Radiohead in concerto: cerebrali, sofisticati, ipnotizzanti

Il gruppo di Thom Yorke non delude i 10.000 fan stipati sul prato di Villa Manin per l'ultimo grande concerto della stagione all'aperto. I Radiohead sono proiettati costantemente verso il futuro, senza dimenticare le origini
I fan sono sotto il palco dalle 17 e attendono pazientemente sul prato di Villa Manin Ed O’Brien, Phil Selway, Colin e Jonny Greenwood, Clive Deamer dei Portishead per la seconda batteria e naturalmente Thom Yorke. E' un pubblico tranquillo quello dei Radiohead, niente deliri, ma solo tanta ammirazione e stupore, perché dal vivo, a differenza di altri, sono in grado di emozionare e far correre rapidi i pensieri. Anche perché i fan lo sanno, la loro musica è cerebrale, sofisticata e ipnotizzante. E la scenografia fa il suo, insieme alle note, con i 12 maxi-schermi che proiettano le immagini di Thom e la sua band che si spostano ad ogni canzone e il muro di bottiglie in plastica riciclata che amplifica e riflette i giochi di luce, a volte psichedelici. Ma i Radiohead, nonostante i suoni ossessionanti, non sono mai troppo techno o troppo elettronici, sono i Radiohead e basta.
L'inizio, la band di Oxford è puntualissima, già spacca: “Lotus Flower” e Radiohead siano, con un boato dei quasi 11 mila fan, arrivati da tutta Italia e da tutta Europa. La voce di Thom è celestiale, fa sognare e l'attesa, la pioggia, l'umidità, il fango, il caos ai parcheggi, i telefonini senza campo e la distanza dal palco, non hanno più importanza. Corrono veloci “Airbag”, non si sono dimenticati di “Ok Computer” per un ritorno al passato; “Bloom” e “Daily Mail” per ricordare che ora sono “The Kings of the limbs”; per poi regalare “Myxomatosis” e “The Gloaming” da “Hail to the Thief”. Dopo “Separator”, arriva l'attesa “Climbing up the walls”, perché i fan adesso li adorano, ma li hanno osannati con “Ok Computer” e infatti anche “Paranoid Android” è stato un must, senza tralasciare “The bends”, con “Planet Telex” e “Street Spirit”, quando erano più rock, ma già proiettati su una musica nuova, mai ascoltata prima.
Sul finale arriva anche “Everything in the right place”, da “Kid A”, già presente prima con “How to disappear completely” e “The National Anthem”, e quando i fan pensavano già ad andare via, a sorpresa, per chi aveva già imparato a memoria la scaletta di Roma, Firenze e Bologna, “Idoteque” chiude il concerto, come un album, senza soluzione di continuità.