James Franco si dà alla scrittura con Palo Alto. Racconti di sesso, droga e disagio adolescenziale

Una volta era l’amico ricco e poco sveglio di Spiderman. Oggi è un autore unanimemente apprezzato, coraggioso, che mostra una predilezione per i ruoli complicati (Milk), forieri di ghiotte nomination (127 Ore) o intellettual-letterari (Urlo). Ma pochi sanno che, nella sua casa di Los Angeles, quando non è immerso tra i copioni il 32enne Franco si diletta a imbrattare tele e scrivere racconti. Alcuni di questi sono stati recentemente raccolti e confezionati in un libro, Palo Alto (196 pagine, Faber & Faber), che negli Stati Uniti ha fatto alzare più di un sopracciglio.
Palo Alto raccoglie racconti incentrati su adolescenti alle prese con il vuoto esistenziale che erode i margini della vita adulta, sul loro rapporto con la droga, il sesso, le armi, la violenza e, insomma, tutto il pacchetto di tematiche che vanno di default a braccetto con questo tipo di narrativa. Sembrerebbe il solito exploit letterario di un attore in preda al classico delirio di onnipotenza artistica. Sembrerebbe… ma James Franco non è il classico attore di Hollywood, ha una laurea in Lettere e sta persino studiando per aggiungere al curriculum un PhD a Yale.
Non è il caso di urlare al capolavoro, anche perché nelle 200 pagine scarse di Palo Alto si trovano parecchie ingenuità tipiche delle opere prime. Ma l’intenzione dell’attore/autore è profondamente sincera e, sebbene a volte quella che è una narrazione fluida e semplice viene appesantita da un’eccessiva cerebralità, Palo Alto potrebbe essere un primo encomiabile passo verso un’altra dimensione artistica per l’attore.
Mentre il suo libro colleziona critiche in patria, Franco si appresta a spegnere il cervello per dedicarsi a pellicole meno impegnative. Dopo la buona prova di Howl, in cui interpretava il pittore beat Allen Ginsberg, e quella di 127 Ore, sulla tabella di marcia dell’attore californiano c’è Rise of the apes, nuovo capitolo nella saga de Il Pianeta delle scimmie.
Fabio Deotto