Madonna - MDNA - Universal (CD) La Recensione di Ondarock

Il peccato
Non si nega mai l'assoluzione alle icone della musica pop, le provocazioni, i passi falsi, gli scandali fanno tutti parte di quel circo mediatico che ne alimenta la fama. Solo una cosa però non è concessa loro, dar l'impressione che il tempo scorra inesorabile. Un paio d'anni di lontananza dalle scene equivale ormai a un'era biblica e ben quattro ne sono trascorsi dall'ultimo album d'inediti di Madonna, il non troppo apprezzato "Hard Candy"; anni che hanno visto un'agguerrita orda di popstar consolidare il loro status di dominatrici delle classifiche a sue spese. Il suo nome però non ha mai realmente allentato la presa, non tanto per via della recente raccolta celebrativa ma perché diventato sempre più un'ingombrante pietra di paragone che, puntuale, viene scagliata contro ogni giovane collega che si accinge a seguirne le orme.
E' doppio l'onere da pagare: una notevole insofferenza nei suoi confronti da parte di una nuova generazione di pop-devoti che, comprensibilmente, non vede di buon occhio che le gesta degli attuali idoli siano ridimensionate dal confronto con una donna di mezz'età a loro quasi sconosciuta, e l'essersi di conseguenza trasformata, per tutti gli altri, in una sorta di scontata istituzione inadatta a competere in un campo che pretende la giovinezza quale requisito primario. E' invecchiata la Ciccone, il suo aspetto forse non lo traspare, grazie ai miracolosi trattamenti cosmetici, ma il suo personaggio sì, i trenta anni sulle scene il pubblico li avverte ormai tutti e, stanco, non sempre li ripaga con la stessa moneta riservata agli arzilli profeti del rock.
La redenzione
Le piacciono ancora le sfide però. Incurante di realizzare qualcosa di consono alla sua età e convinta, non a torto, che anche la canzone più frivola, per funzionare, debba reggersi sulle proprie gambe e non su quelle anagraficamente floride di chi la canta, la nuova Madonna si manifesta all'insegna di un sound aggressivo, spigoloso e, ovviamente, giovane.
Dimenticate la disco diligente e minuziosamente citazionista di "Confessions On A Dancefloor", "MDNA" è un gorgo electro-dance che sommerge l'ascoltatore con prepotenza, probabilmente ispirato al sottovalutato "Flesh Tone" di Kelis (diversi i collaboratori in comune) e che trova la sua apoteosi nella magmatica "Gang Bang", battito oscuro e Madonna calata nei panni isterici di una Nancy Sinatra vampirizzata da Robert Rodriguez. 
A darle manforte nell'impresa, due produttori non di primissimo pelo ma recentemente tornati alla ribalta come Benny Benassi e Martin Solveig. Al djitaliano il compito di farle inaugurare le danze, a sirene spiegate, con una "Girl Gone Wild" tanto trascinante quanto prevedibile e lasciare il segno, poco dopo, con l'ecstatica "I'm Addicted", techno-pop distorto ma dannatamente orecchiabile.
L'inconfondibile tocco house del dj francese è invece ben riconoscibile dietro (il futuro classico?) "Turn Up The Radio", connubio perfetto tra nostalgia ed euforia sulla pista da ballo, e in "I Don't Give A", con la torrenziale Nicki Minaj a servizio di un elastico old-school hip-hop che culmina in una messa a dir poco apocalittica (e sboccata). Solveig, che cura tra l'altro diverse bonus-tracksdell'edizione deluxe, si diverte anche a riportare Madonna al bubblegum pop degli esordi. Nuovamente in compagnia della Minaj e anche della sempre più politicamente scorretta M.I.A., lo spiritoso jingle da stadio "Give Me All Your Luvin'" ironizza sulle sue emule e serve, assieme a una sbarazzina ma eccessivamente zuccherosa "Superstar", anch'essa dai rimandi sixties in chiave electro (così come la bonus "B-Day Song"), per preparare gradualmente il terreno a un epilogo più pacato che sembra voler lenire le orecchie dall'iniziale, martellante sbornia.
La quarta mente coinvolta nel progetto è, infatti, un ritrovato William Orbit (già a servizio per l'osannato "Ray Of Light") che, non prima di aver detto la sua sugli intenti primari dell'album (con l'abrasivo stomper "Some Girls"), traghetta la sua musa verso lidi più riflessivi ma pur sempre sintetici. Se "I'm A Sinner", il cattolicesimo sotto acidi secondo Madonna, è psichedelia a tintepunjabi che le si reclamava da anni, "Love Spent" è un'agile ballata che si arrampica via via su un palpitante crescendo dance alla ABBA. L'album si stempera quindi su colori tenui, prima con una convenzionale "Masterpiece", che la Ciccone interpreta col giusto garbo, e poi, in un bel gioco di archi e riverberi, con una più essenziale "Falling Free" dalle inaspettate atmosfere celtiche.
L'assoluzione
Finale introspettivo compreso, "MDNA" è un progetto ben strutturato che colpisce soprattutto per l'audacia, il senso di urgenza e una produzione pirotecnica (che alcuni potrebbero trovare estenuante), seppur non inedita e che a tratti pecca di una certa meccanicità di approccio. Madonna non sembra più interessata a giocare d'anticipo ma è diretta come non mai: è un'ex-moglie ferita, un'ossessionata, un'assassina, una peccatrice che implora perdono al Signore consapevole di mentire spudoratamente. L'impressione è che la messa in scena non sia finalizzata, una volta tanto, alla ricerca della facile provocazione (il pubblico ne è ormai avvezzo) quanto alla celebrazione dell'essenza stessa del suo controverso personaggio, in offerta alla nuova generazione. Repetita iuvant.