che, per volere dell'amministratore delegato Domenico De Sole, acquista il 51% del suo brand. Da questo momento inizia la sua parabola creativa più felice. Iniziano le collaborazioni con le multinazionali sportive (come Puma). Il suo estro creativo si estende anche al cinema dove collabora con produzioni hollywodiane come "The Cell" (2000), thriller con Jennifer Lopez di cui firma tutti i costumi. A metà strada tra alta moda e prêt-à-porter, gli abiti di McQueen vivono sull'equilibrio precario di sogno e realtà: non a caso, le sue sfilate sono momenti di teatro e spettacolo, gli show più attesi ad ogni stagione.
Nel 1997 presenta la passerella tecnicamente più dispendiosa della storia della moda. Nel '99, arruola la modella Aimee Mullins, amputata delle gambe, che sfila con le protesi; nel 2005, dopo lo scandalo di cocaine-Kate, proietta l'ologramma della Moss in passerella; E nel 2009 manda in scena la sfilata più rivoluzionaria degli ultimi dieci anni, con la regia del grande fotografo Nick Knight, lo streaming su internet e il nuovo singolo di Lady Gaga "Bad Romance" come colonna sonora. La sua ultima sfilata è avvenuta a Milano, lo scorso gennaio, in occasione della fashion week maschile. Proprio in questi giorni si stava preparando la nuova collezione il cui show era previsto per il prossimo nove marzo. La notizia della sua morte è arrivata a una settimana da quella della madre Joyce. Intanto, su Twitter è già nata una pagina dedicata alle condoglianze che arrivano ogni secondo dai personaggi più famosi. Eccone alcune. Robert Duffy, Presidente di Marc Jacobs: non posso credere che sia morto! Una perdita inimmaginabile. Gli ho parlato un paio di volte: era davvero una bella persona. Che tragedia! Rachel Zoe, la più famosa costumista di Hollywood: non riesco a descrivere la perdita di uno stilista e di un uomo così brillante. Riposa in pace, Alexander. Kelly Osbourne: La notizia mi ha resa tristissima. Sono sotto shock e non so nemmeno cosa dire! Estelle, la cantante di "American Boy": Era un genio totale. Massimo rispetto. Peaches Geldof, modella e figlia di Bob Geldof: Riposa in pace Alexander McQueen. E aggiunge una frase di TS Eliot: "Solo quelli che rischiano davvero possono scoprire quanto possiamo andare lontano“ Il portavoce di Kate Moss dichiara: "Kate è sotto choc e devastata dalla tragica perdita del suo carissimo amico Lee. Il suo pensiero va alla sua famiglia". Sul fronte italiano, invece, due grandi si sono già espressi con Seidimoda per la grave perdita. È il caso di Donatella Versace che ci confessa «La sua immaginazione non aveva limiti e la sua forte personalità , insieme alla sua geniale creatività, lo rendevano unico. La moda ha perso un'icona ed io ho perso un amico a cui tenevo molto». Mentre Romeo Gigli, raggiunto da noi al telefono, ricorda così il "ragazzo di Londra" che fu il primo a scoprire. Come ha reagito alla notizia della morte di McQueen? Io e mia moglie siamo sconvolti e senza parole. Alexander era uno stilista grandioso e visionario. Gli ero davvero molto affezionato. Ha lavorato per me dal 1989 al 1992 circa. Non ricordo bene il nostro primo incontro. Sono sicuro, però, che a presentarci fu un insegnante della Saint Martin School of Art. Alexander era uno degli allievi più promettenti.
Arrivò a Milano timido ma pieno di voglia di imparare. A quell'epoca, nel mio studio c'erano una trentina di ragazzi, da ogni parte del mondo. Era una sorta di comune: vivevano in 8 o 9 in un appartamento. C'era un bellissimo clima creativo. Com'era il giovane Alexander sul lavoro? Aveva un carattere molto originale. Era in grado di farsi prendere da una gioia improvvisa, così come di chiudersi in un silenzio di pietra. Lo scelsi per la mia linea maschile: mi affascinava la sua abilità nel costruire gli abiti da uomo. Ricordo, a proposito, un aneddoto molto divertente. Un giorno, durante una prova, aveva montato e rimontato una giacca più volte. Io arrivai e gliela feci smontare di nuovo. All'interno, però, al posto della fodera, trovai la scritta "Fuck You!". Scoppiai a ridere, ovviamente. E quando lasciò la maison Gigli, ha seguito la sua carriera? Sempre e con grande interesse. Non solo: Alexander mi invitava a ogni sua sfilata. Appuntamenti che cercavo di non mancare mai. Ha avuto una parabola creativa magnifica. Sarà un grande mancanza per il mondo della moda.