Coldplay tra coriandoli e fuochi d'artificio al luna park della musica

Una scenografia sontuosa illumina la notte, dalle cinque gigantesche girandole di sfondo ai braccialetti fluorescenti per ogni spettatore
Annunciati dal tema della colonna sonora di Ritorno al futuro, i Coldplay salgono sul palco qualche minuto prima delle dieci. Si capisce subito il perché di un’attesa così lunga, fino al cuore della notte: sullo sfondo uniforme di un buio senza stelle i cinque schermi circolari della scenografia si trasformano all’improvviso in gigantesche girandole e le scie dei fuochi d’artificio solcano il cielo, mentre le prime note di Mylo Xyloto, che riecheggiano quelle degli organetti da fiera, danno il via alla festa.
Ancora pochi istanti, e si scopre finalmente a cosa servono le migliaia di braccialetti distribuiti all’ingresso: si accendono tutti insieme e insieme si spengono, illuminando i quarantamila dello stadio di colori intermittenti e fluorescenti. Uno spettacolo che toglie il fiato e quasi mette la musica in secondo piano. E così quando, alla terza canzone in scaletta, In My Place, una nuvola di coriandoli sommerge Chris Martin e il pubblico, come si fosse appena vinta la Champions League, ci si chiede come il concerto possa proseguire senza scendere di livello, dal punto emotivo e spettacolare.
E infatti scende, mentre le canzoni si guadagnano la ribalta: arrivano Major Minus, Lovers In Japan, The Scientist, Yellow, Violet Hill, God Put A Smile Upon Your Face e palloni da spiaggia che rappresentano la Terra appaiono misteriosamente tra la folla. Il tema dello show è presto chiaro, si staglia luminoso come le migliaia di braccialetti colorati che punteggiano il buio: è qui la festa, stasera si celebra la possibilità di stare insieme a fare e ascoltare musica, e ricacciare la notte più in là. «Di qui vediamo ciascuno di voi, e ci importa di ognuno di voi», dice Chris Martin dal palco, e si capisce che non parla solo la sua proverbiale «carineria».
È questo, appunto, il tema del concerto, questo e l’elettricità: la forza dirompente del suono delle chitarre e la luce, protagonista assoluta dello show. Da quando è uscito Mylo Xyloto (2011), per i Coldplay lavora un graffitaro londinese che si fa chiamare Paris e che con i suoi interventi nei video, sulle copertine e infine nel tour mondiale ora in corso arricchisce l’immaginario del gruppo di colori e suggestioni, citazioni di Jean-Michel Basquiat e della New York dei primissimi Anni Ottanta, metropolitana e magica, meticcia e pop.
Da sempre i Coldplay cercano incontri inaspettati, incroci mai tentati prima, proprio come la canzone che segue in scaletta: è il duetto con Rihanna per Princess of China, tutto virtuale. La cantante delle Barbados appare solo sul maxischermo, come un’incombente dea Kali dalle molte braccia. Si chiude così la seconda fase dello spettacolo, con i quattro a cercare un contatto ravvicinato con il pubblico suonando sulla passerella che corre tra la gente.
Con Don’t Let It Break Your Heart e Viva La Vida, allora, si torna al palco principale, mentre farfalle, lacrime e altre forme si gonfiano come improbabili giocattoloni in punti diversi dello stadio. Arriva il momento di Paradise, probabilmente il culmine della serata. Qui tutto torna, i graffiti e i braccialetti nuovamente intermittenti, Chris Martin alle tastiere e i cori della gente. Si potrebbe anche accettare un paradiso così, almeno per il tempo di una canzone, colorato al neon, un po’ malinconico, dolce e non banale. E infatti Chris Martin ne approfitta per ringraziare tutti, specialmente il pubblico, quelli che permettono loro di «fare questo lavoro». Sarà la notte che avanza, sarà che la canzone parla di sogni, e di nostalgia, ma la frase non sembra neppure ruffiana.
Dopo un breve intermezzo acustico che porta i quattro, uno dopo l’altro, ad apparire su un minipalco dalla parte opposta dello stadio, si chiude con tre canzoni molto amate (Clocks, Fix You, Every Teardrop Is A Waterfall), e si riaccende il luna park spettacolare con cui il concerto si era aperto. Il tutto dura un’ora e quaranta minuti, non molto. Però il ritmo è serrato, non ci si perde in chiacchiere e Chris Martin (come gli altri tre) si offre totalmente al pubblico, senza temere di mostrarsi vulnerabile e perfino - talvolta - di non raggiungere le note alte.
Pare che i quattro sfruttino lo status di superstar per stare il meno possibile lontano da casa: a mezzanotte sono già sull’aereo che li riporta a Londra, alcuni si muovono con le famiglie al seguito (non è dato di sapere se Gwyneth Paltrow oggi è a Torino), mentre il pubblico torna a casa con qualche immagine difficile da scordare e un braccialetto colorato inservibile che farà da souvenir. Il concerto viene trasmesso in diretta alla radio da Rtl 102.5, ma è uno di quei casi in cui conta esserci, anche per poter dire se davvero si è avuta la sensazione di fare lo spettacolo, non solo di assistervi, come vorrebbero Chris Martin e i suoi tre compagni di strada.
PIERO NEGRI