Le provocazioni di un regista dal talento visionario non comune.
di Mauro Gervasini
Per essere francese gli mancherebbe giusto una "d". Gaspare, infatti, nella lingua di Molière si scrive Gaspard. Dietro quell'assenza fonetica apparentemente insignificante si agitano miscugli di culture, un animo meticcio, atteggiamenti punk, provocazioni situazioniste, stati di alterazione allucinogena e un talento visionario non comune. Gaspar Noé è come una canzone di Manu Chao: clandestino dentro. Fin da quando a dodici anni fu costretto a scappare dalla sua città, Buenos Aires, insieme ai genitori perseguitati dai fascisti. Una breve tappa a New York e poi Parigi, patria ideale per l'irrequieto ragazzo, che si mette a studiare cinema, recitazione, montaggio, produzione, ma anche filosofia all'università. A ventidue anni è assistente di Fernando Solanas sul set di Tangos - L'esilio di Gardel, manifesto dell'incontro tra due mondi, argentino e francese, accomunati dalla passione per il tango ben prima che nascessero i Gotan Project. Lo stesso anno, Gaspar dirige il suo primo corto, Tintarella di luna (così anche in originale), e conosce Lucile Hadzihalilovic, cineasta pure lei e a lungo sua compagna di vita.
Da allora i cortometraggi (e i videoclip) diventano per il giovane regista terreno di sperimentazione narrativa e linguistica, spesso propedeutici ai successivi lunghi. Ad esempio: nel 1991 fa scalpore Carne, di fatto il suo vero esordio: 40 minuti sulla vita del macellaio senza nome interpretato da Philippe Nahon, che cresce la figlia trattandola come un maschio e reprimendo le proprie tentazioni incestuose, finché non scambia le sue mestruazioni per la conseguenza di uno stupro e accoltella un operaio algerino credendolo responsabile. Lo scalpore, per chi vede il film in giro per festival, è grande. Si intuiscono il talento e l'energia dell'autore, confermati quando esce qualche anno dopo Solo contro tutti (1998) il titolo francese più politico del decennio insieme a L'odio di Mathieu Kassovitz (1995). Tornano il macellaio rozzo e razzista e la figlia autistica a rischio incesto, ma si radicalizza lo stile. Voce fuori campo come un flusso di coscienza rabbioso e senza scampo, scene apertamente horror, incursioni nell'hard e provocazioni visive e sonore inedite per l'epoca (come il conto alla rovescia prima della violenza più insostenibile).
Mentre nell'Esagono imperversa la repressione dei sans papiers, e il Front National di Le Pen spopola, l'argentino Noé racconta dal di dentro un francese "comune" e scoperchia il vaso di Pandora degli orrori. Un pugno nello stomaco che si riallaccia (letteralmente: il film ricomincia con Nahon) al successivo, famigerato Irréversible (2002). In origine doveva essere un porno interpretato da Vincent Cassel e Monica Bellucci, compagni anche nella vita. Temendo le ripercussioni delle scene di sesso esplicito sulla propria carriera, i due divi però chiedono di modificare la sceneggiatura. Il film diventa unrape & revenge, sottofilone exploitation che prevede la turpe violenza su una donna e la successiva vendetta, come nel classico Non violentate Jennifer (1978). Tredici sequenze a ritroso (cioé si comincia dalla fine, dall'orrore, e si risale fino al paradiso perduto della storia d'amore tra i due) di cui sei in piano sequenza, una scena di stupro con macchina da presa fissa di quasi dieci minuti, irritanti rimandi a Stanley Kubrick e una sapienza tecnica che lascia tramortiti quasi quanto la pesantezza della violenza. Contrariamente a quello che hanno pensato Cassel e Bellucci, questa è la vera pornografia, non certo il sesso esplicito. Se Gaspar ne è consapevole, Irréversible si colloca nella storia del cinema come uno dei titoli più provocatori e radicali. Altrimenti è semplicemente inaccettabile. Tuttavia le invenzioni linguistiche restano sensazionali. Quando Nicolas Winding Refn deve girare la scena di Drive del massacro del sicario in ascensore, prima chiama Gaspar Noé per farsi spiegare come abbia realizzato l'animalesca uccisione con l'estintore del presunto violentatore di Monica (in realtà è uno che non c'entra niente).
Il successo discutibile del film permette al regista franco-argentino di passare al progetto successivo, perseguito da sempre:Enter the Void, finalmente anche nelle sale italiane. Ambientato in una Tokyo notturna concepita come un flipper, e quasi tutta ricostruita in postproduzione, il film racconta il sogno di un uomo morto, il giovane Oscar (l'esordiente Nathaniel Brown), il cui sguardo si distacca dal corpo senza respiro per fluttuare sulle vite degli altri, in particolare della sorella Linda (interpretata dalla stupenda Paz de la Huerta). Enter the Void è un delirio puramente visivo dove tornano tutte le ossessioni del regista (dal sesso alla droga) liberate però dalla provocazione gratuita. Anche in questo caso, esiste un testo propedeutico, il videoclip hardcore di "Protège Moi" dei Placebo: un piano sequenza durante il quale Noé sperimenta la pseudo soggettiva che sarà poi di Oscar e del suo sogno, pedinando due ragazze coinvolte in un'orgia mentre Brian Molko canta «protect me from what I want!».