In nome dell’arte

di Camilla Sernagiotto
Avere nella propria collezione di abiti quello bianco di Norma Jeane Baker non sembra granché, così come indossare gli occhiali da sole di Paul David Hewson potrebbe lasciare indifferenti i più.
Ecco il grande potere degli pseudonimi: l’abito bianco è di niente popò di meno che Marilyn Monroe, mentre gli occhiali sono i celeberrimi indossati da Bono degli U2.
Chiunque faccia un giretto all’anagrafe di Hollywood potrebbe scoprire chi si cela dietro ai vari Woody Allen, Lady Gaga e Cher.
E se per alcuni si tratta di semplici abbreviazioni del nome, come nel caso di Cherilyn Sarkisian LaPiere alias Cher, c’è chi ha scelto di storpiare il proprio cognome come Jennifer Aniston, al secolo Jennifer Anastassakis.
Ci sono poi pseudonimi dietro cui si nascondono nomi di battesimo impensabili: Allan Stewart Konisberg avrebbe ottenuto un enorme successo anche senza farsi chiamare Woody Allen?
E Stefani Joanne Angelina Germanotta sarebbe stata la stessa senza battezzarsi Lady Gaga?
Ma senza andare per forza oltreoceano, anche da noi il nome d’arte è d’obbligo su palchi, set e sale d’incisione, parola di Albertino a.k.a. Sabino di Molfetta e di Arisa alias Rosalba Pippa…
C’è poi chi si porta dietro uno pseudonimo da così tanto tempo che ormai lo sente più suo del nome vero, come nel caso di Raffaella Carrà, al secolo Raffaella Pelloni.
Ma ormai Raffa Nazionale non si gira nemmeno più se viene chiamata con il suo vero cognome; quando un nome d’arte ti accompagna per tutta la carriera, non c’è anagrafe che tenga…