La capigliatura tinta bionda ha avuto di certo un forte impatto sul pubblico canadese all’anteprima mondiale di Le Deuxième Souffle di Alain Corneau, che voleva per la sua Manouche un ruolo di primo piano. E Monica Bellucci non ha tradito le aspettative: anche con il nuovo look anni Cinquanta è riuscita a dare in pasto un personaggio «sensuale e selvaggio», forte e appassionato «ed è proprio questa donna che porta l’emozione in un film violentissimo». Dopo il Toronto Film Festival il noir di Corneau - remake del film di Jean-Pierre Melville del 1966 che vedeva tra gli interpreti Lino Ventura e Christine Fabrega - aprirà giovedì 18 ottobre la seconda edizione della Festa di Roma. E anche in Italia, soprattutto dopo essere stata immortalata bionda dalla rivista Elle, si sono aperte le scommesse per il red carpet: sarà una Bellucci mora o con i capelli color oro? Ma per lei l’essere bionda non deve essere interpretato come un battage pubblicitario: «È stata una scelta mirata e ho voluto io essere bionda per dar corpo al mio personaggio e per sottolinearne una femminilità spinta all’estremo».In passato l’abbiamo vista oggetto del desiderio e prostituta in Malèna, vedova ne La Riffa, vampira tentatrice in Dracula, Maria Maddalena nel colossal La passione di Cristo, baronessa divertente e godereccia nel film N (Io e Napoleone) di Paolo Virzì. Ha recitato a gesti in Doberman e ha vestito i panni dell’infingarda pericolosa Persephone che flirta con l’Eletto Keanu Reeves nella saga di Matrix, regina cattiva ne I fratelli Grimm. Dopo il debutto in Vita coi figli di Dino Risi, che l’aveva soprannominata la “Manganina”, il primo film francese L’Appartement (con il quale vince due premi e conosce suo marito Vincent Cassel) e una lunga lista di pellicole con registi europei, italiani, statunitensi. Si racconta che Bruce Willis abbia pestato i piedi per averla a tutti i costi al suo fianco in Tears of the sun (dove l’attrice umbra inter-preta una dottoressa di Medici senza Frontiere durante un colpo di Stato in Nigeria), che Samuel L. Jackson non si sia ancora ripreso dopo aver vissuto al fianco della Bellucci il tempo della giuria di Cannes e che Keira Knightley abbia dichiarato: “Il mio sogno? Un corpo con delle curve come quelle della Bellucci”. Lo scorso marzo un sondaggio francese l’ha eletta la “Donna più sexy del mondo”, offuscando nomi come Sharon Stone, Penelope Cruz, Beyonce, Madonna, Sophia Loren.
In questa sua nuova interpretazione la Bellucci-Manouche (che in francese significa gitana) con tacchi a spillo, capelli raccolti, bustini stringivita e sigaretta, dà anima ad un noir che sembra un film d’altri tempi, con gangster old fashion che usano armi e cuore.«Manouche ha una femminilità molto forte e rappresenta un’epoca che non esiste più, un’epoca in cui le donne si muovevano in un altro modo e avevano sempre bisogno di un uomo al fianco. È una gitana che viene dalla strada e che ha saputo ricostruirsi. Non è una vera borghese, ha una eleganza come facciata, infatti dentro resta sempre una selvaggia che proprio per questa sua indole riesce a tuffarsi nella vita dei gangster e rispettarne le regole. Questo personaggio mi piace tantissimo e sono davvero felice che Corneau abbia pensato a me, anche perché ti confesso che è sempre stato un sogno per me poter lavorare con lui».Manouche ti somiglia in qualcosa?«Io non vengo da un mondo di gangster, ma mi piace molto la sua parte nera, quella più segreta che la fa essere selvaggia e profondamente umana al contempo. È proprio grazie a questa sua doppia sfaccettatura personale che Manouche riesce ad entrare e a difendersi da quel mondo. È forte con un’anima fragile e questa sua umanità diventa l’elemento che porta l’emozione in un film violentissimo come questo».Come vive l’amore questa eroina-prostituta fragile e selvaggia?«È una eroina di film noir che si trova al centro di un mondo dominato dagli uomini e si innamora di Gu, un pericoloso gangster uscito di prigione, al punto da fare qualsiasi cosa per lui. Diciamo che è una storia d’amore fra due persone lucide e adulte che hanno imparato a difendersi in un mondo duro, feroce e ad amarsi, ognuno a modo suo. Quando Manouche vede che Gu va incontro alla morte, il suo istinto animale la spinge verso un altro uomo, Blot, che rappresenterà la sua seconda chance, la rinascita».Manouche bionda per tua scelta, perché?«Per sottolineare una femminilità spinta all’estremo. La costruzione fisica di questo personaggio era molto importante anche per Corneau che voleva creare un ruolo ben definito e indimenticabile. Ho deciso di essere bionda perché ho pensato che questa è una storia puramente francese e quindi mi sono venute in mente le attrici francesi fine anni Cinquanta, inizio anni Sessanta, che mi hanno fatto sognare: Catherine Deneuve e Brigitte Bardot. Entrambe hanno rappresentato un’epoca in cui andavano di moda le donne bionde e sinuose, rotonde e sensuali al punto che le curve venivano messe in evidenza con abiti a vita alta e stretta, bustini e stringitaglia, tacchi alti. Un’epoca che ha fatto sognare molti».
E il regista Corneau come ha reagito di fronte a questa tua scelta?«All’inizio ha avuto paura e continuava a dirmi: “Tu, così mediterranea, perché bionda?”. Ma io ho insistito, ho detto “proviamo” e così mi sono tinta i capelli lasciando le radici nere proprio perché volevo che si vedesse questa donna che si è costruita un’immagine che non era la sua. Una donna elegante, forzatamente raffinata per potersi salvare dalla vita della strada. Manouche, pur essendo una femme forte, si è dovuta costruire una maschera perché ha bisogno di protezione, ecco allora la facciata elegante con un’anima selvaggia».In passato hai fatto molte battaglie per i diritti delle donne, ti sei anche fatta fotografare nuda quando eri incinta per protestare contro la legge sulla fecondazione assistita, e ora?«Sì, ho fatto delle battaglie ma non è servito a molto perché in Italia la situazione è ancora da medioevo. Adesso speriamo che comincino a pensarci su e riescano a cambiare la legge perché siamo l’unico Paese occidentale ancora a vivere una situazione arretrata e drammatica al punto da costringere le donne ad andare all’estero per avere il diritto di essere madri: purtroppo solo quelle che hanno una buona possibilità economica possono farlo, e questo suona come un gioco politico ridicolo. Io continuerò a dire la mia in mezzo ad altre donne del mondo politico, scientifico, giornalistico perché sono convinta che questa legge coercitiva e iniqua non può più essere accettata».Parlami di “Sangue Pazzo”, un film difficile e impegnato che porta la firma di Marco Tullio Giordana.«Abbiamo finito di girare un mese fa. È la storia di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, due attori degli anni Trenta interpretati da me e Luca Zingaretti che sono stati uccisi dai partigiani durante il fascismo e accusati di collaborazionismo. Lui era completamente sotto cocaina ed eroina e lei era in qualche modo drogata di lui: una storia molto tragica. Non ho ancora visto niente del montaggio e sono davvero curiosa di vedere il film completato. Marco Tullio Giordana è uno dei nostri più grandi registi».
Secondo te, com’è il panorama dei registi italiani?«Adesso ce ne sono molti, io credo che il problema dell’Italia non è il talento bensì un freno economico e politico. Ti faccio solo un esempio: in Francia si producono 250 film, in Italia 18 e malgrado questo riusciamo ad avere un buon numero di pellicole interessanti. L’unico problema per i film italiani è che è difficilissimo portarli all’estero».Con Tornatore e Malèna tu hai fatto il giro del mondo.«Sì, ma è una cosa rarissima. Malèna è stato un film molto importante per me perché mi ha fatto conoscere e infatti dopo quella interpretazione sono stata chiamata da registi americani come Francis Ford Coppola o Mel Gibson. Anche i film francesi mi hanno in un certo senso aperto le porte, ma la verità è che pur lavorando in Francia e in America è sempre bello poter tornare in Italia e lavorare con registi come Tornatore, Muccino o Giordana».Che rapporto hai con l’Italia e Città di Castello?«Mi sento profondamente italiana, infatti non ho alcuna intenzione di andare a vivere in America. Mi fa comunque piacere che pur facendo cinema in Europa e non vivendo negli Stati Uniti pensano a me. Anzi, ti dirò di più: mi sento profondamente provinciale perché comunque la provincia riesce a darti una sorta di protezione. Ricordo quando ero ragazzina che quella consapevolezza di poter fare affidamento sulle persone che avevo sempre attorno mi faceva stare bene e queste cose possono accadere solo nei piccoli centri come Città di Castello dove sono nata e dove ho frequentato le scuole. Sono ancora profondamente legata alla mia città e, compatibilmente con i miei impegni, ogni volta che posso torno anche per trovare la mia famiglia. Amo molto l’Umbria, che è il giardino d’Italia e lo considero uno dei posti più belli al mondo, e amo molto anche Roma dove ho una casa e molti amici».Quando hai capito che la tua carriera era il cinema?«Ho sempre desiderato fare l’attrice e ho sempre saputo che era un percorso molto difficile. Non c’è mai un modo speciale per entrare in questo mondo. Io sono stata fortunata perché ho cominciato con la moda e poi in effetti è stato il cinema ad arrivare da me, nel senso che Dino Risi vide delle mie foto e mi chiamò per Vita coi figli che ho interpretato con Giancarlo Giannini e Corinne Clery. Poi è stato il momento di Hollywood con Coppola che mi ha proposto un piccolo cammeo in Dracula: a quei tempi ero ancora una modella e non sapevo proprio niente del cinema, poi mi sono resa conto che era quello che volevo fare e quindi mi sono iscritta a corsi di recitazione. Sono stata molto fortunata perché sono poche le persone che passano dalla moda al cinema e posso dirti che per me, che sono italiana, è davvero un’eccezione aver girato film così diversi, poter continuare a tornare in Italia e lavorare con bravi registi o stare in Francia e essere scelta da Corneau, Blier, Gans o essere chiamata in America da Coppola, Stroker, Wachowski e altri registi che pensano a me anche se non faccio parte per niente dello star system americano».
Progetti futuri?«Un film di una giovane regista molto talentuosa che si chiama Marina De Van e si intitola Ne te retournes pas (Non guardare indietro), cominceremo le riprese a novembre con Sophie Marceau. Un thriller psicologico che tratta la doppiezza dell’animo umano». Monica Bellucci e Sophie Marceau, le due attrici più amate in Francia, daranno vita allo stesso personaggio, Jeanne, che si trasforma a poco a poco fisicamante fino a cambiare aspetto».Andando nella tua sfera privata, come sei cambiata dopo l’esperienza della maternità?«Il ruolo di madre mi ha decisamente cambiata. Non ho più paura delle mie emozioni: avere un figlio è la cosa più bella al mondo e comunque è una decisione molto personale. Vedo certe donne che non hanno vissuto la maternità e sono felici così. Per quanto mi riguarda, era un passaggio obbligatorio nel senso che sicuramente è stata l’esperienza che mi ha arricchito di più nella vita».Sei qui a Toronto assieme a tuo marito Vincent Cassel, protagonista del film di Cronenberg Eastern Promises premiato con il People’s Choise Award, quindi non è vero che siete in crisi? «Se dovessi dare retta a quanto viene scritto… divorzio ogni mese e sono incinta ogni mese. No, credimi, con Vincent è tutto ok».
Di PAOLA BERNARDINI