Goodbye Rem (e adolescenza addio)

Dai, Raffa, cazzo, hai quasi trent’anni, non puoi mica andare a piangere nel bagno della redazione perché ti hanno appena detto “Oh ma l’hai saputo che i Rem si sono sciolti?” (e no, non l’avevo saputo, ieri quando mi sono addormentata Stipe and co. erano ancora felicemente assieme). Così, maledizione, può capitare che uno un giorno si svegli (thanks God), prenda la bici di corsa perché in ritardo, si pigi nella metro, arrivi a lavoro e alle 8.30 di mattina scopra che la sua adolescenza è «improvvisamente» finita, terminata, over, kaputt.
E audieu.


Francamente non m’interessa sapere come e perché l’abbiano deciso (della notizia ho letto solo i titoli). D’altronde, dopo trentun’anni ci sta, avranno avuto i loro motivi, mica possono essere tutti dei Rolling Stones, no? E poi, tanto, che cambia?
La mia band del cuore non c’è più, e a me/noi orfani dei R.E.M. non resta che trincerarci nella nostalgia (almeno per oggi, dai), affondare nei ricordi, farci cullare l’anima dalle note con cui siamo cresciuti (Radio Free Europe, Losing My Religion), che ci hanno fatto ballare (Shiny Happy People, Get Up, Stand, Eletrolite), sognare (Nightswimming, Drive, Find The River), versare lacrime su lacrime (Everybody Hurts, la canzone anti-siccità per eccellenza, come I’ll take the rain).
E mi scuso con i fan se ne ho dimenticate tantissime, ma per me/noi sono tutte bellissime: dalle ballate di Automatic for the people alle sonorità acustiche di New Adventures in Hi Fi ai moti rockettari di Monster, ad Up, ché come si fa a scegliere?
Ci rimarrà il loro ultimo album, Collapse Into Now, che (profeticamente?) avevo definito il loro «best of di inediti».
Un vero e proprio compendio di remitudine, ossia bella musica e straordinaria poesia, talvolta indecifrabile, ma sempre emozionante.
E poi mi rimarrà il ricordo di quella sudata storica a Bagnoli, nel 2003 (c’eravate?): due ore di attesa a 40° compressa nella mischia (leggere “schiacciata in una caterva di torsi nudi appiccicaticci”), che ca**o, Michael, quanto t’avrei odiato se poi non ti fossi presentato conPatty Smith al seguito e non ci avessi regalato quella E-Bow The Letter che ancora oggi mi vengono i brividi a ri-pensarci. (e, apro parentesi, fui l’unica scema che rimase a gridare per 5 minuti “Bis Bis!” sotto al palco quando loro si congedarono la prima volta, pensando che stessero facendo la solita finta di uscire per poi rientrare, solo che nessuno gridò loro “fuori”, e quelli non tornarono più…).
Nessun rimpianto, comunque.
Cari Michael, Peter, Mike (e Bill) grazie per questo viaggio. Forse è giunta l’ora, per voi e per tutti noi, che il fiume trovi finalmente il suo oceano…