La più piccola delle major ha stretto un'alleanza con le etichette musicali indipendenti per chiudere un'operazione da 577 milioni. La cessione era uno dei paletti posti dalla Ue per il matrimonio Emi-Universal da 1,4 miliardi di euro. Tra gli artisti coinvolti David Bowie e i Coldplay
Il rilancio delle etichette musicali indipendenti passa per il via libera della Commissione Ue alla cessione della controllata Emi, Parlophone, a Warner che ha messo sul piatto 577 milioni di euro (con una valutazione di 7,2 volte l'Ebidta, pari a 80 milioni su 340 milioni di fatturato). Un'operazione destinata a scuotere il mercato della musica perché Parlophone ha sotto contratto artisti come Coldplay, David Bowie e Tina Turner, ma perché è stata la prima etichetta dei Beatles e oggi comprende anche la Chrysalis dei Depeche Mode e Moby e l'Ensign che ha attività in Francia, Belgio, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Norvegia, Slovacchia e Danimarca.
Bruxelles ha dato l'ok all'operazione sottolineando che l'operazione non dà luogo a problemi di concorrenza, in particolare perché "a seguito dell'acquisizione, la Warner Music Group continuerà ad affrontare la concorrenza delle due altre maggiori case discografiche, la Universal Music Group e la Sony, e anche quella delle etichette musicali indipendenti". Ma d'altra parte difficilmente la Ue avrebbe potuto assumere una decisione diversa, anche perché la dismissione di Parlophone era uno dei paletti posti per arrivare all'acquisizione da 1,4 miliardi di Emi da parte di Universal. Bruxelles temeva infatti che nascesse un duopolio targato Universal e Sony e chiedeva che la quota di mercato del nuovo gruppo non superasse il 40%, con l'obiettivo di aprire il più possibile un settore che vale circa 4,2 miliardi di euro l'anno, ma controllato per l'80% da quattro major (Universal, Sony, Emi e Warner).
Soddisfatte Impala, l'associazione internazionale che dal 2000 tutela gli interessi delle etichette indipendenti in Europa, e Merlin che "continueranno ad attuare il loro accordo con la Warner con una serie di misure volte a rafforzare il settore e a contribuire a riequilibrare il mercato musicale dominato dal forte duopolio di Universal e Sony Music". Per sbloccare l'operazione, infatti, è stato cruciale il ruolo degli stessi indipendenti che per 15 anni si sono opposti all'acquisizione di Emi da parte di Warner, la più piccola delle major che adesso ha la possibilità di consolidare la propria posizione in cambio del diritto delle società rappresentate da Impala e Merlin di "comprare, avere in licenza o distribuire una fetta importante del suo catalogo". A decidere chi avrà cosa dei cataloghi messi a disposizione sarà un'apposita commissione che valuterà i requisiti e le capacità degli offerenti.
"Siamo sempre stati contrari alla fusione tra Emi e Universal, ma questo accordo rappresenta un'ottima opportunità per il settore della musica", dice Mario Limongelli, presidente dei Produttori Musicali Indipendenti secondo cui il mercato delle major non potrebbe esistere senza le piccole etichette: "Basti pensare al lavoro di scouting degli indipendenti, come nel caso di Adele che ha venduto 8,3 milioni di album in tutto il mondo. L'80% dei nuovi artisti arrivano delle case indipendenti: senza di noi le major non esisterebbero". La nascita del colosso Emi-Universal senza alcun paletto avrebbe probabilmente distrutto il mercato degli indipendenti (il 19% all'interno dell'Ue), ma si sarebbe trasformato in un autogol per tutto il settore.
Di certo l'intesa raggiunta con Warner apre nuovi scenari sul fronte della gestione dei diritti perché da un lato le etichette indipendenti potranno accedere a un mercato molto più vasto di quello in cui si muovono oggi, e dall'altro non resteranno indietro in un momento in cui il mondo della musica sta attraversando un cambiamento epocale. Basti pensare che tra gli obblighi imposti da Bruxelles c'è la possibilità per gli indipendenti di negoziare accordi sul fronte della gestione dei diritti alle stesse condizioni delle major: intese che potranno riguardare Spotify, Youtube e anche Google che sta preparando il lancio di un servizio di musica in streaming. Un'opportunità non da poco considerando che lo scorso anno il mercato mondiale della musica è tornato a crescere per la prima volta dal 1999, registrando un +0,3% a 12,6 miliardi di euro trainato dall'accelerazione del mercato digitale che nel 2012 ha fatto segnare un +9% a 4,3 miliardi di euro. Di più: gli utenti che hanno pagato per un servizio in abbonamento sono saliti del 44%.