Golden Globes: sicuri come l’oro

Se Steven Spielberg facesse il suo primo film d’animazione (Tintin), non lo premiereste?
Se Martin Scorsese facesse il suo primo film in 3D (Hugo), non lo premiereste?
Se Woody Allen facesse il suo primo film (Midnight in Paris) che va insolitamente bene al box office Usa, non lo premiereste?
Se Meryl Streep interpretasse Margaret Thatcher (The Iron Lady) e vi fosse fornita l’occasione di farla premiare da un attore inglese (Colin Firth) che un anno prima ha vinto per avere interpretato un re, vi perdereste l’occasione di far fiorire titoli come “il Re consegna il Golden Globe al Primo Ministro?”
Se Madonna si lanciasse nella regia di un film molto ambizioso (W.E.) potreste voi rimandarla a casa a mani vuote, con tutto lo sbattimento che comporta averla alla serata di gala? Certo che no. E allora, le darete un premio come autrice di canzoni. (E pazienza se Elton John in platea si innervosisce, gli passerà. Comunque, davvero Elton pensavi di vincere per la canzone di un film che si chiama Gnomeo & Juliet? Su, dai).
Se Harvey Weinstein, il produttore più astuto e più pirata che ci sia, si fosse messo in testa l’idea meravigliosa di un film muto (The Artist), in bianco e nero, girato come se fossimo ai tempi di Theda Bara, non vi vorreste complimentare per il coraggio e la fantasia e dargli uno o più premi?
Se George Clooney fosse candidato per ben due film (Le idi di marzo e Paradiso amaro), lo premiereste per almeno uno dei due, no?
E così è andata. Tutto liscio, o quasi. In questi prevedibilissimi, addomesticatissimi Golden Globes che, come ha detto il presentatore Ricky Gervais “stanno agli Oscar come Kim Kardashian sta a Kate Middleton”.