Madonna and Britney Spears - Me Against The Music

Glee - Me Against the Music (Official Full Scene)

United Red Army

C’est nous le véritable peuple opprimé, nous qui n’avons ni terre, ni armée, ni langue!
Tra coloro che valutano un’opera d’arte dalla sua verità, ci dividiamo in due grandi famiglie: coloro che amano l’opera per ciò che dice e coloro che l’amano per ciò che tradisce. I primi amano i capolavori e interrogano il genio dell’artista, i secondi (come Mario Praz) amano le opere minori e ne interrogano l’ingenuità. A dire il vero ci sono anche i terzi, detti decostruzionisti, che amano l’opera per quello che le si può far dire. Il problema tuttavia é di stabilire se un’opera dica o tradisca quello vi leggiamo. Questo ha poco a che vedere con l’intenzione dell’autore, ma piuttosto con l’equilibrio degli elementi, la loro gerarchia, il loro funzionamento, la loro forza argomentativa. In questo senso ho sostenuto che Fight Club di David Fincher fosse una “critica straordinariamente lucida delle aspirazioni di ribellione spacciate dall’industria culturale”, sebbene gran parte dei critici vi avesse visto esattamente il contrario. Qualcuno ne ha difeso il valore sociologico, io lo difendo esteticamente perché mi pare dire più che tradire. Di 300 ho affermato che fosse un film più jihadista che neo-conservatore, e che giocando su questa ambiguità neutralizza l’ideologia dello scontro di civiltà. Ugualmente ho sostenuto che Marie Antoinette di Sofia Coppola é un film geniale perché dice, meglio di qualsiasi trattato, la condizione le aspirazioni la playlist e il destino tragico della borghesia contemporanea. Forse sono andato un po’ oltre quando ho iniziato a sottintendere che i film di Cristopher Nolan fossero sceneggiati male apposta. Il problema dei critici è che, credendosi troppo intelligenti (o perlomeno più intelligenti di un film americano), scambiano spesso per lapsus il contenuto patente dell’opera. O forse sono io che leggo i film al rovescio?
Tutto questo per dire che ieri ho visto un bellissimo film, Notre jour viendra di Romain Gavras, già regista del video inquietante per Stress dei Justice. La critica é unanime nel sostenere che il film é confuso e fallisce nel realizzare una coerente parabola sull’esclusione sociale. Ma appunto: i critici non capiscono niente. Loro non vogliono il lieto fine ma una lieta morale, rassicurante e progressista, mentre la morale di Romain Gavras é crudele, come già in Stress. In questa favola surreale su due “rossi” di capelli che si rivoltano contro la società, colpevole di discriminare il rutilismo, sta una riflessione terribile e originale sull’identità comunitaria come principio di disgregazione, prima che di aggregazione (un tema di cui ho già scritto qui). Uno straordinario Vincent Cassel fomenta e cristallizza l’odio di un giovane disgraziato, dandogli una forma politica, un vocabolario e dei nemici da abbattere: ebrei, arabi, omosessuali, donne… Gavras si era già sporto sul tema in un videoclip per la cantante MIA, che mette in scena una deportazione di rossi dando corpo alla fantasia vittimistica dei protagonisti del lungometraggio. Il critico allora si chiede :
On ne voit pas quelle logique de classe ni quelle injustice sociale justifient l’attitude des ces deux personnages, qui frappent sur tout ce qui bouge au nom d’une révolte sans nom.
Che il film di Gavras, che scardina la figura dell’oppresso, abbia potuto essere interpretato come una banale allegoria dell’oppressione, é quantomeno bizzarro. Ma si sa, sono io che leggo il cinema al rovescio.

"Feeling Good" dei Muse? La migliore cover di sempre

La versione dei Muse di "Feeling good" di Nina Simone e' la cover migliore di tutti i tempi. E' quanto emerge da un sondaggio dell'NME commissionato dalla Seat su circa 15 mila utenti online. Al secondo posto si piazzano i Beatles con "Twist and shout" e al terzo Johnny Cash - con "Hurt". La peggiore e' stata giudicata "I love rock'n'roll" di Joan Jett eseguita da Britney Spears. Al secondo posto Ronan Keating con "Fairytale of New York" e al terzo Celine Dion con "You shook me all night long".

"Dio non ha paura di nessuna creatura, neanche della più feroce"

La Madonna tiene tra le braccia non il Bambino Gesù ma Adolf Hitler. La provocazione è dell'artista Giuseppe Veneziano, ma l'idea di esporre il quadro al pubblico è di Vittorio Sgarbi che domani inaugura a Salemi, all'interno del Polo Museale dell'ex Collegio dei Padri Gesuiti e nei saloni restaurati del Castello normanno svevo un secondo ciclo di mostre provenienti dal Festival dei Due Mondi di Spoleto più la "personale", appunto, del controverso artista siciliano autore dell'opera "sacrilega" denominata "La Madonna del Terzo Reich".
"Ha i colori e lo spirito di un fumetto - dice Sgarbi - Nulla di stravagante e nulla di provocatorio. Anche Hitler fu bambino; e il Male, nella concezione teologica del Cristianesimo, è una presenza imprescindibile come il demonio nell'iconografia religiosa. Ma, si dirà, la sostituzione del Bambino Gesù con un piccolo Hitler è blasfema, inaccettabile, impossibile. Sarà. Ma, in tutta evidenza, la sostituzione è sottilmente provocatoria, non insolente. Determina stupore, più che orrore. E chiama un sorriso. Dio non ha paura di nessuna creatura, neanche della più feroce".

Carmen prende residenza a Parigi: Questa Lega è una vergogna

Un tubino nero, rossetto rosso fuoco, tacchi alti, il basso a tracolla ed il suo riccio ribelle che la contraddistingue. La cantantessa è pronta per salire sul palco di Asolo per l’ultima tappa del suo tour.
Un lungo viaggio tra l’Italia e gli Usa per la promozione dell’album “Elettra”.
Vogliamo conoscere il suo punto di vista sulla situazione culturale del nostro Paese. Da anni la Consoli ha preso residenza a Parigi ed esporta la sua musica nel mondo.
Come ci vede dal capoluogo dell’ Ile-de-France?
Carmen ti sei sempre distinta per l’impegno sociale. Così come i tuoi testi sono densi di significati solidali, così nei concerti è sempre presente l’aspetto umano. Con il brano “mio zio”, una vera denuncia alla pedofilia, hai vinto il premio Amnesty International 2010. Hai sostenuto con altri artisti la ricerca fondi per la ricostruzione dell’Abruzzo. Oggi sei qui a Asolo, dove l’intero incasso sarà devoluto all’associazione “Puzzle per la vita” che si occupa di malattie rare infantili. Perché lo fai?
“Se tu accendi una luce per l’altro, ci vedi meglio. Quando si ha la possibilità di donare, per me è necessario farlo. L’importante è che non si doni il superfluo. E’ una gioia immensa vedere negli occhi di qualcuno un sollievo, vederlo sorridere. Io credo nelle azioni che possano scatenare delle reazioni positive. In quegli istanti sono trascinata dal sentimento di compassione. Cerco di essere empatica e comprendere il dolore, sono così facendo puoi essere di sostegno”.
In diversi tuoi brani parli dei perdenti, dei falliti, dei sottomessi. Come mai hai a cuore le loro storie?
“La storia dell’umanità ha diversi lati oscuri. Per comprenderla appieno devi partire dal vissuto dei perdenti. Prendiamo come esempio Hilter. Lui è stato giustamente identificato come il responsabile di atrocità umane. Poi scopri che nello stesso periodo storico, esistevano gulag sovietici in Russia, campi di sterminio britannici in Kenya. Questi stermini in Africa sono stati messi alla luce dalla scrittrice americana Caroline Elkins, autrice del libro “Imperial Reckoning” (premio Pulitzer 2006). Vedendo la storia dal punto di vista dei perdenti ti aiuta ad avere una visione generale dei fatti. Forse la cattiveria è insita nell’uomo. La voglia di potere a tutti i costi ed il denaro sono i mali dell’umanità. Pur vivendo nel benessere qui in Europa, non abbiamo prospettive di futuro per le prossime generazioni. Che paese lasceremo ai nostri figli?”.
Risiedendo all’estero, come vedi il tuo Paese d’origine?
“A me non piace giudicare, perché credo nel libero arbitrio. Prima di emettere delle sentenze è bene analizzare se stessi. Certo è, che abitando a Parigi, osservo l’Italia con occhi più critici. Ci voglio inculcare delle idee, siamo manipolati dai politici. Non sappiamo quale è la verità. Il Paese è sotto scacco della Lega, ma ricordiamo che l’Italia è unica. Il Sud è il più grande cliente del Nord. Beviamo i succhi di frutta Zuegg di Verona e noi in Sicilia buttiamo via le arance. E’ uno scempio”.
E la tua amata Sicilia? Gli amici Litfiba sono stati cacciati dalle istituzioni per le loro dichiarazioni contro la mafia...
“Per tanti la Sicilia è solo la terra dell’omertà. In verità vi sono nati tanti eroi che hanno contrastato con coraggio la “montagna di merda” che è la mafia, come diceva Peppino Impastato. Lui diceva a sua madre: 'La coscienza ci salverà dalla mafia'. Infatti dopo diversi anni la verità è venuta alla luce e Tano Badalamenti è stato accusato dell’omicidio Impastato. Inizialmente erano state depistate le indagini e gli inquirenti lo consideravano un suicidio per atto terroristico. Dopo la morte di Falcone in Borsellino, la Sicilia è iniziata a rinvigorire, la voglia di cambiare mentalità. La gente era indignata per le stragi dei due magistrati. Se da piccola vedevo spesso dei morti ammazzati in giro per la mia città, dopo il ’92 Catania era diventata sicura. In quegli anni ho iniziato la mia carriera artistica, suonando nei locali. Solo due anni dopo il leader della Lega Nord faceva delle dichiarazioni ben precise contro le istituzioni. Ho ancora a casa la pagina della Padania con quelle affermazioni. Ad oggi tutto è stato smentito, questo è il più grande muro di omertà. Noi in Sicilia cerchiamo di vivere dignitosamente, secondo i valori della famiglia. Mio nonno era veneto e ha trovato l’Eldorado al Sud, non ha pagato il pizzo. Perché non ci riusciamo oggi? Per primo i siciliani cercano di mettere da parte i pregiudizi che hanno e cercano di collaborare con chi ha la voglia di mettersi in gioco con la nostra cultura. A Catania insieme ad amici artisti abbiamo creato laboratori, stage, workshop per tutti coloro che vogliano condividere l’arte in ogni forma. Sono progetti significativi. Io sono di Catania, ma mi sento di Treviso. E viceversa. Dobbiamo abbattere questo muro tra Nord e Sud”.
Apriamo i confini. Tu diffondi la tua musica nel mondo, nel nostro Paese le note in levare non sono gradite. Sunsplash. Il più grande festival reggae d’Europa, che era nato 16 anni fa in Friuli ed ora sta crescendo in Spagna. Una tua riflessione su questa “cacciata” dall’Italia…
“Noi dobbiamo esercitarci ad accettare il diverso. Siamo intolleranti. Io sono buddista, ma la parabola del buon samaritano è un concetto cristiano importante. Ci vuole cultura per accettare il diverso. Ognuno con il suo patrimonio di conoscenze ed il suo modo di essere può arricchire l’altro. Per me la tolleranza è fondamentale. Certo ci sono dei mali per cui io sono intollerante: la pedofilia, male gratuito, omicidio, furto. Tutto questo crea sofferenza. L’intolleranza è frutto dell’ignoranza. Un altro male assoluto è l’ingratitudine. Nei luoghi dove muoiono di fame, gli uomini e le donne sono ricchi interiormente. La miseria che loro vivono gli fa apprezzare la vita e ne sono grati. Tutto questo non avviene nel nostro benessere”.
Se parliamo di tolleranza pensiamo agli Usa che sicuramente rappresentano una società multietnica. Parliamo dunque del tuo tour “VentunoDieciDuemilaTrenta” che ha toccato gli Stati Uniti d’America in diverse tappe. Quale è stata la risposta del pubblico americano?
“Ho avuta molta considerazione, spero di meritarla. Molta curiosità riferite alle mie origini italiane-siciliane. Questo mi ha stimolato parecchio perché ti fai portavoce di una cultura di cui qui ci vergogniamo. Qui vogliamo fare gli americani, negli Usa vogliono fare gli italiani”.
Hai sempre curato le locations dei tuoi concerti. Suggestivi teatri, piazze storiche, parchi naturali….se tu potessi scegliere dove esibirti, dove condurresti il tuo pubblico?
“Ad oggi ti risponderei a Treviso, in Piazza dei Signori. Per rendere omaggio a mio nonno, scomparso pochi giorni fa…”
Buon ritorno a Parigi…
“Grazie, il 5 ottobre prossimo omaggio la mia città di residenza con un concerto. Poi mi riposo un po’…”

Rosanna Arquette su Madonna

Targhe Tenco 2010, vincono Carmen Consoli, Peppe Voltarelli, Piero Sidoti e Avion Travel

Sono Carmen Consoli, Peppe Voltarelli, Piero Sidoti e Avion Travel i vincitori delle ventisettesime Targhe Tenco, i riconoscimenti ai migliori dischi dell’annata assegnati dal Club Tenco in base ai voti di una giuria alla quale vengono chiamati circa 170 giornalisti (di gran lunga la più ampia e rappresentativa in Italia in campo musicale). Le Targhe 2010 saranno consegnate durante la 35a edizione del Premio Tenco, la “Rassegna della canzone d’autore”, in programma dall'11 al 13 novembre come sempre al Teatro Ariston di Sanremo.
Nella sezione '“Album dell'anno” c'è stata una chiara affermazione di Carmen Consoli con “Elettra”: è la prima volta che una donna vince in questa categoria. Al secondo posto i Têtes de Bois con “Goodbike” ed al terzo gli Amor Fou con “I moralisti”. Seguono i Baustelle con “I mistici dell’Occidente” e Samuele Bersani con “Manifesto abusivo”.
Vittoria nettissima nella Targa “Album in dialetto” per Peppe Voltarelli con “Ultima notte a Malà Strana” davanti a Elena Ledda con “Cantendi a Deus”. Distaccati Daniele Sepe con “Fessbuk”, Sud Sound System con “Ultimamente” e Collettivo Dedalus con “Mari”.
La Targa per l'“Opera prima” va a Piero Sidoti con “Genteinattesa”, che ha sopravanzato di poco Nina Zilli con “Sempre lontano”. A seguire, nell'ordine, Edda con “Semper biot”, Il Pan del Diavolo con “Sono all’osso”, Gerardo Casiello con “Contrada Casiello” e Roberta Di Lorenzo con “L’occhio della luna”. Questa sezione comprende sei album in conseguenza di un ex aequo nel primo turno di votazione, contro i tradizionali cinque delle altre.
A queste tre categorie riservate ai cantautori si affianca come sempre quella per i dischi di interpreti, vinta quest'anno dagli Avion Travel di “Nino Rota l’amico magico” con pochissimi voti di vantaggio su Cristiano De André con “De André canta De André”. Seguono tre donne: Malika Ayane con “Grovigli”, Paola Turci con “Giorni di rose”, Fiorella Mannoia con “Ho imparato a sognare”.
Nel 2009 nell'album dell'anno aveva prevalso Max Manfredi con “Luna persa”, nel dialetto Enzo Avitabile con “Napoletana”, tra gli esordienti gli Elisir con “Pere e cioccolato”, negli interpreti Ginevra Di Marco con “Donna Ginevra”.
Nelle prossime settimane saranno comunicati il cast completo della “Rassegna della canzone d’autore” ed i Premi Tenco, attribuiti - a differenza delle Targhe - direttamente dal Club Tenco alla carriera di cantautori e operatori culturali soprattutto internazionali. Maggiori informazioni sulla manifestazione e sulle Targhe si possono trovare all’indirizzo: www.clubtenco.it
di Mario Guglielmi

Oltre cento artisti a casa di Baglioni a Lampedusa, pronto l’O’ Scià

LAMPEDUSA – Tutto pronto per l’ottava edizione di O’SCIA’: 5 giorni di spettacolo e di intrattenimento gratuiti in cui un centinaio di artisti (cantanti, musicisti, attori, conduttori, scrittori) dalle ore 21.00, si alterneranno sul palco insieme con il fondatore e promotore Claudio Baglioni, per accendere ancora una volta i riflettori sul tema dell’integrazione tra le culture nella più importante manifestazione a sfondo sociale in Europa. Questi alcuni dei nomi di O’SCIA’ 2010:
Alexia, Malika Ayane, Luca Barbarossa, Edoardo Bennato, Mario Biondi, Chiara Canzian, Milly Carlucci, Pierdavide Carone, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Lorella Cuccarini, Cristiano De André, Francesco De Gregori, Drupi, Loredana Errore, Tony Esposito, Niccolò Fabi, Giorgio Faletti, Giusy Ferreri, , Eugenio Finardi, Fabri Fibra, Irene Fornaciari, Nino Frassica, Max Gazzè, Irene Grandi, Fausto Leali, Neri Marcorè, Marco Mengoni, Antoine Michel, Morgan, New Trolls, Noa, Noemi, Nomadi, Rocco Papaleo, Danilo Rea, Rettore, Paolo Rossi, Valerio Scanu, Francesco Scimemi, Shel Shapiro, Sonohra, Syria, Gegè Telesforo, Maurizio Vandelli, Ornella Vanoni, Roberto Vecchioni, Zero Assoluto.
”Da sempre mi auguro -afferma Baglioni- che lo spirito di ”O’Scia” illumini quanti hanno la responsabilita’ di guidare e governare popoli e paesi, perche’ l’integrazione tra fedi, culture, tradizioni, lingue e identita’ scongiuri lo scontro e promuova, invece, l’incontro tra civilta’, regalando all’umanita’ l’umanita’ di cui ha sempre piu’ bisogno.
Conoscere le tradizioni culturali e artistiche delle diverse comunita’ -ha detto Baglioni nella doppia veste di artista-organizzatore- è presupposto fondamentale per favorire la conoscenza ‘dell’altro-da-se”.
È assolutamente indispensabile promuovere il rispetto reciproco, cogliere e tradurre in risorsa comune il valore fondamentale della diversità.
In tutti questi anni molti artisti hanno affiancato questo mio pensiero, senza infingimenti, senza remore, venendo a Lampedusa prima di tutto come uomini. E credo che l’originalità e spesso la straordinarietà di certi duetti, di alcune jam session, di molti momenti di spettacolo fatti insieme ad amici e colleghi ad ‘O’Scia” siano tali proprio perche’ fatti non solo da artisti ma soprattutto da uomini, con un pensiero preciso”.

Notre jour viendra. La Francia in fiamme di Romain Gavras

Patrick e Remy (Vincent Cassel e Olivier Barthelemy) non appartengono a nessun popolo, nessun paese, nessun esercito. La Francia del 21° secolo sembra non avere un posto per loro. Insieme, viaggiano verso un eden immaginario alla ricerca della libertà. Romain Gavras, figlio del celebre regista Constantin Costa-Gavras, debutta alla regia sviluppando nel suo primo lungometraggio Notre jour viendra, appena presentato al 35° Toronto Film Festival, l'idea di una minoranza di individui con i capelli rossi. Un concetto già utilizzato per l'esplosivo video Born Free, realizzato per M.I.A, giudicato troppo violento e censurato da youtube.
Vincent Cassel (reduce da Black Swan e fortemente coinvolto nel progetto) hanno già lavorato insieme in Nemico pubblico n° 1 e in Sheitan, diretto da Kim Chapiron nel 2006. Nello stesso anno, proprio con Chapiron Romain Gavras fondava Kourtrajmé, collettivo artistico, poi società di produzione sostenuta anche da Cassel e Mathieu Kassovitz (forse qui il suo personaggio è una versione cresxciuta dell'indimenticabile Vinz di La Haine). Gavras non è nuovo a critiche e contrasti a causa della sua rappresentazione della violenza: prima di Born Free aveva già subito vari processi penali per Stress, video realizzato per i francesi Justice.
Per il giovane regista il tema di Notre jour viendra è la fuga, una fuga anche romantica che subisce l'influenza delle commedie italiane degli anni '60 e che coinvolge due generazioni: "Il nichilista Patrick [uno psicologo] ha superato la fase della ribellione e ha visto ogni suo ideale decomporsi. La scintilla della sua rabbia si riaccende nell'incontro con Remy, il più giovane [un ragazzo fragile vittima di bullismo] pronto a bruciare tutto senza comprendere l'origine del suo disagio. Ciascuno dei due trova un senso e un obiettivo nell'altro. Il rosso rappresenta una differenza - su questa idea Ben Stiller avrebbe potuto creare una grande commedia, noi abbiamo deciso di farne un film drammatico".
Le riprese di Notre jour viendra sono state effettuate nei paesaggi deserti del Nord della Francia (un interessante making of, quasi un piccolo corto visionario, e un estratto dal film), con numerosi attori non professionisti.
Nel film la scelta dei rossi come simbolo di tutte le minoranze è particolarmente simbolica, visto che gli stessi Patrick e Remy non sono esattamente “pel di carota”, e il loro estremismo suona ancora più folle, perchè vanno alla ricerca di una comunità che esiste solo nelle loro menti. Il cosceneggiatore Karim Boukercha spiega l'origine di questa scelta:
"Romain voleva realizzare un film su due persone che compiono un viaggio senza speranza. All'epoca, Vincent [Cassel] pensava che i personaggi non fossero sufficientemente caratterizzati. Normalmente, si utilizza il rosso in un film, perché è facilmente identificabile sullo schermo. Quindi, un trucco povero, che contiene però il concetto di un patrimonio genetico che ti tocca quando vieni al mondo e diventa gradualmente connotazione di una condizione sociale, e influenza, in ultima analisi, il tuo modo di agire. Può essere una bella metafora di quel che oggi è il razzismo. Non dimostra nulla, perchè gioca con l'assurdo, ma è un modo per esprimere il nostro punto di vista. [...] Il tema del film è che qualcuno viene messo ai margini dalla società. Si potrebbe scrivere la stessa storia con un albino in un villaggio di neri, o con il nero più scuro in un villaggio di africani dalla pelle meno scura della sua. L'aspetto terribile, è che si eredita alla nascita quello che sarà un peso per tutta la vita. […] Io sono cresciuto in una zona cosmopolita, con una certa mescolanza, posso onestamente dire che il clima è più tollerante. Sono le opposizioni tra piccole comunità a creare aggressività e violenza."

Lupin4th: SEXPOT on AntebellumGallery

UK, arriva la "fedina alberghiera"

Amy Winehouse, Russell Crowe, Naomi Campbell, Johnny Deep, Kate Moss e... Ora anche il vostro nome potrebbe finire in una lista assieme a queste celebrity. Un elenco esclusivo certo, ma che invece di aprirvi le porte dei locali più glamour vi potrebbe chiudere quelle degli hotel del Regno Unito. Già, perché questi vip sono lo spauracchio di qualsiasi albergatore a causa del loro carattere irascibile che li ha portati a distruggere le camere in cui pernottavano. E per finirci non sarà necessario provocare 10mila dollari di danni, vi basterà rubare gli asciugamani del bagno.
La novità che fa tremare i clienti d'Oltremanica si chiama GuestScan: un database consultabile su abbonamento che permette di visualizzare la "fedina alberghiera" degli ospiti più indisciplinati. Attualmente sono 10mila le strutture recettive tra hotel e bed&breakfast del Regno Unito che hanno aderito all'iniziativa e che grazie a GuestScan potranno verificare le credenziali degli ospiti prima di prendere le prenotazioni.
Una vera e propria "black list", come quella degli insolventi stilata dalle società di credito, in cui si possono trovare i nomi degli ospiti da evitare: veri delinquenti, ma anche clienti che hanno danneggiato una camera d'albergo, o chi se ne è andato con qualche souvenir di troppo. Una lista che fisicamente non esiste, ma dalla quale il nome degli ospiti indesiderati compare ogni qual volta che uno degli albergatori iscritti al database si trovi alla reception uno dei "peccatori" e ne inserisca le generalità.
La buona notizia? A tutti è concesso il diritto d'appello e se il vostro nome finirà su quella lista non sarà a vita. Anche gli albergatori e i database hanno un cuore e prima o poi vi perdoneranno. Per essere più precisi, secondo il progetto questo periodo di purgatorio va da due ai quattro anni. L'idea nata da una intuizione di Neil Campbell, uomo d'affari britannico vicino di casa di un gestore di B&B, non è comunque una novità assoluta nel settore: nel 2007 in Australia è stato inaugurato un sistema simile chiamato Behaving Badly.
D'altronde in 5 anni in Inghilterra, tra piccoli furti e danneggiamenti, l'assicurazione More Than ha contato 3 milioni di casi di danni alla proprietà causati dai clienti: di questi 336mila riguardano letti rotti e 300mila televisori distrutti. E altro dato di tutto rispetto: l'80 per cento degli ospiti ha ammesso un furto in albergo.
Saponette, flaconcini di bagnoschiuma e di shampoo, penne e persino le ciabattine usa e getta con impresso il logo dell'hotel non si possono certo annoverare nella lista dei furti. Sono delle comodità che le strutture mettono a disposizione dei clienti, ben consci che se non utilizzate verranno portati rigorosamente a casa e che questo veicolerà meglio il nome dell'albergo. Ma che dire di accappatoi, tv al plasma, lettori dvd, quadri e argenteria? Questi decisamente non rientrano nella linea di cortesia che la struttura "regala" al cliente. Nella top ten degli oggetti sottratti svettano però al primo posto i più "portatili" asciugamani e le salviette da bagno seguiti poi da lenzuola, coperte e cuscini.

Madonna cerca casa in Italia

E anche lady Ciccone cerca casa in Italia. Nella prima settimana di ottobre infatti Madonna visionerà delle ville sul lago Maggiore, sotto il consiglio di Alessandro Proto Consulting, la società di consulenza immobiliare.
La dimora deve essere grande, anzi grandissima, immersa nel verde, con vista lago, nel massimo della privacy. E, ovviamente, senza limiti di budget.
Un’impresa difficile, proprio perché le ville sul lago Maggiore sono poche. Buona fortuna, Dancing queen.
http://temi.repubblica.it/casa/2010/09/27/madonna-cerca-casa-in-italia/

Dave Matthews Band feat. Alanis Morissette - Spoon

Madonna’s Publicist Tough on Reporter

Madonna is known for being tough, and her publicist, Liz Rosenberg, is apparently just as tough. She gave strict instructions to reporters at Wednesday’s “Material Girl” fashion launch at Macy’s. What happened to one reporter who chose to disobey is the stuff of legend.

Rosenberg told reports they could each ask three questions of Madonna and her daughter Lourdes at the “Material Girl” event; and the questions had to be fashion related. According to reporters on scene, the “fashion-only” rule was to keep the press from asking about her newly arrested stalker.

Well, since reporters are known for being oh-so-obedient, one reporter from “The Insider” decided to overstep her bounds, and ask a non-fashion question. The question had nothing to do with Madonna or her stalker, though. The reporter asked, “What do you think about Ashton and Demi breaking up?”

Cheeky reporter!

According to witnesses, Madonna’s publicist “slapped the microphone out of the reporter’s hand.” Rosenberg even went so far as to point “at the reporter and [say], ‘Bad girl!’”

gather.com

There's no doubting Duris's appeal

NEW YORK — Most everything about the French film actor Romain Duris screams movie star, from the chiseled cheekbones, dark cascading locks, and de rigueur scruff to his seductive yet slightly cracked and mischievous smile. He has the kind of name made for a marquee. And there’s no denying the spark that happens when he enters a room.

What makes Duris more than just a handsome face, though, is his unique combination of swaggering, feral intensity and pulsating vulnerability. These qualities have been on vivid display in the acclaimed and varied roles he’s played in recent years; the sleazy gangster with a yen to be a concert pianist in “The Beat That My Heart Skipped,’’ a dancer saddled with a life-threatening heart condition in “Paris,’’ a callow student coming out of his shell in “L’auberge Espagnole’’ (“The Spanish Apartment’’), and a depressed, jilted lover in “In Paris.’’

During a recent interview to promote his just-opened film, the easygoing French romantic comedy “Heartbreaker,’’ Duris seems aware of his own ascending star, even if he’s puzzled by his sex-symbol status and all the critical attention that’s been lavished on him in recent years. At one point, the actor bounds into the hotel suite and blurts out playfully, “Oh, my God! It’s the movie star!’’

He knows how ridiculous that sounds, especially in Manhattan. While 36-year-old Duris is famous in his native country, his name and face still elicit blank stares from the average American moviegoer. Most don’t know that “Heartbreaker’’ was a major hit this summer in France, and an American remake is in the works. Only a small percentage have seen him in a steady stream of French-language films that have crossed over to art-house acclaim in the United States.

But now Duris appears poised to land a breakthrough role on this side of the pond, following in the recent footsteps of countrymen Vincent Cassel, Gaspard Ulliel, and Mathieu Amalric. Just a few years ago, Duris was being pursued to play a Bond villain in “Casino Royale,’’ but he was forced to decline due to a scheduling conflict. The question at this point seems to be not if, but when he’ll be asked again.

In person, Duris evinces the same blend of heart-skipping charisma, live-wire spirit, and pensiveness that is a hallmark of his most memorable characters. Despite his sanguine demeanor, the actor admits to self-doubt — a quality he says he shares with Alex, his character in “Heartbreaker.’’ A professional Don Juan, the smooth-talking Alex secretly breaks up couples by helping women find the inner confidence to end their unhappy relationships. Alex’s weapons of choice in this business venture include his brooding good looks, killer charm, and irresistible powers of seduction. While Duris denies a Casanova aspect to his personality, he acknowledges his love of “playing with situations, with a way of seducing.’’

“Alex is a player. But he has doubts at the same time,’’ says Duris, who speaks in a mix of English and French, using a translator. “I think when he tries to seduce someone, to do his job, he gets totally into it, and he believes 100 percent in what he has to do. But after that he stops and maybe has a lot of doubts about what he did. So I think that could be me, in a sense.’’

Professionally, those nagging self-doubts are sometimes inhibiting, Duris says, but they can also fuel him to go farther or deeper with a character or push a scene to another level.

“The doubts give you a way of thinking about other things,’’ he says. “It feeds the character because the doubts that you might have when you’re acting in one scene, they can serve you in your acting three days later in another scene. So they can feed the character and make the performance richer.’’

Duris says that dynamic existed on “Heartbreaker.’’ In this stylish and elegant romantic comedy, Alex gets hired by the wealthy father of the beautiful Juliette (Vanessa Paradis, the longtime partner of Johnny Depp) to stop her from getting married. Only there’s a small problem: Juliette appears to be in a picture-perfect relationship with the dashing, successful, and benevolent man of her dreams, Jonathan (Andrew Lincoln). Alex’s sister Melanie (Julie Ferrier) and her husband, Marc (François Damiens), are his co-conspirators in this enterprise, fueled by songs and choreography from “Dirty Dancing.’’

When director Pascal Chaumeil approached Duris with the part, the actor was resistant to the idea of doing a conventional romantic comedy and skeptical of the script’s heavy-handed humor. But the two continued to discuss the film and worked on adjustments to the script with co-screenwriter Laurent Zeitoun.

Duris overcame his reticence, he says, through “coming to understand who Pascal was and the way he wanted to do this movie, and to see that he was open to discussion and to changing and adding some stuff to the script. I had to understand his sense of humor, and I had to trust him.’’

Chaumeil, who was directing his first feature, praises Duris as an actor of uncommon depth and electric energy.

“You never see him acting. He really seems to be real when he plays [a character],’’ says Chaumeil. “And the camera loves him. He has a kind of elegance, but he’s intense; he has a lot of tension, and it matches the style of the film. And Romain plays that very well — the way he walks, the way he comes into a room. He has this thing where his energy goes right into the camera.’’

Duris also has an enigmatic quality that keeps you wondering about his characters’ true intentions. “You see Romain as his character on the screen, and you don’t know exactly who this guy is, you don’t know exactly what he’s thinking,’’ says Chaumeil. “He makes you guess things. He has a mystery about him.’’

While Duris seems like a natural in front of the camera, he says that acting was an unlikely career pursuit for him. When he was 18, he was studying painting and playing drums in a band when he was spied on the street by a casting agent and persuaded to take a screen test for director Cédric Klapisch. At first reluctant, he eventually agreed to act in Klapisch’s “Le péril jeune’’ (“Good Old Daze’’). The two have since collaborated on five more films.

However, Duris is averse to talking or thinking too much about his career path.“This job is crazy. You are an actor only when you’re playing, and it could all end tomorrow. So I don’t like to speak about [my] career in an organized way. I’m more spontaneous. The way I choose my films, I think maybe my heart is choosing for me,’’ he says.

A sense of mystery is important both in the way he thinks about his career and what happens on set. While he acknowledges bringing himself to every part he plays, he avoids analyzing his performances or exploring what aspects of a character are drawn from his own personality.

“I don’t want to feel that when I’m acting, especially when it comes to emotions,’’ he says. “I don’t want it to be a store of emotion. Like, ‘OK, come on guys. . . . You want some crying? OK, I’m going to cry now. You want some joy? . . .’ I know there is a lot of method [to acting], but I don’t have my own method.’’

Christopher Wallenberg can be reached at chriswallenberg@gmail.com.

SINEAD O'CONNOR - A Perfect Indian

MUSE Knights of Cydonia - Symphonic Remix

Carmen Consoli alla conquista della Francia

Espressione felice di quella che una volta era definita la Seattle d’Italia, ovvero Catania, Carmen Consoli suonerà presto nella sua Parigi. Sì, sua, perché parte della sua vita la “cantantessa” catanese la passa proprio nella Ville Lumière. La Consoli sarà sul palco della Cigale il 5 ottobre per far ascoltare al pubblico francese (e italiano, ovviamente) il suo ultimo album "Elettra", uscito da un anno in Italia e il 15 settembre in Francia.
Di pochi giorni fa, inoltre, la notizia che proprio con quest’album la cantante siciliana si giocherà il Premio Tenco, uno dei massimi riconoscimenti italiani della canzone d’autore (se la giocherà nella categoria “Album dell’anno” con gli Amor Fou con "I moralisti", Baustelle con "I mistici dell’Occidente", Samuele Bersani con "Manifesto abusivo" e Têtes de Bois con "Goodbike").
L’ennesimo riconoscimento per una delle non tantissime voci italiane molto apprezzate all’estero – è di qualche mese fa, infatti, un fortunato minitour negli States. Una voce assolutamente unica quella della Consoli che ha sempre raccontato la condizione femminile, culminata quest’anno con il premio per una delle canzoni più belle e struggenti dell’ultimo album. La canzone è “Mio Zio” e dopo aver vinto il Premio di Amnesty International, si è aggiudicato anche quello dell’Associazione nazionale delle volontarie di Telefono Rosa Onlus che ha spiegato: “Con ’Mio zio’ la cantautrice affronta un argomento ancora più delicato, la più terribile delle violenze: l’abuso sessuale commesso da un pedofilo in un ambiguo contesto familiare dove molto spesso queste vergogne avvengono e sono taciute per omertà e vergogna e dove le vittime vengono abbandonate ad una terribile solitudine". Ma non sono solo i riconoscimenti a fare la bravura di un’artista.
Canzoni di donne e un titolo per nulla casuale. Storie dure, come quella citata sopra, donne come cardine attorno cui gira questo settimo album, ma più in generale la storia musicale della cantantessa catanese. Il complesso di Elettra che si snoda in storie che alternano tragedia (Mio zio), mediterraneo (A Finestra), poesia spesso cruda (Mandaci una cartolina), collaborazioni con i padri artistici (Marie ti amiamo con Franco Battiato)... ma che rispecchia una buona porzione della società che ci circonda.
Espressione felice del panorama musicale italiano non stretto tra l’ammicco al mercato (anzi, la ricerca di ingranaggi sempre diversi contraddistingue il suo lavoro, spesso disorientando i suoi stessi fan) o le maglie strette di un underground piagnone, la Consoli cerca di conquistare definitivamente i cuori d’oltralpe, come un anno fa ha fatto già Capossela.
La Cigale
120 bd de Rochechouart - 75018 Paris (M° Pigalle)
Tarif : 35 €
Date : Mardi 5 octobre 2010 à 19h30
Réservations FNAC ou sur le site de la Cigale. NE TARDEZ PAS !!
Pour en savoir plus : www.carmenconsoli.it

Antony, il nuovo disco: 'Sono un figlio della Natura. E di Otis Redding'

Per dare un nome alla sua ispirazione e alla sua musica, così diversa da tutto ciò che si sente in giro, Antony Hegarty stavolta è ricorso a un vocabolo di sua invenzione, “Swanlights”: titolo del nuovo album, il quarto con gli inseparabili Johnsons, che esce nei negozi il 12 ottobre, anche in una lussuosa edizione corredata da un elegante book contenente suoi disegni, foto e collage. “Già, non credo tu possa trovare quella parola sul vocabolario”, sorride impacciato l’imponente artista di nero vestito, ieraticamente accovacciato a gambe incrociate sul divano della lussuosa suite d’hotel milanese in cui incontra i giornalisti. “Deriva da una poesia che ho composto a proposito dell’immagine che uno spirito riflette sull’acqua. Pensavo al fatto che persino un qualcosa che sta a due o tre gradi di separazione dalla sua manifestazione fisica conserva una qualche forma di presenza intangibile che è possibile percepire”. Dieci canzoni (undici nel cd senza libro, il bonus è un duetto con Bjork), ancora una volta all’incrocio tra pop ed opera, melodia e astrazione sonora, sperimentazione e comunicativa. Ancora una volta “aliene”. Da dove arrivano? “Sono una manifestazione di creatività, suppongo. E per me la creatività è stata una luce guida dell’intera esistenza. Un rifugio che mi ha procurato gioia, conforto e alcuni dei momenti più belli della mia vita. In sostanza, credo si tratti di essere aperti alle possibilità del presente. Quel che cerco di fare è di ascoltare sempre più attentamente i suoni, i pensieri e le energie del mondo che mi circonda. Come artista, credo di muovermi nell’ombra di forze molto superiori alle mie: intendo dire la Terra, la massima e più potente espressione di creatività che esista. Mi spinge un impulso simile a quello che muove un figlio, sotto l’ala protettrice della madre”. Eppure in qualche modo, “Swanlights” suona anche differente dagli altri suoi dischi…“Non è lineare come i miei precedenti, in effetti. Io lo trovo decisamente più caotico. Dotato di molte più sfaccettature. Ho voluto creare un inizio e una fine (con ‘Everything is new’ e ‘Christina’s farm’), per suggerire che esiste comunque un ordine, un sistema. Ma per me si tratta soprattutto della sovrapposizione di strati, di punti di vista, di stati emotivi. E ciò appare molto più evidente nel contesto delle immagini raffigurate nel libro, che io trovo molto esplicito e concreto: il volume rappresenta in un certo senso il cuore, il nido dell’album”. Disegni e musica come elementi di un’unica personalità umana e artistica? “Sì, anche se le dinamiche sono totalmente diverse. La musica, per me, è diventata una sorta di dialogo con il mondo. Soprattutto quando sei su un palco, in conversazione con migliaia di persone con cui cerchi di trovare un punto in comune. Disegnare è un atto molto più solitario. Molto più intimo, interiore. Una sensazione quasi familiare. Che mi permette di esplorare più a fondo la percezione che ho del mondo”. Emergono altre somiglianze: i testi di Antony, a volte, sono enigmatici ( “Salt silver oxygen”, la stessa “Swanlights”); altre volte, come nel caso del singolo “Thank you for your love”, nudi e diretti. Lo stesso succede con le immagini (alcune delle quali in mostra alla Triennale di Milano fino a domenica 26 settembre): collage e scarabocchi su pagine di giornali a cui seguono eloquenti ritratti dell’artista. “Sì, credo tu abbia ragione. Come artista visuale, mi reputo naif. Visionando il materiale del libro in anteprima, alcuni esperti d’arte mi hanno suggerito di organizzarlo in una forma più coerente, di cercare una sola visione estetica, un unico approccio tematico. Ma per me si tratta comunque di un’opera unitaria, il cui filo comune è la mia visione del mondo. E’ il diario di una molteplicità di sentimenti differenti. Ho pubblicato questo materiale perché per me significa molto, perché riflette bene quel che sono in questo momento. Non certo perché aspirassi a raggiungere una posizione elevata nella gerarchia delle belle arti”. Temi ricorrenti, nel disco e nel libro. “Forse perché sono opere nate insieme e che si sono mosse in parallelo. In realtà ho cominciato a registrare questo disco in contemporanea con il precedente, ‘The crying light’: l’ho ripreso in mano una volta completato quello. In tutto ciò che faccio ho l’inclinazione al collage, all’assemblaggio, alla ricerca di collegamenti tra i numerosi fili che intreccio. La ricerca di un significato, di una struttura, nella maggior parte dei casi, viene solo in un secondo momento”. Il singolo, “Thank you for your love”, è il brano più diretto e orecchiabile: sembra quasi un omaggio all’amata Nina Simone… “E a Otis Redding, ai miei eroi musicali giovanili. Che si tratti di un tributo allo stile r&b di fine anni ’60-inizi ’70 mi sembra evidente, anche se sul finale il pezzo cambia forma”. L’ep che ha preceduto l’album, e che reca quel brano come title track, contiene una cover di Bob Dylan dal periodo “cristiano”, “Pressing on”, e l’inviolabile “Imagine” di John Lennon. Coraggioso, Antony… “Ho scelto quelle canzoni perché affrontano questioni esistenziali basilari, sia pure dal punto di vista di una generazione diversa dalla mia. Mi piaceva, in qualche modo, usarle come preludio a canzoni e idee che sono invece tipiche del nostro tempo. E volevo cercare un mio percorso, all’interno di quei brani. E’ un processo educativo, esplorare il pensiero e l’immaginario di un altro autore. Adoro fare cover, è sempre elettrizzante e liberatorio. Lo so che è una cosa audace, rifare ‘Imagine’. Ma ho cambiato leggermente la prospettiva: mi sembra che la mia versione sia un po’ più minacciosa dell’originale”. Dylan è stato criticato dai suoi fan per avere ceduto alle lusinghe della pubblicità. Antony, che ha lavorato con Levi’s, Lavazza e Prada, non sembra farsene un problema. “L’economia dell’industria musicale è cambiata radicalmente, la gente oggi compra molti meno dischi di un tempo e la pubblicità diventa per gli artisti una fonte primaria di sostentamento. E’ un panorama diverso da venti anni fa, bisogna prenderne atto. A me sembra un’occasione positiva: dal momento che non posso fare affidamento sulle radio, la pubblicità diventa una piattaforma utile a diffondere la mia musica. Ho collaborato a uno spot per una ditta di profumi in Spagna e mi è piaciuto un sacco: mi piace l’idea che una casalinga che sta lavando i piatti all’ora di pranzo ascolti improvvisamente ‘Hope there’s someone’ uscire dall’apparecchio televisivo. Ovviamente si tratta di valutare se ci si sente a proprio agio oppure no. E ovviamente ci sono dei prodotti con cui non mi sentirei a mio agio… Quando ho lavorato per la Lavazza, invece, ho bevuto così tanto espresso da assumere un colorito giallognolo!”. Strano di sicuro, ascoltare in tv canzoni che parlano di trascendenza, di rapporto ancestrale con la natura, di dicotomia tra corpo e spirito: temi ricorrenti anche in “Swanlights”? “Dicotomia, dici?”, replica soppesando come al solito le parole e prendendosi lunghe pause. “No, io non vivo il corpo come una gabbia. Per me il mondo materiale e quello spirituale sono la stessa cosa. Anche se del corpo, quando ti assale la disperazione, vorresti liberarti”. Nella sua visione panteista e naturalista, Antony usa spesso – anche stavolta – simboli cristiani e religiosi. E parla di Dio come Madre. Proprio come fece, provocando sconcerto negli ambienti ecclesiastici, Papa Luciani più di trent’anni fa… “Davvero? Non lo sapevo…E non mi stupisce che, come mi dici, circolino teorie cospirative sulla sua morte. Molti dei più alti insegnamenti dell’umanità ci arrivano dall’universo femminile, ma queste sono cose che i teologi di sesso maschile insistono a tenere segrete. Soggiogare la femminilità e negare la spiritualità del mondo terreno, per il cristianesimo, l’islam e altre religioni, è stato un modo per assumere il potere ed esercitare controllo sulla gente: ma è dalla Terra che proveniamo, ed è verso di lei e la nostra componente femminile che tendiamo naturalmente. I teologi sostengono che la nostra costituzione spirituale è separata dalla Natura. Che questo ci distingue da ogni altra creatura vivente e da ogni altra manifestazione naturale: si tratti di animali, alberi o montagne. E’ questo il sistema di pensiero che abbiamo sempre utilizzato per giustificare il nostro dominio sul mondo e sugli altri popoli. Ci stiamo addestrando da millenni alla separazione dal mondo naturale, e da lì scaturiscono i nostri mali di oggi”. Per questo, nelle note del libro Antony ringrazia Madre Natura di averlo reso transgender? “Capisco che possa suonare trito e volgare, definirmi un figlio della Natura. Come un vecchio hippie degli anni ’60. Ma il mio credo è basato su convinzioni scientifiche: il nostro corpo è fatto di materia naturale, di energia, di elettricità. Di ossigeno, anidride carbonica e minerali. Siamo un prodotto della Terra nello stesso modo in cui lo è un albero. In questo la metafora della Terra come Madre mi sembra perfettamente giustificata. E’ questo il sistema che ci ha dato vita. Negli insegmamenti cristiani che mi hanno impartito da piccolo, invece, c’è la costante reiterazione del concetto che veniamo da un altro luogo. Da un Dio a cui ritorneremo quando saremo morti. I cristiani credono di essere stati cacciati dal giardino dell’Eden. Per i nativi americani, invece, il giardino dell’Eden è qui. E io la penso come loro: che Dio è tutto intorno a noi. Mi sembra un’idea molto più sensata da utilizzare per cercare di affrontare praticamente i problemi che ci circondano, sapendo che il pianeta si riscalderà di altri tre gradi e mezzo nell’arco di cento anni distruggendo la biodiversità. Perché insistiamo a vivere sull’orlo dell’autodistruzione? Forse la spiegazione è che siamo vitttime di un impulso virulento. In fondo anche i virus sono parte della Natura, assorbono vita e generano sistemi mortali. Ma allora ammettiamolo, una volta per tutte: non siamo mammiferi, noi umani. Siamo dei virus”.

Carmen Consoli - Autunno Dolciastro

Mamme vip: Madonna e la figlia Lourdes insieme per progetto moda

La notizia è ghiotta e offre molti spunti di riflessione: Madonna, l’icona pop per eccellenza, ma anche madre attenta e premurosa, ha presentato ufficialmente da Macy’s, a New York, la nuova linea di abbigliamento per teenagers disegnata insieme alla figlia tredicenne Lourdes Maria. Indovinate un po’ come l’hanno chiamata? Ma Material Girl, naturalmente! Nel breve scambio di battute con i giornalisti in occasione dell’inaugurazione, l’adolescente Lourdes, look grintoso e un po’ dark, ha però confessato che le discussioni tra lei e la madre sul vestito giusto da indossare sono all’ordine del giorno.
Un battibecco che, probabilmente, non suona molto diverso da quello a cui si assiste in tutte le famiglie in cui ci siano bambine o adolescenti che pretendano di esprimere la propria personalità attraverso l’abbigliamento. La pop star, evidentemente, non gradisce che la figlia si presenti a scuola vestita come se stesse andando “in un night club”. La cosa è divertente, considerando che stiamo parlando di Madonna (il cui look ha sempre lasciato poco spazio all’immaginazione) e che l’occasione era la presentazione di una linea di vestiario per adolescenti davvero molto maliziose.
Insomma, il succo è questo: unite dalla moda (affari), divise dall’abbigliamento (di tutti i giorni). C’è, in effetti, un po’ di incoerenza in tutto questo, però è anche comprensibile. Le mamme dello showbiz sono spesso additate come modello negativo di figura materna, esempio deleterio perchè troppo concentrate su di sè, manipolatrici, incapaci di vera abnegazione, spesso assenti e superficiali.
Personalmente non credo che ci sia poi tutta questa differenza, ci sono ottime madri vip e pessime madri “normali”, certamente la pressione dei Mass Media non può non nuocere. Soprattutto in caso di figlie femmine, immagino che entrare in competizione, durante gli anni difficili dello sviluppo, con una madre di grande carisma, ammirata e desiderata a livello planetario (come Madonna) non debba essere facile.
Come non è facile, per la madre in questione, trovare un equilibrio tra la propria immagine pubblica e la vita privata con le sue delicate dinamiche familiari. Senza contare che, già di suo, il rapporto madre-figlia è complesso. Mi immagino la piccola Lourdes che disegna gli abiti che le piacciono, che vorrebbe indossare, insieme alla mamma, e tra scampoli di stoffa e matite, c’è anche il tempo per una di quelle belle chiacchierate intime, da donna a donna, che sono il cemento di un vera, intensa relazione con il genitore del proprio sesso. Realizzare un progetto insieme può essere davvero un ottimo modo per avvicinare una madre e una figlia adolescente.