James Franco intervistato da 'The Days of Yore'

James Franco è un attore, scrittore, regista, artista visivo… e la lista può continuare. Meglio noto per il suo lavoro sullo schermo, Franco ha lavorato in diversi film hollywoodiani, tra cui la trilogia di Spider-Man,Strafumati, Mangia Prega Ama, Milk, per cui ha vinto un Independent Spirit Award come attore non protagonista, e 127 Ore che gli è valso un Independent Spirit Award come attore protagonista e una nomination agli Oscar per migliore attore, tra tanti altri premi e nominations. E' statoJames Dean nell’'omonimo film per la tv, e ha vinto un Golden Globeper questo ruolo, Allen Ginsberg nel film indipendente Howl, e ha anche interpretato il ruolo di Daniel Desario nella serie tv culto Freaks and Geeks. I suoi film più recenti sono Your Highness e L’Alba del Pianeta delle Scimmie. Ha anche condotto la scorsa cerimonia degli Oscar insieme ad Anne Hathaway.
Nel 2010, Scribner ha pubblicato la sua raccolta di racconti brevi Palo Alto: Stories. I suoi dipinti e le sue installazioni sono stati esibiti in diverse gallerie newyorkesi, di Los Angeles e Berlino.
Franco è laureato alla UCLA, ha un master in regia alla NYU Tisch School of the Arts e due in scrittura creativa conseguiti al Brooklyn College e alla Columbia University. Ha studiato poesia al Warren Wilson College e sta conseguendo un dottorato in letteratura inglese a Yale.
Franco è energico, determinato e non gli interessa che gli altri lo capiscano. Fa quello che vuole e sa perché lo fa, poco importa se gli altri continuino a interrogarsi sulle sue intenzioni.
Quando eri piccolo cosa volevi fare 'da grande'?
Dicevo a mia mamma che volevo essere un carpentiere. Mi piaceva costruire cose. Poi volevo fare il giocatore di football. Mia madre, con dolcezza, cercava di farmi capire che forse ero troppo minuto per giocare a football da professionista. Ma mi dava speranza, comunque, non ha mai abbattuto le mie illusioni completamente. Mia madre è un'autrice di libri per bambini, quindi i libri erano sempre in giro per casa. Ricordo che scrissi qualcosa quando ero davvero piccolo, a scuola elementare. Era una storia chiamata 'Deep Down', ispirata al fumetto The Far Side, ma non l'ho illustrata. Disegnavo all'epoca, ma questo non era un fumetto. Non lo so nemmeno cosa fosse… ma sì, scrivevo quando ero piccolo. Una volta, alle medie, ho letto Cannery Row [di John Steinbeck] e ho adorato il personaggio di Ed Ricketts. Era un zoologo marino, così anch'io volevo diventarlo. Aveva l'allestimento più fico. Viveva a Monterrey, sull'acqua e tutto ciò che faceva era immergersi nelle maree e cose così, e questo era il suo lavoro. Sembrava un lavoro semplice. Non so per quanti zoologi marini sia così ideale però.
Sembrava ideale a te.
Era molto romanzato. Ma siccome mia madre è una scrittrice e i miei si sono incontrati a scuola di arte, erano pittori, tutto ciò era pane quotidiano da noi. L'arte, la scrittura sono sempre stati, vuoi o non vuoi, nella mia testa, anche se magari non me ne stavo occupando attivamente. E una delle ragioni per cui non me ne occupavo a dodici, tredici, quattordici anni era la paura, credo. Poi, a sedici anni, ho iniziato a leggere seriamente. Ma leggevo lo stesso anche quando ero più piccolo. Ho letto tutti i libri diOz, tutti i Tolkien.
Li trovavi a casa o andavi a cercarli?
Andavo io a cercarli. Credo che amassi i fantasy. Mio padre mi introdusse a Tolkien e dopo il resto venne da sé. Ho scoperto molte cose da solo. Quando diventai un po' più grande, terza media, credo, un mio amico mi fece leggere Kerouac. Iniziammo a leggere tutti gli autori della Beat Generation. Poi mio padre mi regalò As I Lay Dying, e io cominciai a leggere molto di Faulkner, Hemingway eccetera.
A quell'età, quando leggevi quei libri, desideravi anche tu riuscire a scrivere in quel modo?
Sì. Ricordo molto chiaramente che mentre leggevo Cuore di Tenebra, e non so perché pensassi questo, ma di fronte a un lavoro fatto bene ero convinto che dovesse essere facile farlo. Ricordo che leggevo e pensavo: "Oh sì, lo farò anch'io, posso farlo. Sta raccontando una storia, posso farlo".
E Conrad lo faceva nella sua seconda lingua!
Esatto! C'era un corso di scrittura creativa nella mia scuola ed era la prima volta che mi cimentavo a scrivere storie, cercando di mettere insieme un'introduzione, una parte centrale e una conclusione. Di solito non eravamo noi a leggere le storie alla classe, ma era l'insegnante che leggeva, così quella era la prima volta che ricevevo dei veri commenti. Quindi, sì, volevo scrivere. Ma in realtà all'epoca per lo più dipingevo e disegnavo.
Seguivi lezioni di arte?
Sì. Mi mettevo spesso nei guai quando avevo quattordici, quindici, sedici anni, così dovevo cambiare abitudini. Dovevo smettere di frequentare certe persone…
Quando dici "dovevo", il cambiamento era imposto dai tuoi genitori o era una conclusione a cui eri arrivato tu stesso?
Una combinazione. Ero nei guai. Ero ancora minorenne, quindi non andai in prigione o niente del genere, ma mi beccarono più volte mentre facevo cose stupide. E ricordo che pensai - ebbi anche una conversazione con mio padre al riguardo – "Cosa farò quando non sarò fuori con i miei amici a mettermi nei guai?"
Tipo, "Cosa fanno le altre persone?"
Esatto! Perché non mi piacevano gli sport all'epoca. Così iniziai a frequentare i corsi di arte. Ci andavo tutti i giorni dopo scuola, dalle 15.30 alle 22.00, tutti i giorni.
Wow. È parecchio. Era tipo quaranta ore alla settimana. È a questo punto che iniziasti a pensare di voler fare l'attore, o quell'idea nacque da tutt'altra circostanza? 
Mi è sempre piaciuto recitare, mi è sempre piaciuto il cinema. Sono cresciuto vicino San Francisco, a Palo Alto, e quando presi la patente, andavo a San Francisco con la mia ragazza e vedevamo tutti gli spettacoli che potevamo all’A.C.T. [American Conservatory Theatre]. Ne sono sempre stato affascinato, solo che vivevo a Palo Alto, e semplicemente non sapevo come funzionasse. Ero anche molto spaventato, sai, iniziare così, di punto in bianco!
Che vuoi dire con 'ero spaventato'?
A Palo Alto nessuno pensava al cinema come a una professione. Personalmente avrei potuto fare qualche ricerca su come riuscire a recitare in un film o in televisione, ma non c'era nemmeno Internet allora… Pensavo che i ragazzi di Stand by Me, ci fossero come nati lì. Non credo nemmeno che sapessi che esistevano le audizioni! Così, mi limitavo a sognare. Ho recitato in qualcosa alle elementari e alle medie. Alle superiori non recitai in niente fino all'ultimo anno, principalmente perché avevo paura. Poi la mia ragazza, che frequentavo da due anni, era un'attrice e c'erano diversi eventi. All'inizio le fu chiesto di far parte di questo atto unico, scritto da un ragazzo. Era la storia di una coppia… I protagonisti dovevano baciarsi e io mi ero davvero indisposto per il fatto che lui avesse chiesto alla mia ragazza di recitare con lui.
E che avesse inserito il bacio di proposito.
Sì, è quello che pensai. Così la pregai di non farlo, e lei lo fece comunque – come avrebbe dovuto – ma penso che a quel punto stessi solo aspettando una scusa per farlo anch'io, e mi spinsi ad andare dall'insegnante di recitazione e dirgli che volevo essere nella sua classe. "Se lo fai tu, allora lo faccio anch’io". Così lo feci, ed entrai in almeno due commedie dell'ultimo anno. E poi, oltre a quello, incontrai un amico che aveva fatto un'audizione per uno spot pubblicitario e io dissi: "Oh! È così che funziona?" E lui: "Sì, è facile. Vai, fai un provino e se piaci, ti prendono." Così mi trasferii a Los Angeles. 
Inizialmente per l'Università, però. Non per recitare, vero?
Vero. Dovevo frequentare Letteratura Inglese alla UCLA. Ma tutti andavano a Los Angeles, tutti ci provavano. C’era un ragazzo nel mio dormitorio che recitava nel Cybill Shepherd show. "Wow." [reclina la testa]. Improvvisamente tutto mi sembrava possibile. Almeno ci sono persone che ci provano, perché io non dovrei?
Quindi come hai iniziato?
Ho fatto qualche audizione per dei corsi di recitazione [alla UCLA], ma, sai, c'era chi frequentava proprio la facoltà di recitazione, quindi erano loro che venivano presi a questi corsi. Io potevo accedere solo a corsi speciali che non erano nemmeno per attori; erano per registi che avevano bisogno di qualche attore con cui lavorare. E non riuscivo nemmeno a entrare in quelli. Era come se non riuscissi affatto ad avere accesso a quell'ambiente. Allora presi una decisione: recitare è la mia passione in questo momento. Ok, sono nel programma di letteratura e mi piace tantissimo, ma ci sono tutti questi cazzo di requisiti che devo raggiungere e, Dio, non sto facendo quello che davvero voglio fare. E non potevo nemmeno fare l'audizione per entrare nella facoltà di recitazione perché ormai ero nel primo anno e non l'avevo fatta da matricola. Così ho detto: "Allora, non sto facendo quello che voglio fare. Vado a scuola di recitazione." Quindi alla fine ho lasciato la UCLA, dopo un anno e qualcosa, e sono andato a scuola di recitazione.
E i tuoi genitori come l'hanno presa?
Non erano entusiasti. In una discussione con mio padre, su un aereo, ricordo che mi disse: "Ted", mi chiamavano Ted, "ti stai comportando da idiota". Volevano che andassi per la mia strada se avessi fatto quella scelta. Dissero: "Pagheremo per te se seguirai la UCLA, ma se non lo farai, dovrai mantenerti da solo."
Allora, che hai fatto?
Non riuscivo a trovare lavoro. Non avevo esperienza sufficiente. Qualcuno mi disse, "Credi di essere troppo bravo per lavorare da McDonald's?" E io dissi, "No, credo di no. Sto facendo quello che sto facendo perché lo voglio davvero, quindi andrò da McDonald's, se ce n'è bisogno." E mi assunsero.
Cosa facevi da McDonald's?
Facevamo i turni, anche se il più delle volte ero alla cassa o al McDrive. Ero piuttosto bravo.
Non giravi gli hamburger?
No! Non mi hanno mai messo agli hamburger. Poi, quando dovevo prendere le ordinazioni, facevo confusione, e tornava tutto indietro. A volte ero al bancone, ma il più delle volte ero alla cassa. Ma prima, in realtà, alla UCLA, lavoravo al bar della UCLA.
Sarà stato strano, lavorare al bar, ma non essere più uno studente.
Era strano, sì. Poi al McDonald's ho lavorato per due o tre mesi. E poi mi presero nello spot del Pizza Hut, con Elvis. Era un Elvis fatto al computer. Dopo di che, non ho più dovuto fare lavoretti per mantenermi.
Ma è fantastico. Avevi già un agente ai tempi della pubblicità di Pizza Hut?
Alla scuola di recitazione c'era una ragazza che lavorava da quand'era molto giovane. Dopo sei mesi di scuola, mi presentò al suo agente che non mi prese, ma mi presentò ad un manager. Lui mi prese e mi trovò un agente. Così facevo provini anche mentre lavoravo da McDonald's.
Com'era vederti in quella pubblicità?
L’ho vista una volta sola. Non ero il protagonista. Era Elvis e io ero uno della gang. Eravamo una banda di ragazzi in questo parcheggio sporco. Il capobanda diceva tipo: "Avete sentito?!" E noi: "Cosa?" "C'è Elvis da Pizza Hut e sta mangiando un bel piatto di pizza!" E noi dicevamo: "Ma dai! Un piatto di pizza!". Poi taglio sul Pizza Hut dove l'Elvis computerizzato mangia la pizza e canta [canta senza senso imitando la voce pastosa di Elvis]. [Ride]
Ma è stato un trionfo.
Oh sì. Mi pagavano per recitare, quindi...
Da un Elvis computerizzato a Freaks and Geeks – di che intervallo di tempo stiamo parlando?
Un sacco di audizioni. Una catena. Il processo è: Vai lì, i direttori del casting iniziano a conoscerti, se sanno che c'è un ruolo specifico, e se piaci, ti propongono quel ruolo. Ho fatto, tipo, centinaia di provini, probabilmente. Poi ho avuto una piccola parte in questo show orrendo,Pacific Blue. Poliziotti in bicicletta sulla spiaggia – Baywatch in bicicletta.
Oh, me lo ricordo quello!
Interpretavo questo personaggio che faceva parte di un giro di contrabbando di steroidi per cavalli presi dai corridori. E a un certo punto venivo picchiato. Poi ho avuto un altro piccolo ruolo in uno show chiamato The Profiler, su una donna dell'FBI o una poliziotta che aveva le visioni e poteva vedere i crimini accadere prima ancora di essere commessi. Io rapinavo una gioielleria in una puntata. Poi ho fatto un episodio pilota di una serie chiamata 1973. Era lo stesso anno in cui fecero il pilot di That 70’s Show. Quello continuò, il nostro no. E poi, l'anno dopo, ho fatto il provino per Freaks and Geeks e sono stato preso.
In questa 'fase-audizioni' dove vivevi?
Dopo il mio primo anno alla UCLA, passai l'estate a Los Angelescercando davvero di lavorare come attore. E principalmente dormivo su divani. È stata un'estate bizzarra. Dormivo su divani! Poi finalmente andai a vivere in un appartamento a Sherman Oaks, nella Valley, con altri due attori. Continuai a dormire sul divano per circa altri due anni.
È un periodo lungo per vivere su un divano.
Eh sì. Alla fine uno di loro [i coinquilini], smise di recitare e tornò in Michigan. Anche l'altro se ne andò e a quel punto potevo permettermi l'intero appartamento. Poi comprai una bella macchina, finalmente. Mia nonna mi aveva dato la vecchia auto di mio nonno, ma io non cambiavo l'olio. Mi ricordo che mi stavo preparando per James Dean, e fui trascinato da un amico a fare una corsa con la macchina. Il motore si congelò perché non c'era olio. Era andato. Così comprai un'auto nuova, ma il mio appartamento non aveva un garage, e il mio manager mi disse, "Devi trovare un posto in cui puoi parcheggiare la tua macchina."
Così ti sei trasferito per la tua macchina.
Sì, ma non cambiò molto la mia condizione. Era sempre nella Valley, un appartamento modesto.
Cosa mangiavi?
Non era bello. Già… non era il massimo. Quando vivevo con quei due ragazzi… wow. C'erano dei negozi di alimentari a Los Angeles, che chiamavano "negozi a 99 centesimi". Pagavi una scatola di fagioli e un pacco di pasta 99 centesimi. Questo è quello che ho mangiato per un po'. Quando ero alla UCLA ero vegetariano perché ero fissato con RiverPhoenix, e lui era vegetariano, o lo era stato, così lo divenni anch'io, per, tipo, un anno. Ma quando lavoravo da McDonald's ero così affamato, così iniziai a mangiare hamburger. [ride di gusto] 
McDonald's ti ha portato da essere vegetariano a mangiare hamburger – è una bella soddisfazione per McDonald’s. O era solo disperazione?
Era solo… sai, non avevo un soldo. Tiravo avanti per pagarmi l’affitto. Così, se potevo avere cibo gratis…
Che ricordi hai di quel periodo?
Mi diverte. Ho avuto delle esperienze di vita, stavo crescendo, ma ero ancora piuttosto immaturo. Ed ero anche… avvertivo sempre che il mio sviluppo artistico era lento, capisci? Sentivo che tutte le altre persone avevano bei gusti e sapevano cosa piaceva loro. Gli altri attori, gli altri artisti. Ricordo che alla UCLA pensavo, "Perché gli altri riescono ad diventare studenti di arte?" Io volevo andare a scuola di arte, ma i miei non volevano. E lo stesso valeva per chi studiava regia. Provavo risentimento per queste persone. "Perché loro riescono a dirigere film?". Oppure, una delle cose che più mi intimoriva quando ero una matricola era che loro non frequentavano una facoltà di scrittura creativa, ma potevi in qualche modo specializzarti dopo. Ma per fare questo dovevi essere accettato in tre corsi di scrittura creativa, dovevi essere esaminato ogni volta. Pensavo, "Come farò a farmi accettare in questi corsi?" Era una continua lotta con me stesso. Lottavo per capire cosa mi piacesse e ciò in cui potevo credere. E seguire l'ispirazione, sai, nel momento in cui ero spinto in una direzione. All'inizio mi dicevano tante cose, ma io non sapevo se credere a quegli istinti ed impulsi. Credo che quello che sto cercando di dire sia che molte cose a cui stavo lavorando in quel periodo non mi piacevano. Facevo parte di progetti come Freaks and Geeks eJames Dean, che furono accolti in modo molto positivo. Ma ancora sentivo che non… sebbene lavorassi così tanto a quei progetti – lavoravo davvero troppo. Freaks and Geeks si basava sull'infanzia di uno degli autori vicino Detroit. Nessuno lo sapeva. Ma io me ne andai in Michigan, in questo liceo, giusto per vederlo. Non so quanto di positivo ne ricavassi come attore, ma era così che lavoravo. Nonostante tutto, però, sentivo ancora che non ero io a farlo. Erano gli altri che mi dicevano cosa fare.
Be’, non è facile affermarsi quando sei in una situazione in cui non hai molte scelte.
Se fai l'attore, quando stai cercando di costruire la tua carriera, ti senti dare spesso consigli o direttive del tipo, "Oh, dovresti fare questo. Questa è un’ottima mossa per la tua carriera." Invece che "Fai questo film perché è qualcosa a cui tu credi." Oppure, "Oh sì, lo so che vuoi fare quel ruolo artistico del drogato, ma urgh, ti ucciderebbe la carriera" o cose del genere.
Molte voci che ti dicevano cosa fare.
Voci che mi dicevano di non credere in me stesso, in pratica. Quando iniziavo ad avere più opportunità , facevo film in cui non credevo. Quando cominci, allora prendi tutto quello che ti offrono. Ma poi, sai, dopo un po', se hai fortuna, puoi iniziare a scegliere. E io sceglievo film in cui non credevo. Lavoravo sodo, ma non erano film che sarei andato a vedere se non vi recitassi io! Poi, dopo un po', è stato come se fosse arrivato qualcosa a farmi aprire gli occhi. "Perché sto facendo questo? Non faccio cose di cui sono orgoglioso, sto avendo esperienze terribili, non è per questo che ho voluto fare l’attore." Molte cose sono cambiate da quel momento. Non ho più fatto film del genere, sono tornato a scuola per scrivere… Ho fatto diversi esercizi artistici, ma tutto in isolamento. Non mostravo a nessuno i miei dipinti, davvero. Nemmeno i miei scritti. Volevo solo frequentare gente che era in quel mondo.
Così ecco quando sei tornato a scuola.
Sono tornato alla UCLA e ho seguito corsi di scrittura. Ho lavorato con i vertici della scuola di arte e "Ah!", un sollievo! Poter fare tutto ciò che avevo sempre fatto da solo fino a quel momento. È stato bello poter lavorare con mentori come Mona Simpson o Russel Ferguson che dirigevano il programma di arte, e finalmente sentivo che iniziavo ad evolvere.
Prima hai parlato del senso di estraneità, quando eri alla UCLA, del tipo "Perché gli altri riescono a farcela?". Ora che stai seguendo diversi programmi in posti diversi, credi che questo derivi dal bisogno di sentirti dentro al sistema, parte del gruppo? O cosa?
Sentirmi dentro al sistema significa prendere seriamente i miei obiettivi. Sai, oggi ho ufficialmente finito alla NYU.
Oggi?
Già! È stata esaminata la mia tesi.
Congratulazioni!
Sì. Avevo diretto altri film prima di frequentare la NYU, ma li finanziavo con le mie tasche. Mi circondavo di persone qualificate – direttori della fotografia, montatori – ma di proposito non ingaggiavo importanti produttori che mi guidassero, perché volevo lavorare a modo mio. Prima, quando lavoravo a quei film, sentivo sempre di scendere a compromessi, quindi una volta che ero io a dirigere, volevo farlo a modo mio. D'altro canto, però, non c’era nessuno che mi dicesse, "Ok, James, lo so che vuoi seguire la tua visione, ma non vuoi considerare anche quest’altra opzione?" Capisci che voglio dire? Una guida… Così, la prima volta che ho girato un film per la NYU, dovevo mostrarlo alla facoltà e ricevere una critica. Ed è stato… davvero un momento fantastico, perché era… –
[Ha gli occhi lucidi]
…la cosa mi commuove sempre perché la gente mi guardava e diceva, "Sei un regista ora!". Sai cosa vuol dire! È un momento bellissimo, acquisisci una nuova identità. Perché sai che ci hai lavorato davvero sodo e non è più solo il mondo dei sogni ormai! D'altra parte, il fatto che segua diversi corsi in posti diversi è perché ora so che ci sono un sacco di posti eccezionali in cui voglio essere. Posti in cui insegnano i miei eroi. Il fatto è che molti scrittori devono insegnare per mantenersi, quindi i migliori scrittori insegnano in questi posti.
Devi andare a quei programmi per frequentare queste persone.
Esatto. Essere in quell’ambiente mi motiva. Lavoro di più quando sono in un ambiente così strutturato. Mi spinge ad andare avanti.
Jennifer Egan ha scritto senza mostrare il suo lavoro agli altri per molto tempo e mi ha detto che così era come lavorare a vuoto. Perché quando mostrava agli altri ciò che aveva scritto, sentiva che era qualcosa di illeggibile. Non voleva mai più provare quella sensazione, così iniziò a cercare persone di cui si fidava per far leggere loro i suoi scritti.
Anche quello! Ho frequentato diversi Master ormai – su cinema, arte, scrittura, scrittura per il cinema, poesia – e, a volte riesci a trovare un gruppo di persone a cui vuoi davvero dare ascolto. Di solito, mi fido solo di ciò che l’insegnante ha da dirmi. Quando scrivevo per me stesso, giudicavo il mio lavoro basandomi sulla mia visione di quegli scritti, non su ciò che essi erano davvero. E nel momento in cui li mostri a qualcun altro, appaiono diversi anche a te stesso. Capisci cosa intendo?
Certo.
Quando li leggi ad alta voce davanti alla classe… è come per un dipinto. Ci lavori in uno studio, poi qualcuno entra in quello studio e improvvisamente sembra diverso. Così, sembra diverso. Lo vedi attraverso i loro occhi. Steinbeck leggeva ad alta voce le sue opere ad un pubblico. Le leggeva a sua moglie o ai suoi amici, ma non voleva che le commentassero. Credo fosse solo perché così le sentiva diversamente. Questo è possibile solo se segui delle lezioni.
Quindi hai raggiunto una fase della tua vita in cui hai deciso di voler fare queste cose, e hai raggiunto una fase della tua carriera in cui puoi fare queste tutte queste cose. Ma l’altra faccia della medaglia mostra che non puoi essere anonimo, che la gente non può cancellare l’immagine di James Franco l’attore e vedere solo il James Franco regista o scrittore o qualsiasi ruolo in cui tu voglia essere identificato in quel momento.
Non è un problema per me. È così che stanno le cose. Ci sono dei corsi che frequento che adoro. A Yale, i miei colleghi sono tutti delle superstar a modo loro, quindi non hanno nessun sentimento di ostilità nei miei confronti ed è grandioso. Ma poi, tipo, il New York Times chiama i miei professori per chiedere del mio comportamento in classe. Capisci? Ma anche quello, non è un problema, perché sono contento di quello che sto facendo. Io so che le mie intenzioni sono autentiche. E prendo quello che sto facendo molto seriamente. Voglio dire, probabilmente mi avrebbero lo stesso pubblicato un libro, anche se non avessi conseguito il Master, ma io l'ho presa in modo incredibilmente serio. Certo, è un po’ più difficile quando provo qualcosa di nuovo o che probabilmente non avrà successo, perché se fallisco o se non ho i risultati sperati, la cosa diventa pubblica. Ma mi sta bene lo stesso. Mi sta bene non essere necessariamente il migliore in qualsiasi cosa faccia. Semplicemente, sono felice di avere l'opportunità di farlo.
Com'è stato vedere il tuo libro pubblicato?
Sono molto soddisfatto del libro. [Pausa] È strano perché avevo già vissuto delle "prime volte", sai, le anteprime dei film… è diverso, ma… [lunga pausa] Non mi interessa ciò che pensa la gente, credo. Ho lavorato a questo libro con alcuni tra i miei autori preferiti: Amy Hempel and Gary Shteyngart, Ben [Marcus] l'ha letto, Mona [Simpson] ha letto le primissime bozze, Michael Cunningham ha lavorato moltissimo con me. Sono persone per cui ho un’immensa stima, davvero non avrei potuto chiedere di meglio. E francamente, non penso che la gente guarderà questo progetto con la più chiara delle prospettive, perché non sono che un attore.
Il fatto che ora scrivi e dirigi progetti tuoi, ha una qualcheinfluenza sul modo di recitare in film di altri?
Sì, mi ha cambiato molto. Prima, quando recitavo soltanto, avevo sempre questa esigenza di fare di più. Non riuscivo a interpretare il mio ruolo e basta. In pratica, volevo anche dirigere. Così, in qualche modo, fuoriuscivo dai miei confini. Ora che so tutto ciò attraverso cui passa un regista, quando recito in film altrui, quello che voglio fare è aiutare il regista a realizzare la sua idea. Faccio andar via il mio ego. Con questo tipo di approccio, faccio solo cose in cui davvero credo. E una volta che ci sono dentro, non è il mio show. Sto solo cercando di aiutare qualcun altro. È stato un grande cambiamento per me, quattro o cinque anni fa.
Molto tempo fa ho letto un'intervista a Miranda July, in cui le si chiedeva quale fosse il suo mezzo, il cinema o la scrittura? Lei disse qualcosa come: "Semplicemente io ho delle idee, e scelgo il mezzo che più si confà a quell’idea. Al momento sembra essere la scrittura…" Tu sei in una situazione simile. Trovi delle affinità?
Credo che si possa riassumere tutto nella parola Arte, con la "A" maiuscola. Ma ogni forma d’arte riesce laddove le altre falliscono o si occupano di idee in modi diversi. E nel mondo dell’arte, gli artisti stanno accogliendo con favore sempre maggiore quegli artisti che praticano diverse forme d’arte. Ma se lavori nel mondo del cinema o della musica, incontri un immediato scetticismo. E c'è molta più rigidità. A meno che tu non sia Tina Fay e scriva prima commedie e poi un libro comico oppure se sei un attore allora puoi scrivere un'autobiografia. Ma io la penso comeMiranda July. Ci sono diverse idee, diversi ambiti, diverse cose che io voglio esprimere. E penso che a volte ci sia bisogno di una particolare forma, altre volte di un'altra. Oppure, mi piace esplorare come le diverse forme possano fondersi. Ad esempio, ho realizzato dei cortometraggi basati su poesie. Quindi, sono interessato anche agli incroci. Non mi sta bene essere inquadrato in una sola dimensione. Credo che le diverse discipline si nutrano a vicenda e io guardo a ognuna di esse in modi diversi.
Hai dei consigli per i giovani creativi, che si trovino a dormire su divani sparsi per Los Angeles o che scribacchino storie nei seminterrati di Brooklyn?
Quello che mi viene da dire è semplicemente fatelo. Alcune persone imparano bene a scuola, altre no. Ma partendo dalla mia esperienza, la maggior parte delle persone che stimo ha in qualche modo avuto un mentore, o comunque ha seguito dei corsi che riguardavano la propria area di interesse. Provateci, almeno per qualche tempo. Potrei darvi un sacco di consigli, raccontarvi esperienze di vita, bla bla bla, ma quello che penso è che se volete fare qualcosa di nuovo o di interessante, allora partecipate a quello che c’è a intorno a voi ora. O integrandovi e seguendo il gruppo, o anche reagendo contro di esso, ma lavorateci intensamente per un po’. Che si tratti di scuole o di circoli artistici o qualsiasi cosa. L'altra cosa fantastica dell'andare a scuola è che ognuno deve consegnare il proprio lavoro. Puoi mostrare le tue abilità al bar, in seminari vari, ma quando consegni il tuo lavoro… BOOM. Cammini nel fuoco. Penso sia un importantissimo rito di passaggio che ti rende più umile, ed è necessario. Certo, ci sono delle eccezioni, ma parliamo di geni che vengono fuori dal nulla. Secondo me è frequentando le scuole che hai una visione chiara di ciò che vuoi fare e hai delle idee serie sul tuo lavoro.
Quando lasciasti l'Università, tuo padre ti disse che era la cosa sbagliata da fare. Oggi cosa pensa?
Oh, è di grande sostegno! [Ride] È tornato a scuola di arte. Mia madre ora recita con me. Mio fratello è un attore e l’altro mio fratello un artista. Ora siamo tutti artisti! [Ride]
Intervista di Astri von Arbin Ahlander per ©The Days of Yore
Foto di James Franco Traduzione di Chiara Fasano