Amy Winehouse, il racconto dell'ultima notte. E' morta bevendo e guardando video di se stessa

La testimonianza della guardia del corpo della cantante durante l'ultima udienza dell'inchiesta sulla sua morte, nel 2011. La vide portare la cena in camera e osservare, come ipnotizzata, le immagini dei suoi concerti su Youtube. Ma la sera prima, alla sua dottoressa, aveva detto di non voler morire

LONDRA  -  E' morta guardando se stessa. Amy Winehouse, la grande cantante inglese precocemente scomparsa nel luglio del 2011, passò l'ultima notte della sua vita davanti al computer, come ipnotizzata dai video musicali delle sue canzoni su YouTube. E intanto beveva vodka, così tanta da superare di cinque volte il limite consentito per chi guida, e fu proprio un eccesso di alcol a ucciderla, seconda quanto ha stabilito l'autopsia. Ma questo già si sapeva. A fornire i nuovi dettagli sulle ultime ore della giovane artista è stata la sua guardia del corpo, che ha testimoniato a una nuova e finale udienza dell'inchiesta della magistratura sulle cause e le circostanze del decesso.
Andrew Morris, che faceva la scorta ad Amy e diceva di avere con lei un rapporto da "fratello e sorella", ha raccontato al giudice che quella sera lui e la cantante erano soli in casa, nell'abitazione di lei a Londra. L'uomo ordinò una cena da asporto in ristorante indiano del quartiere e Amy andò a mangiarsela da sola nella sua stanza. "Sembrava la stessa di sempre, non si comportava in modo diverso dal solito", ha detto la guardia del corpo. Ma un particolare avrebbe forse potuto metterlo in allarme: la Winehouse guardava se stessa. Passò la serata con gli occhi sulle immagini dei video delle sue canzoni su YouTube. "Non glielo avevo mai visto fare prima, non era una sua abitudine", ha ammesso Morris.
Quando al mattino è andato a controllare se lei era sveglia, l'ha vista sul letto e pensava che fosse ancora addormentata. Più tardi, a un secondo controllo, notò che era nella stessa posizione di prima e a questo punto si insospettì: le tastò il polso, non sentì alcun battito e notò varie bottiglie vuote di vodka nella stanza. Ma era troppo tardi per salvarla. Amy aveva sconfitto la sua dipendenza dalla droga, ma pochi giorni prima di morire aveva ricominciato a bere pesantemente.
Secondo testimonianze emerse in precedenza nell'inchiesta era svenuta tre volte per eccesso di vodka nella sua ultima settimana di vita. E la sera della morte era così ubriaca da avere inviato un tweet delirante. Ciononostante, non voleva autodistriggersi. Non voleva morire. In una testimonianza scritta resa pubblica ieri all'udienza, il suo medico personale, Cristina Romete, ha raccontato di averla incontrata la sera prima della fatale overdose alcolica: "Amy mi disse specificatamente che non voleva uccidersi, non voleva morire", afferma la dottoressa. Era stata avvertita dei rischi che correva con l'alcol. Purtroppo non è stata capace di fermarsi da sola. E non c'era nessuno con lei quella sera in grado di aiutarla. A parte la guardia del corpo, al piano di sotto, inconsapevole del dramma che si stava svolgendo.