Ecco l'altra Monna Lisa, 10 anni più giovane della Gioconda

Una versione della Gioconda dipinta prima del ritratto esposto al Louvre è stata presentata a Ginevra dalla Fondazione "Mona Lisa". Il quadro, conservato per 40 anni in una cassaforte in Svizzera, rappresenta una "Monna Lisa" più giovane di quella ritratta 10 anni dopo da Leonardo. Secondo la Fondazione si tratterebbe della prima versione, abbozzata nel 1503 e rimasta incompiuta.
Clicca sulla Gioconda per il video correlato.

Alanis Morissette on Billie Joe Armstrong: 'He's Braver Than I Am'

Alanis Morissette has taken to performing Green Day's "Basket Case" this week in tribute to the band's frontman Billie Joe Armstrong, who sought treatment for substance abuse a day after his weekend meltdown at the iHeartRadio Music Festival.
Morissette, who debuted the song on "Jimmy Kimmel Live" on Tuesday and played it again last night in Pomona, Calif. on her Havoc and Bright Lights tour, told Billboard that she hopes Armstrong gets the assistance that he needs. "We're all figuring it out," she said. "So let's just support the fragile artist."
"I've always been an advocate and supporter of artists and Billie Joe to me -- he deserves to be bowed down to," she said. "He's been in this industry for a long time and so for him to experience the consequence of a system that kind of set it up for him to fail is a travesty to me."
Morissette said she wouldn't have been able to pull off the kind of rant that Armstrong did. "I think he's braver than I am," she said. "Also women being upset are deemed hysterical. Men being upset are deemed valiant. It's a little more dangerous for a woman to flip out in that way."
Morissette said that she doesn't know how long she plans to keep "Basket Case" in the set, revealing that she handles each show individually. "We learned it like 11 minutes before we went on [Kimmel]. It was super spontaneous," she noted.
Over the next few months Morissette and her band are scheduled to tour North America and Europe. "Then maybe some Asia, what I called the self indulgent tour which includes the places I've wanted to go like Russia," she joked.

UK: Radiohead e Tickemaster vendono biglietti non cartacei, il pubblico protesta

28 set 2012 - Il biglietto "non cartaceo" è considerato il futuro della musica e degli spettacoli dal vivo. E' ecologico ed economico (si risparmia sulla carta), taglia - o dovrebbe permettere di tagliare - le famigerate commissioni sul prezzo, impedisce le speculazioni dei bagarini. Per avere accesso al luogo del concerto basta presentarsi ai cancelli con un documento di identità e la carta di credito o il bancomat utilizzato per effettuare l'acquisto online.
Della bontà del sistema si sono convinti anche i Radiohead, notoriamente sensibili alle esigenze del loro pubblico (oltre che dell'ambiente), e per i prossimi concerti inglesi in programma il 6 ottobre alla Manchester Arena e l'8 e 9 ottobre alla O2 Arena di Londra il gruppo di Oxford si è alleato con l'agenzia Tickemaster, mettendo in vendita biglietti esclusivamente in formato "paperless" a partire dallo scorso mese di marzo: obiettivo principale stroncare alla radice il bagarinaggio, problema annoso ma amplificato negli ultimi anni dal fiorire di siti specializzati nella compravendita online.
Senonché è successo l'imprevisto: con l'avvicinarsi della data dei tre show si moltiplicano le voci di dissenso da parte dei fan, che hanno trovato eco anche su quotidiani prestigiosi come il Guardian.Una giornalista della testata, Lisa Bachelor, ha raccolto le testimonianze di diverse persone che dopo avere acquistato il biglietto si trovano nell'impossibilità di assistere agli show per impegni sopraggiunti di lavoro (ma anche di chi non potrà usufruire di un biglietto che gli è stato regalato da un parente, per di più non residente in Inghilterra); le clausole contrattuali non permettono di rivendere il tagliando a terzi né di regalarlo a un familiare o a un amico, e la prassi di Ticketmaster non prevede rimborsi. L'agenzia, in alcuni casi, ha accettato di restituire i soldi versati, ma si tratta di episodi isolati che comportano costi e perdite di tempo tanto per la società che per il cliente.
Nel Regno Unito la vendita di biglietti immateriali è una pratica ancora poco diffusa, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti dove è nata, per reazione, un'associazione chiamata Fan Freedom Project: "I biglietti non cartacei, a prima vista, sembrano una soluzione conveniente. Ma in realtà, per i fan, si tratta di un incubo", spiega il fondatore del movimento sul suo sito Internet. "Significano minore controllo, più seccature, nessuna concorrenza sul prezzo e più commissioni pagate a società come Ticketmaster".

Charlotte Gainsbourg By Drew Barrymore

TOMMY HILFIGER has recruited the help ofCharlotte Gainsbourg and Drew Barrymore to promote the brand's new limited-edition handbag, launched to raise money for charity Breast Health International. French muse Gainsbourg was hired to front the campaign, while actress Barrymore took on the role of photographer.
"We all know someone, whether it's a family member or a friend of a friend, who has been affected by breast cancer," said Gainsbourg. "Whenever a disease like this hits close to home, it definitely changes your outlook. It really motivates you, on a personal level, to take action.
This marks the sixth consecutive year that the US brand has supported BHI, a non-profit foundation that raises money for breast cancer research and treatment. A proportion of each bag sale will go towards the charity. And it seems that Gainsbourg and Barrymore rather enjoyed the process.
"It was great to work with Drew," said Giansbourg. "She was very charming and lively and funny, and she brought really positive energy to the set. As a fellow actress, she made me feel very comfortable during the shoot."
Buy the bag now on TOMMYHILFIGER.COM and in selected stores.

The Homesman: Meryl Streep e Hilary Swank nel cast, regia di Tommy Lee Jones

Tommy Lee Jones ricoprirà la molteplice veste di sceneggiatore, regista, produttore e protagonista in The Homesman, pellicola drammatica per la quale ha scritturato anche Meryl Streep e Hilary Swank. I tre interpreti hanno vinto complessivamente la bellezza di sei Oscar così suddivisi: uno Jones per Il fuggitivo di Andrew Davis, due da protagonista la Swank per Boys Don't Cry di Kimberly Peirce e Million Dollar Baby di Clint Eastwood, addirittura tre Meryl Streep per Kramer contro Kramer di Robert Benton, La scelta di Sophie diretto da Alan Pakula eThe Iron Lady per la regia di Phyllida Lloyd.
Ambientato nel West del periodo pionieristico: uno dei pionieri (Jones) e una donna di frontiera scorteranno tre donne disturbate dal Nebraska sino Stato dell'Iowa, affrontando così le dure condizioni della prateria. 
Swank interpreterà la donna di frontiera; secondo The Wrap, non è al momento chiara la parte assegnata alla Streep. Jones e Streep torneranno così a recitare accanto dopo Il matrimonio che vorrei, imminente commedia romantica diretta da David Frankel; per Hilary Swank si tratta invece della prima collaborazione con i due grandi colleghi.

Radiohead in concerto: cerebrali, sofisticati, ipnotizzanti

Il gruppo di Thom Yorke non delude i 10.000 fan stipati sul prato di Villa Manin per l'ultimo grande concerto della stagione all'aperto. I Radiohead sono proiettati costantemente verso il futuro, senza dimenticare le origini
I fan sono sotto il palco dalle 17 e attendono pazientemente sul prato di Villa Manin Ed O’Brien, Phil Selway, Colin e Jonny Greenwood, Clive Deamer dei Portishead per la seconda batteria e naturalmente Thom Yorke. E' un pubblico tranquillo quello dei Radiohead, niente deliri, ma solo tanta ammirazione e stupore, perché dal vivo, a differenza di altri, sono in grado di emozionare e far correre rapidi i pensieri. Anche perché i fan lo sanno, la loro musica è cerebrale, sofisticata e ipnotizzante. E la scenografia fa il suo, insieme alle note, con i 12 maxi-schermi che proiettano le immagini di Thom e la sua band che si spostano ad ogni canzone e il muro di bottiglie in plastica riciclata che amplifica e riflette i giochi di luce, a volte psichedelici. Ma i Radiohead, nonostante i suoni ossessionanti, non sono mai troppo techno o troppo elettronici, sono i Radiohead e basta.
L'inizio, la band di Oxford è puntualissima, già spacca: “Lotus Flower” e Radiohead siano, con un boato dei quasi 11 mila fan, arrivati da tutta Italia e da tutta Europa. La voce di Thom è celestiale, fa sognare e l'attesa, la pioggia, l'umidità, il fango, il caos ai parcheggi, i telefonini senza campo e la distanza dal palco, non hanno più importanza. Corrono veloci “Airbag”, non si sono dimenticati di “Ok Computer” per un ritorno al passato; “Bloom” e “Daily Mail” per ricordare che ora sono “The Kings of the limbs”; per poi regalare “Myxomatosis” e “The Gloaming” da “Hail to the Thief”. Dopo “Separator”, arriva l'attesa “Climbing up the walls”, perché i fan adesso li adorano, ma li hanno osannati con “Ok Computer” e infatti anche “Paranoid Android” è stato un must, senza tralasciare “The bends”, con “Planet Telex” e “Street Spirit”, quando erano più rock, ma già proiettati su una musica nuova, mai ascoltata prima.
Sul finale arriva anche “Everything in the right place”, da “Kid A”, già presente prima con “How to disappear completely” e “The National Anthem”, e quando i fan pensavano già ad andare via, a sorpresa, per chi aveva già imparato a memoria la scaletta di Roma, Firenze e Bologna, “Idoteque” chiude il concerto, come un album, senza soluzione di continuità.

Charlotte Gainsbourg nel cast di Jacky au royaume des filles, prossimo film di Riad Sattouf

Sono iniziate le riprese di Jacky au royaume des filles (Jacky in Women's Kingdom), secondo lungometraggio diretto da Riad Sattouf. Rivelatosi nel 2009 con Il primo bacio (Les Beaux Gosses, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes), il regista, noto anche nel campo del fumetto, ritrova nel cast Vincent Lacoste (prossimamente in Asterix e Obelix al servizio di sua maestà) e Noémie Lvovsky, affiancati dalla star Charlotte Gainsbourg, da Anémone, Laure Marsac, Didier Bourdon, Valérie Bonneton e il regista premio Oscar Michel Hazanavicius.
Prodotto da Anne Dominique Toussaint per Les Films des Tournelles, Jacky au royaume des filles è ambientato nella Repubblica democratica e popolare di Bubunne, dove le donne hanno il potere, comandano e fanno la guerra, mentre gli uomini portano il velo e si occupano delle faccende domestiche. Tra questi, Jacky (Vincent Lacoste), vent'anni, ha lo stesso sogno impossibile di tutti gli altri ragazzi celibi del suo paese: sposare la Colonnella (Charlotte Gainsbourg), figlia della dittatrice (Anémone), e avere tante figlie femmine. Ma quando la Generale decide di organizzare un gran ballo per trovare un marito a sua figlia, le cose si complicano per Jacky: bistrattato dalla famiglia di lei, vede il suo sogno poco a poco sfuggire...

Può un semplice diario mettere in crisi l'identità di una persona?

MORIRE E RINASCERE
Di Angelo Dolci
“Morire e rinascere” narra la storia di un uomo, Frank Pumoni, che un giorno si vede recapitare un pacco contenente  alcuni scritti che metteranno in crisi la sua identità, coinvolgendolo in scelte dalle quali possono dipendere le sorti dell’intera umanità ma sulla cui veridicità nutre forti dubbi . Per chiarire questi dubbi decide di divulgare in internet  il contenuto degli scritti aspettandosi che i protagonisti delle vicende che vi sono narrate si facciano vivi e gli svelino la verità altrimenti sarà costretto a mettere alla prova il suo coraggio e tentare una via che potrebbe essere senza ritorno. 
E’ un romanzo che si inserisce nel filone del soprannaturale, ma in fondo vuole indagare sul mistero della morte e del legame del nostro spirito con il corpo.

ODIA IL PROSSIMO TUO PERCHÉ NON È TE STESSO

È uscito per Graphofeel Edizioni La libertà dell'odio, il secondo romanzo di Giacomo Barba, dal titolo provocatorio e dalla narrazione brillante e passionale, con introduzione firmata da Carmen Consoli.
È uscito per Graphofeel Edizioni La libertà dell'odio, il secondo romanzo di Giacomo Barba, dal titolo provocatorio e dalla narrazione brillante e passionale, con introduzione firmata da Carmen Consoli. «È proprio l'odio il motore degli eventi che si susseguono nei diversi episodi del romanzo», commenta la cantautrice, «quel sostentamento quotidiano necessario per poter affrontare indistintamente un'impegnativa giornata lavorativa o una tanto agognata e rilassante vacanza.»
Una ragazza della Roma bene, Lavinia, viene derubata del suo cellulare. Autore del furto è Yura, un giovane rumeno, che intende rivendere la refurtiva per pagare un debito. Scorrendo la galleria di immagini presenti nel telefonino, Yura si trova davanti il mondo segreto di Lavinia: foto, messaggi, filmati che svelano la parte inconfessabile della giovane donna e le sue attività, un microcosmo nascosto dentro i suoi ‘normali' diciotto anni. Decide così di ricattare Lavinia, chiedendole duemila euro in cambio del telefono e minacciando di pubblicare tutto su Internet. Ne nasce una guerra tra due mondi, opposti ma ugualmente spietati: in entrambi quel che conta è appartenere a un clan, l'unica ragione per la quale vale la pena vivere. 
La libertà dell'odio è un romanzo moderno, per amanti delle tinte forti, che rivela non solo l'insoddisfazione indotta dai nuovi canali tecnologici di comunicazione – dove la quantità dei contatti ha ridotto la qualità dei contenuti – ma anche il fallimento del multiculturalismo. L'odio permea tutta la narrazione, colpendo l'altro in senso generico: non solo l'extracomunitario o immigrato di turno, considerato inferiore per la sua provenienza geografica e diversità culturale, e di conseguenza una minaccia. Oggi il modo di odiare è cambiato: è un odio più democratico, universale, che non colpisce solo chi ha la pelle di colore diverso. «Razzismo non significa più nulla, oggi. Il problema è mille volte più grande. Siamo una popolazione di individui e ognuno di noi è una nazione intera pronta a fare a pezzi quella che non ti cede il posto a sedere sull'autobus. Odia il prossimo tuo perché non è te stesso, non sei tu. Potrebbe essere l'unico vero comandamento del nuovo millennio.»
Giacomo Barba è nato a Napoli nel 1976. Ha vissuto per molto tempo in Inghilterra, insegnando presso il Millfield College, nel Somerset. Ha collaborato con il quotidiano «Il Mattino» come corrispondente di cronaca e con la rivista «Internazionale». Nel 2007 ha pubblicato il romanzo The Teacher. Sta completando il dottorato in Letterature di Lingua Inglese presso L'Università La Sapienza. Vive a Roma, dove lavora come insegnante e scrittore.

Giacomo Barba
La libertà dell'odio
Graphofeel Edizioni 
Collana: Intuizioni BLACK
Pagine: 329
Euro: 10,00
ISBN: 978889052608

James Franco: sul web con Smokey Robinson per l’EP di Daddy

James Franco, l’attore più volte candidato alla vincita del premio Oscar, diversifica ulterioremente le sue attività. Regista di una serie di cortometraggi ed alcuni docu-film, è scrittore e autore di un progetto che unisce video e arte. Diretto per tre volte da Sam Raimi nel franchising legato a Spider-Man, ha appena debuttato come cantante. In supporto alla nuova fatica, a breve distanza sono stati rilasciati su internet un paio di video per annunciare e rimarcare la pubblciazione della release. Ispirato alla gloriosa storia della music label Motown di Detroit, nei crediti dell’EP MotorCity è presente un duetto con Smokey Robinson.
Il progetto si chiama Daddy, un duo che oltre al carismatico attore include anche Tim O’Keefe. Ex compagno di scuola di James Franco ai tempi in cui entrambi erano studenti di design a Rhode Island, è attualmente un musicista in cerca di visibilità. Dopo aver riversato su internet un primo video, chiamato Love in the Old Days e riferito ad una storia d’amore con molti richiami ai genitori del neocantante, nelle scorse ore in rete ha debuttato il secondo. Nelle immagini di Crimes compare la leggenda della soul music Smokey Robinson.
Nel corso di un’intervista concessa al music magazine Spin, James Franco ha detto di aver incontrato Robinson al principio di quest’anno. I due, durante di un viaggio a bordo del medesimo aereo, hanno fatto conoscenza. Dopo essersi scambiati attestati di reciproca stima (ndr, e probabilmente anche i rispettivi contatti telefonici e telematici), a distanza di alcuni mesi si sono risentiti. E a breve distanza è stata incisa Crimes.
La canzone è inclusa nell’EP MotorCity, uscito negli USA lo scorso 25 settembre. Nella foto di copertina del lavoro compaiono le cantanti e attrici Selena Gomez (fidanzata della pop star Justin Bieber) e Vanessa Hudgens, l’attrice e modella Ashley Benson e l’attrice Rachel Korine.

ADELE CONTRO RIHANNA, LADY GAGA E MADONNA: USANO IL SESSO PER VENDERE DISCHI

Adele stronca le colleghe... O meglio i loro video e i loro look. Per dire basta a chi si sveste o accetta di 'svendere' il proprio corpo per scalare le classifiche
Dalle pagine di Female First Adele prende il toro per le corna e, visto che delle sue forme morbide si parla tanto, dice la sua sull'uso (errato) dell'immagine nella musica. "Basta con donne che si spogliano nei video per promuovere se stesse apparendo sullo schermo molto diverse da come sono nella vita reale".
Finalmente la cantante dà voce a quello che forse tanti pensano riferendosi a star come Rihanna, Lady Gaga o Madonna che di messaggi a sfondo sessuale ne mandano, eccome se ne mandano, durante i live e nei loro filmati promozionali.
A quanto pare Adele non ha nessuna intenzione di cedere a chi la vorrebbe con qualche chilo di meno, magari in shorts inguinali, perchè in fin dei conti... Che cosa ha a che fare tutto questo con la musica?
Armata della sola voce e delle curve naturali, Adele ha venduto più di 23 milioni di copie del suo 21 e sottolinea come il segreto del suo successo (e di un look che comunque è sempre impeccabile, pur senza minigonne) è stare bene con se stessi affidandosi solo al talento per vendere.
"Non fate caso a come certe star appaiono sulle copertine o nei video: io le ho viste tutte da vicino e posso garantire che non sono così (eccezionali, nda)" precisa Adele. "Sfruttare sessualmente se stessi per promuoversi lo trovo 'deprimente'. Non importa come appari, ma che tu stia bene con te stesso".

Monica Bellucci pose sensuali per i suoi 48 anni e senza aver bisogno del marito Vincent Cassel

Bellucci: “Non ho bisogno di mio marito”
Monica svela il segreto del rapporto d’amore che dura da 13 anni con Vincent Cassell
Il 30 settembre compie 48 anni ma non festeggerà. Monica Bellucci però appare più sensuale che mai su A rivela il segreto del rapporto d’amore che dura da 13 anni con Vincent Cassell: “Nessuno dei due ha bisogno dell’altro in senso pratico né contiamo da quanto stiamo insieme”. Non chiamatela diva: “Le dive non esistono più, figuriamoci se lo sono io”.
“Credo che due persone stiano insieme quando non si scelgono. Vincent e io siamo due persone completamente indipendenti.
Probabilmente senza dirci nulla, ci scegliamo ogni giorno. – racconta l’attrice -. Mi ha conquistata con la stessa cosa che ci tiene uniti e cioè la nostra indipendenza. So che Vincent può far senza di me e forse anch’io potrei far senza di lui. Però allo stesso tempo non è così. Mai iniziare una storia con un programma: non funziona. Stare insieme è un fatto istintivo. Nessuno sa spiegarsi cos’è che ti fa andare avanti. E’ un qualcosa che sta sopra di noi”.
Al Festival di Toronto Monica ha presentato “Rhino Season” del regista iraniano Bahaman Ghobadi: “Interpreto una donna iraniana, ruolo che mi ha catapultato in un universo veramente lontano dal mio. A volte mi chiedo come arrivino questi progetti, è un aspetto divertente del mio mestiere”. E non è tutto. “Ho concluso a luglio le riprese di ‘Des genes qui s’embrassent’ di Daniéle Thompson con Kad Merad. E’ la storia di una famiglia in cui si raccontano odi e amori”.
Il 30 settembre è il gran giorno del compleanno: “Non mi è mai importato niente dei compleanni anche da ragazzina. Li trovo di una noia mortale. Credo che festeggiare in età adulta abbia anche fare con la nostalgia dell’infanzia. Mi piace invece fare delle belle feste per le mie bambine perché è giusto che loro si divertano in maniera spensierata. La mia festa è il giorno del loro compleanno”.

Alanis Morissette al Jimmy Kimmel Live





James McAvoy in Trance

L'attore sanguinante sul set di Danny Boyle: sono le prime immagini del thriller "artistico", con Cassel e la Dawson
Ecco  le prime immagini del nuovo, atteso film di Danny Boyle, Trance. A postarle sul profilo Facebook ufficiale del film lo stesso regista di Slumdog Millionaire, ritrae un sanguinante James McAvoy, protagonista con Vincent Cassel e Rosario Dawson. Trance è un thriller su un colpo nel mondo dell'arte andato male. Sarà Fox Searchlight a portarlo in sala a marzo 2013.

Madonna: Votate per quel fottuto musulmano nero!


A 41 giorni dalle elezioni presidenziali sulla scena politica irrompe Madonna che durante un concerto a Washington ha invitato i suoi fan a sostenere Barack Obama: "Meglio votare per quel fottuto Obama, va bene? Alle brutte abbiamo un musulmano nero alla Casa Bianca", e questo vuol dire che c'e' ancora una speranza in questo Paese". Il punto è che Obama e' notoriamente un cristiano praticante (lo ha ripetuto anche mercoledi' nel suo intervento all'Assemblea generale dell'Onu) ma e' stato a lungo perseguitato dalle voci messe in giro dai suoi avversari, secondo cui sarebbe non solo musulmano, ma anche nato al di fuori degli Stati Uniti. Madonna, che e' stata sempre al fianco del presidente, arrivando a mostrare la schiena nuda con la parola 'Obama' scritta sopra, dopo l'uscita a Washington ha dovuto chiarire attraverso la sua portavoce che il riferimento era ironico e voluto: "Ero ironica sul palco. Ovviamente so che Obama non e' un musulmano, e so anche che un sacco di persone in questo Paese lo pensano. E quale sarebbe il problema se lo fosse? Il punto e' che quell'uomo e' un uomo buono, indipendentemente da chi prega. Non mi interessa quale sia la sua religione, e nessuno dovrebbe preoccuparsene in America".
http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201209261052-ipp-rt10080-madonna_fonte_agi

JAMES FRANCO RITORNA A RACCONTARE IL MONDO GAY

James Franco sembra quasi ossessionato dai diritti e dalle tematiche gay. Il suo primo film da regista è dedicato a Sal Mineo "Sal", famosissimo attore che lavorò anche con James Dean, e indaga anche la sua sessualità, seguito da The Broken Tower, inoltre ha recitato in alcune pellicole a tematica omosessuale e adesso è pronto a presentare al mondo il suo primo homo-sex-art film dal titolo James Franco’s Cruising, un omaggio ad uno dei primi film gay di Hollywood, ovvero Cruising di William Friedkin. 
La pellicola è ispirata al cosiddetto movimento di art house cinema, ovvero il cinema artistico, indipendente ed assolutamente sperimentale che coinvolge moltissimi giovani cineasti americani. James Franco’s Cruising è un remake-omaggio al sottovalutato Cruising, film che racconta la storia di un agente, interpretato da Al Pacino, costretto ad infilzarsi nell’ambiente gay S&M di Manhattan per catturare un serial killer. 
James Franco’s Cruising vuole mostrare al mondo i 40 minuti inediti della pellicola di William Friedkin, che non sono stati inseriti nemmeno nel dvd per i 30 anni dall’uscita della pellicola, dato che sono andati perduti. Da qui l’idea di James Franco di registrare i 40 minuti inediti del film. Nei panni di Al Pacino ci sarà Val Lauren. L'unico problema è che a quanto pare l'attore americano non ha mai avuto i diritti per realizzare questi 40 minuti.
James Franco’s Cruising  sarà presentato in una edizione provvisoria il prossimo autunno a New York durante la settimana della moda, e nella versione definitiva all'inizio del prossimo anno.

Premiere Of Disney's "Frankenweenie" - Winona Ryder










Actress Winona Ryder attends the Premiere Of Disney's "Frankenweenie" at the El Capitan Theatre on September 24, 2012 in Hollywood, California.
(September 23, 2012 - Source: Frederick M. Brown/Getty Images North America)

I COLDPLAY annunciano l’uscita (il 20 Novembre) del primo album, film LIVE 2012

Il 20 Novembre (il 19 in UK), i Coldplaypubblicheranno “Live 2012”, il primo film concerto e live album da nove anni ad oggi. Il film, il cui trailer è visibile qui sotto, celebra l’acclamato tour mondiale “Mylo Xyloto”, che dal giugno 2011 è stato visto da più di 3 milioni di persone.
“Live 2012” sarà pubblicato per Parlophone su CD, DVD, Blu-ray e digitale. Le riprese del film sono statedirette da Paul Dugdale, già regista del live diAdele dalla Royal Albert Hall e dei film-concerto Worlds On Fire dei Prodigy. “Live 2012” include scene dai concerti di Parigi (Stade de France),Montreal (Bell Centre) e il trionfo della band al Pyramid Stage di Glastonbury 2011.
Il leader dei Coldplay Chris Martin ha detto: “Il tour di Mylo Xyloto è stato il più divertente tra quelli fatti come band. E’ partito da subito con il piede giusto; in parte perchè eravamo orgogliosi della musica, dei braccialetti LED, dei fuochi d’artificio e di tutto quello al seguito ma principalmente per l’incredibile audience davanti a cui abbiamo suonato. Nel corso degli anni, il nostro pubblico è diventato sempre più parte del concerto stesso. Sono incredibili, variegati, pieni di soul, e rendono il suono delle canzoni migliore di quanto noi siamo già in grado di fare. Abbiamo cercato di raccogliere l’incredibile feeling che ci arriva da loro per trasportarlo nel film concerto”.
Il regista di “Live 2012” Paul Dugdale ha detto: “Volevamo fare un film intimo e allo stesso tempo epico, evidenziando le performance colorate dei Coldplay con candidi ritratti della band. Il set è stato estrapolato da diversi concerti in giro per il mondo usando come punto di riferimento lo show dello Stade de France davanti a 75.000 persone. In collaborazione con la JA Digital mi sono avvicinato a questo film nello stesso modo in cui i Coldplay vivono i loro concerti: è soprattutto un film sulla gente, e abbiamo voluto evidenziare come la band sia riuscita a far cadere la barriera tra il palco e il pubblico dando vita a un tour che si rivolge a tutti, da chi è sopra il palco a chi sta in fondo o indietro. Sono 90 minuti caleidoscopici di emozioni. Il mio intento come regista era quello di rendere la visione degli spettatori più ampia possibile così come il battito dei loro cuori più veloce.”

Hope Springs diventa Il Matrimonio che Vorrei: locandina italiana e foto del film

Non più Consigli per gli Affetti bensì Il Matrimonio che Vorrei. Questo il titolo italiano scelto per la commedia di David Frankel Hope Springs, sui nostri schermi a partire dal prossimo 18 ottobre distribuito da Bim.
Diamo insieme uno sguardo al poster ed alle foto del film, che vede Meryl Streep e Tommy Lee Jones protagonisti, affiancati da Steve Carell, Elisabeth Shue, Jean Smart, Susan Misner, Marin Ireland, Ben Rappaport, Brett Rice, Daniel Flaherty, Kayla Ruhl, Patch Darragh, Lee M. Cunningham, John Franchi, Jamie Christopher White, Anita Storr, Bill Ladd, Bob Dio, Mary A. DeBriae, Alexis Tarasevich e Paul Jude Letersky. Qui c’è anche il trailer italiano.
Kay ed Arnold sono una coppia solida, ma decine d’anni di matrimonio hanno lasciato in Kay il desiderio di ravvivare un po’ le cose e di ritrovare intimità con il marito. Quando viene a sapere dell’esistenza di un rinomato terapauta di coppia nella cittadina di Great Hope Springs, Kay cerca di persuadere il suo scettico marito, un uomo schivo e abitudinario, a salire su un aereo per andare a trascorrere una settimana intensiva di terapia di coppia. Già solo convincere il testardo Arnold a sperimentare questo singolare “ritiro”è un’impresa, ma la vera sfida per entrambi arriverà quando cercheranno di liberarsi delle loro inibizioni a letto e di riaccendere la scintilla che li aveva fatti innamorare al loro primo incontro.

Radiohead: l’orso polare che si aggira per i concerti è un animale in carne ed ossa? (Ma per favore...)

Continua il tour dei Radiohead, che oggi suoneranno a Bologna (Parco Nord) e domani a Codroipo, in Friuli, a Villa Manin, e continua il sostegno della band inglese alla campagna promossa da Greenpeace “Save The Arctic”. Greenpeace vuole precisare, in seguito alle mail di protesta e ai commenti ricevuti sulla pagina Facebook, a testimonianza della sensibilità dell’opinione pubblica verso gli animali, che l’orso polare che si aggira per i concerti (vedi video: www.youtube.com/watch?v=nr2gROTeLco ) NON è un animale in carne ed ossa. MAI potrebbe esserlo vista la normativa che tutela gli animali in via d’estinzione e gli animali pericolosi, ma molte persone vengono ingannate dall’apparenza. NON è neanche un robot, come è stato scritto. Se si muove in maniera così realistica è merito del costumista teatrale di Londra che lo ha progettato e dei due volontari di Greenpeace, appositamente addestrati, che si trovano all’interno del costume e che si muovono in perfetta sincronia. L’orso chiede ai fan di firmare una petizione per salvare l’Artico, come hanno fatto già un milione e 800 mila persone sul sito www.savethearctic.org Greenpeace ha lanciato la campagna “Save The Arctic” con l’obiettivo di bandire le trivellazioni offshore e la pesca distruttiva industriale attorno al Polo Nord, e creare un santuario globale. La canzone dei Radiohead “Everything in its right place” è la colonna sonora del video in cui si vede come protagonista un orso polare, vittima del cambiamento climatico, che vaga per Londra alla disperata ricerca di una casa e di cibo. Quando Greenpeace raggiungerà i 2 milioni di firme, inserirà quei nomi in una capsula che verrà collocata nei fondali dell’Artico, a una profondità di 4 chilometri, e contrassegnerà il luogo con la “Bandiera per il Futuro” disegnata dai giovani di tutto il mondo. Thom Yorke è stato uno dei primi ad aderire: «Dobbiamo fermare i giganti petroliferi che vogliono insediarsi nell’Artico. Una fuoriuscita di petrolio devasterebbe questa regione la cui bellezza toglie il respiro e si sommerebbe al più grande problema che noi tutti dobbiamo affrontare, il cambiamento climatico. Ecco perché sostengo questa campagna. E ogni qualvolta volgerò lo sguardo verso nord, mi ricorderò che il mio nome è scritto nei fondali dell’oceano, in cima alla terra, come dichiarazione solenne di un impegno comune per salvare l’Artico».

Radiohead : Video e ricordi dei concerti a Roma e Firenze, aspettando Bologna e Udine

Oltre 55mila persone felici e orgogliose di esserci : il pubblico dei Radiohead a Bologna e Firenze ha lasciato sul web numerosi video e ricordi dei concerti. Ma non è finita : tocca a Bologna e Udine.

Molti di loro, hanno fatto il tris : sabato 22 a Roma all’Ippodromo Capannelle, domenica 23 al Parco delle Cascine a Firenze, martedì 25 a Bologna. Basta avere un solido portafoglio e saltare sui nuovi treni ad alta velocità italiani. I Radiohead un tour del genere lo fanno in media una volta ogni cinque anni, era giusto approfittarne. Al di là dell’esperienza musicale, è come se l’emozione nasca ben prima di recarsi all’evento : è il brivido di pensare “ci sono anch’io”, davanti a Tom Yorke e alla band più apprezzata del pianeta, così rara e cara da vedere dal vivo. Difficile, dopo un lungo concerto dei Radiohead (24 brani!), dirsi delusi o insoddisfatti. Forse neppure ci si pone la domanda : è stato o no un concerto riuscito ? La grandezza del gruppo precede qualsiasi dubbio o questione. E poi, racconta chi c’era, i Radiohead sul palco sono cambiati. Questa è ‘Idiotheque’ (a Roma), il più elettronico dei loro brani, accompagnato da uno straordinario spettacolo di luci.
Giovanni Ansaldo, blogger su Internazionale, fa parte di quelli che fanno il tris. Nella sua recensione, racconta la metamorfosi interiore del quarantaquattrenne Tom Yorke : “Se negli anni passati colpiva per l’urgenza espressiva costante, ai limiti della sofferenza, oggi è diverso. I Radiohead stupiscono per la loro capacità di tenere il palco, di saper giocare con gli arrangiamenti e la scenografia con un’autorità da veterani. Non sono più i rockettari alienati di Ok computer, né gli sperimentatori post-apocalittici di Kid A eAmnesiac. Ma una band che, pur continuando nella sua ricerca sonora con ostentata cocciutaggine, è del tutto in pace con se stessa”. Per dirla con lo stesso Giovanni Ansaldo, i Radiohead “hanno sconfitto i loro demoni”. Una pace che contagia anche il pubblico, in questa interpretazione di Nude a Firenze.

Il tour italiano era previsto in estate ed è stato rinviato in seguito all’incidente di Toronto, in cui perse la vita il tecnico del suono Scott Thomas. E’ anche per questa ragione che molti biglietti furono rimessi in vendita per la felicità dei fan meno rapidi nell’acquisto online. Il quotidiano La Nazione racconta che ieri a Firenze c’era chi, come Giusi, non aveva dormito la notte prima del concerto, o chi, come Laura, è rimasta in fila ai cancelli per più di dieci ore. “Sono qui dalle 8 di stamani”, raccontava, con in mano due matite per il trucco perché “questa giornata va tatuata sul volto”. L’appuntamento è domani 22 settembre all’Arena Parco Nord di Bologna, e mercoledì 23 a Villa Manin a Codroipo (Udine). Per entrambi, ci sono ancora biglietti in vendita.
http://www.melty.it/radiohead-video-e-ricordi-dei-concerti-a-roma-e-firenze-aspettando-bologna-e-udine-a108212.html

«Quando l’uomo libero pensa alla morte, la sua è una meditazione sulla vita»

"Il suicidio e l’anima" di James Hillman
Da sempre condannato dalla civiltà occidentale, al contrario di quella orientale (si pensi solo alla ritualità e alla sacralità del “seppuku” nella cultura giapponese), il suicidio, il rinnegamento della vita con un atto volontario, continua a essere considerato un tabù da circoscrivere e da stigmatizzare quale atto deviante,
provocato fondamentalmente da un’instabilità psichica che obbliga il suo autore a rompere con la realtà esterna, per mettere fine alla sua sfera reale. Perfino la stessa scienza psicologica, perfino la psicoanalisi hanno affrontato raramente quest’argomento, che vanta di conseguenza una letteratura specialistica in materia nettamente inferiore rispetto ad altri campi d’investigazione e di studio. Per parlarne apertamente, per affrontarlo lucidamente, ci voleva uno studioso, un analista, un filosofo dell’inconscio qual è lo statunitense James Hillman, autore di un breve e densissimo saggio, dal titolo “Il suicidio e l’anima”, pubblicato nel lontano 1964 e ora presentato per la seconda volta al pubblico italiano dalla casa editrice Adelphi (dopo essere apparso nel 1972 per i tipi dell’Astrolabio-Ubaldini Editore).
Hillman, uno dei più interessanti esponenti della psicologia analitica junghiana, nei suoi testi (molti dei quali pubblicati in Italia proprio dall’Adelphi) dimostra di avere la rara capacità di giungere direttamente e drammaticamente al punto della questione, come nel caso del suicidio, affrontato in relazione con chi lo vuole usare per giungere al termine della sua esistenza e con chi, invece, lo affronta dal di fuori, oggettivamente, ossia l’analista che prende in esame il paziente alle prese investito da tali istinti suicidi. Il libro, al quale lo stesso Hillman ha aggiunto nella nuova versione un postscriptum, è suddiviso in due parti, la prima che mette in evidenza il rapporto tra suicidio e analisi, e la seconda (maggiormente indicata per gli “addetti ai lavori”), su come l’analisi può intervenire sull’istanza del suicidio e di chi lo vuole commettere.
L’assunto dal quale parte Hillman è che se esiste l’idea della morte, quale elemento irrinunciabile nella vita di ogni uomo, allo stesso tempo non si capisce perché con l’idea della morte non possa essere presa in considerazione anche quella del suicidio, che contempla esemplarmente la veicolazione della morte attraverso strutture, analisi, decisioni che prevedono il ruolo di assoluto protagonista in chi lo vuole compiere. Un punto di vista che può essere associato all’enunciazione con la quale Albert Camus, iniziò il suo celeberrimo “Mito di Sisifo”: «Vi è solamente un problema filosofico veramente serio, quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Il resto - se il mondo abbia tre dimensioni o se lo spirito abbia nove o dodici categorie - viene dopo. Questi sono giochi: prima bisogna rispondere», che Hillman mette in calce proprio quale epigrafe nel suo studio.
Accettare l’idea della morte, quindi, significa accettare anche l’ipotesi del suicidio, come afferma Hillman alla fine della prima parte del suo libro: «L’esperienza della morte è necessaria, vie di uscita non ce ne sono, né mediche né simboliche. Le spesse mura difensive innalzate contro la morte attestano la sua potenza, e del nostro bisogno. Come la religione, come l’amore, come la sessualità, la fame, l’istinto di autoconservazione, e come la paura stessa, la tensione verso la morte è tensione verso la verità fondamentale della vita. Se alcuni chiamano Dio questa verità, allora la tensione verso la morte è anche tensione verso l’incontro con Dio, che per taluni teologi è reso possibile soltanto dalla morte. Il suicidio, tabù per la teologia, chiede con forza che Dio si riveli».
Parole forti, che fanno intravvedere, ancora una volta, uno degli argomenti maggiormente cari all’analista e filosofo americano, quello dell’anima, come d’altronde si evince dallo stesso titolo di questo libro. Hillman ci fa capire come cercare di accettare l’idea del suicidio in fondo sia un altro, ennesimo modo per arrivare fino all’anima, svincolata, naturalmente, da ogni acquisizione e interpretazione di ambito teologico, religioso e spirituale. «L’anima è un concetto volutamente ambiguo, che resiste a ogni tentativo di definizione, così come fanno tutti quei simboli primi che forniscono le metafore radicali dei sistemi di pensiero dell’umanità», ammonisce Hillman in un passaggio del libro. Conoscere ciò che noi intendiamo quale anima, i suoi meccanismi, i suoi processi, diventa indispensabile per andare incontro a chi vuole concedersi al suicidio. Perché, come ci ricorda continuamente Spinoza, «quando l’uomo libero pensa alla morte, la sua è una meditazione sulla vita».
James Hillman “Il suicidio e l’anima”, Adelphi, pp. 316, euro 15,00

Il lutto che segue ad un suicidio

Immagini ricorrenti. Interrogativi. Si poteva prevenire?
Sensi di colpa. Senso di rifiuto ed abbandono. Vergogna e isolamento. Messaggi di addio. E per i genitori di figli che si sono suicidati? Se ci sono bambini, come parlare di un suicidio in famiglia? E se quei bambini sono degli adolescenti? Chi vi puo' aiutare? Ci potete aiutare?
La perdita di una persona amata, quale che sia stata la causa della morte, provoca sempre un indicibile sofferenza ed apre un percorso che è doloroso sia fisicamente che nell'area delle emozioni. Ogni morte lascia un vuoto incolmabile: ci si sente come amputati di una presenza unica che non potrà più essere rimpiazzata.
Le emozioni di chi sperimenta il suicidio di un familiare sono simili a quelle che attraversano anche le persone che subiscono perdite diverse, ma lo stato di shock e di isolamento sociale, le sensazioni di colpa e di abbandono sono ancora più forti e durano più a lungo. Al dolore e alla sofferenza si aggiungono un continuo interrogarsi e un arrovvellarsi sui mille possibili "perché?". Il fatto che, in qualche modo, la morte sia l'effetto di una scelta, provoca una serie di domande che una morte per malattia o incidente non suscita. Per molti, inoltre, si aggiunge la tormentosa sensazione di essere stati abbandonati e rifiutati.
I familiari superstiti di un suicidio si ritrovano spesso ad affrontare non solo tutte le reazioni tipiche che seguono la morte di una persona cara, ma anche una serie di problematiche specifiche.

Immagini ricorrenti
Una delle manifestazioni più comuni è il ricorrere delle immagini della scena della morte, anche quando non la si è vista. Vedere il corpo della persona morta è un trauma durissimo, particolarmente se siete stati voi a trovarla e ancor più nei casi di morte violenta.
È normale avere incubi frequenti e sentirsi perseguitati dalla scena della morte.
Parlare di quello che è successo e tornare a ripercorrerne nel racconto i dettagli, può, in alcuni casi, alleviare la pena acuta che queste immagini inducono.
Se però queste immagini si presentano in modo talmente ossessivo da interferire troppo con la vostra vita quotidiana, è bene parlarne al medico di fiducia.

Interrogativi
Ogni morte suscita in chi rimane molte domande e tanti "perché". Ma una morte per suicidio inevitabilmente porta a una ricerca più assillante, intensa e prolungata. Ogni membro della famiglia può darsene una spiegazione diversa e questo può facilmente mettere a dura prova le relazioni familiari, particolarmente quando ci si inizia ad accusare a vicenda.
Molte persone riescono a convincersi che non riusciranno mai a sapere davvero perché chi si è tolto la vita l'abbia fatto.
Anche se la morte può essere sopravvenuta in seguito a una particolare circostanza, in genere il suicidio non ha una causa unica che può averlo provocato.

Si poteva prevenire?
Chi è rimasto ripensa continuamente, ossesivamente, a tutto quello che si sarebbe potuto fare per salvare la persona dal suicidio.
Quando ci si pensa a posteriori tutto sembrare improvvisamente molto chiaro. "E se avessi dato peso a quel segno o a quella frase?", "E se non fossimo partiti quel week-end?", "E se fosse stato meglio ascoltato?". I "se" sono infiniti.
È importante ricordarsi che, in una persona che pensa al suicidio, i cambiamenti di comportamento possono essere molto graduali e che è estremamente difficile rendersi conto di quando una persona è arrivata al punto di volersi togliere la vita. Spesso, neanche i medici e chi si occupa di salute mentale si rendono conto della gravità del rischio. Inoltre, chi ha deciso di togliersi la vita può diventare molto abile a nascondere il suo progetto.

Sensi di colpa
Quando qualcuno si suicida, familiari e amici sono assaliti da continui ed esasperanti sensi di colpa e dal bisogno di interrogarsi costantemente.
"Non passa giorno che io riesca a non chiedermi il perché. Non passa giorno che il senso di colpa non mi trascini, sempre più giù, fino a sprofondare. Mi angoscia pensare che forse noi tutti, come famiglia, avremmo potuto fare qualcosa per cui non avrebbe preso questa decisione e sarebbe rimasto con noi. Non riesco a perdonarmi tutte quelle cose orribili che ci siamo detti e mi chiedo perché non gli ho detto allora, quando ancora potevo, tutte quello che ora gli vorrei dire?".
Sicuramente può aiutare confidarsi con una persona di fiducia e vedere le proprie emozioni in una prospettiva più realistica. Se però non volete dare voce ai vostri sentimenti, sforzatevi almeno di non assumere su voi stessi tutta la colpa e la responsabilità: questo non è certamente facile, ma provate, ad esempio, a scrivere una lista delle cose che avete fatto per aiutare la persona scomparsa. Ricordate anche che non potevate prevedere il futuro e che nessuno è responsabile per le azioni di un'altro. Nessuno è perfetto e le ragioni di un suicido sono sempre molto complesse. Cercate di perdonarvi se avete detto o fatto cose che ora rimpiangete.
Se vi sembra che le sensazioni di colpa non accennano a diminuire, prendete in considerazione di parlarne al vostro medico, di frequentare un gruppo di mutuo aiuto o di parlarne con un counsellor.

Senso di rifiuto ed abbandono
Chi rimane - molto spesso - si sente respinto e abbandonato da chi si è tolto la vita.
"L'angoscia principale era che non fosse neppure venuto a parlarci. Penso che ad un certo momento eravamo tutti arrabbiati. Penso spesso: 'ma come ci ha potuto fare una cosa simile?'"
A volte il sentirsi respinti può provocare sensi di inadeguatezza: si può pensare di non valere nulla e aver paura di ulteriori rifiuti, rischiando così di isolarsi anche da chi davvero potrebbe porgere aiuto e sostegno.
Può darsi che chi si è tolto la vita fosse così preoccupato dai propri problemi da non riuscire a pensare a nessun'altro, oppure può aver pensato che gli altri sarebbero stati meglio senza di lui o lei.

Vergogna e isolamento
"Avevo bisogno di sentire quello che viene detto a chiunque perda una persona amata: 'mi dispiace per il tuo dolore. Ti sono vicino. C'è qualcosa che posso fare per te? Se hai voglia di parlare, ti ascolto volentieri. Posso anche essere una buona spalla per piangere'. Avevo bisogno di sapere che chi lo diceva, lo diceva con sincerità. Nessuno invece vuole parlare del suicidio. Tutti pensano che è meglio non dire nulla, che se non se ne parla, si dimentica più rapidamente e si sta meglio. Per me invece era proprio il contrario."
Benché l'atteggiamento della nostra società nei confronti del suicidio sia molto cambiato, il silenzio che circonda chi rimane rischia di colpevolizzarlo e rinforzare un senso di vergogna.
Se gli altri sono imbarazzati, a disagio ed evasivi, è inevitabile che vi sentiate isolati e che perdiate le occasioni per parlare della persona scomparsa, per ricordare e celebrare tutti gli aspetti della sua vita.
Vi potrà accadere di sentire la necessità di proteggere voi stessi e la persona scomparsa dal giudizio degli altri. Non c'è nulla di strano nell'isolarsi a causa del senso di colpa o per un senso di vergogna o semplicemente perché avete bisogno di stare da soli per qualche tempo. Gli amici a volte non si fanno vivi perché non sanno cosa dire e hanno paura di ferirvi: dire agli amici che tipo di aiuto vi può servire può a volte semplificare i rapporti.
Una buona terapia per uscire dall'isolamento si è dimostrata quella di prendere parte a gruppi di mutuo aiuto.

Messaggi di addio
Spesso chi si toglie la vita lascia dei messaggi. Se esprimono affetto, chiedono perdono o in qualche modo esonerano chi resta da responsabilità, possono essere fonte di conforto. Se il gesto non era assolutamente previsto, un messaggio può almeno eliminare qualsiasi incertezza sul fatto che si tratti di un suicidio.
Succede tuttavia che, a volte, questi messaggi possano essere spiacevoli, dolorosi e colpevolizzanti. È importante ricordarsi che le parole lasciate riflettono soltanto uno stato d'animo circoscritto ad un momento specifico e di particolare turbamento.
Non necessariamente il messaggio aiuta a spiegare tutte le motivazioni di un gesto così auto-distruttivo, ma può essere straziante non trovare alcun messaggio.

E per i genitori di figli che si sono suicidati?
La morte di un figlio è una esperienza devastante, ma il fatto che un figlio abbia voluto "scegliere" di morire e si sia tolto la vita rende questo evento ancora più insopportabile in quanto può sembrare uno specifico rifiuto di voi come genitori. Potreste sentire di aver fallito perché non siete riusciti a prevenire il gesto e a dare aiuto e potreste arrovellarvi e chiedervi se qualcosa che avete detto o fatto abbia potuto influenzare la sua decisione. Vi potreste sentire in colpa per non aver notato cose che, ripensandoci, avrebbero potuto essere colte come segnali premonitori. Scoprire oggetti che non sapevate in suo possesso può farvi scoprire che non era proprio chi pensavate. Vi potreste colpevolizzare per non aver capito che era così terribilmente infelice. Potreste sentirvi mal giudicati dagli altri. Nessuno però è un genitore perfetto: cercate invece di ricordare tutto ciò che di buono avete fatto come genitore.
Se avete altri figli, avranno ancora più bisogno di voi. Chiedete ad altri membri della famiglia o ad amici di aiutarvi finché non vi siate un po' ripresi dal trauma. Nel caso in cui abbiate paura che altri figli siano a rischio, cercate di parlarne con il medico di famiglia o uno psicoterapeuta. Incoraggiate gli altri figli ad esprimere le loro emozioni e discutete con loro di quanti modi diversi ci sono per affrontare i problemi. Tuttavia, sforzatevi di non diventare iperprotettivi ed assillanti. Mettete in risalto le loro qualità e fate attenzione a che non sentano di dover rimpiazzare il fratello scomparso.
Se è un figlio unico ad essersi tolto la vita, vi sembrerà che non ci siano più speranze o progetti per il futuro e che la vostra vita non abbia più scopo. Cercate però di ricordare che quel figlio sarà sempre parte di voi e che il suo ricordo vi accompagnerà per sempre.
Se avete perso un figlio adulto, vi potreste sentire meno circondati di affetto rispetto alla famiglia di vostro figlio e appesantiti dal senso di responsabilità nei confronti dei nipoti, anche se spesso non si riesce a fare molto per loro. Fate attenzione a non manifestare rabbia o accuse nei confronti del partner rimasto davanti ai figli.
Madri e padri vivono la perdita in modi diversi. Spesso questo crea difficoltà nel rapporto: è difficile condividere le emozioni dolorose e convivere con la sofferenza dell'altro. In alcuni casi ci si rinfacciano a vicenda colpe e responsabilità e si può arrivare a mettere in questione il rapporto di coppia. In altri casi, sostenersi a vicenda e condividere la sofferenza può rafforzare il rapporto.
Nel caso di coppie separate o divorziate la situazione è ancora più difficile. Il genitore che non viveva con il figlio può sentirsi escluso, trascurato o anche colpevolizzato.

Se ci sono bambini, come parlare di un suicidio in famiglia?
Non è assolutamene facile parlare ai più piccoli della morte, tanto più quando si tratta di una morte per suicidio. Ma quando riuscirete a farlo sarete soddisfatti di essere stati onesti e di essere riusciti a superare una tale difficoltà (vedi anche il capitolo "Il lutto e i bambini" ).
Che un bambino venga a scoprire per caso del suicidio di un genitore o di un familiare è infatti veramente molto traumatico: è quindi meglio essere chiari ed onesti fin dall'inizio. È facile che i bambini finiscano per sentirsi traditi se capiscono che non gli è stata detta la verità. Con i più grandicelli, è soprattutto difficile valutare la profondità e la qualità delle loro emozioni, nonché il bisogno che hanno anche di informazioni chiare su quanto è successo, poiché spesso, per proteggere i familiari, nascondono le loro emozioni.
È per questo che è necessario parlare con loro, usando parole semplici che sono in grado di capire e incoraggiandoli a parlare e a fare domande. È probabile che vostro figlio vi voglia ripetere sempre le stesse domande: ascoltate cosa chiede, anche se le domande vi sembrano sciocche o irrilevanti: cercate di rispondere con coerenza ed onestà. Spesso i bambini non riescono ad assorbire le informazioni tutte in una volta: siate quindi pronti a ripetere più volte la storia di cosa è successo. Questo li aiuta a venire a patti con la loro perdita e ad accettarla.
È possibile spiegare ai bambini cosa è successo dicendolo un po' alla volta, in un periodo di tempo più breve o più lungo a seconda dei bisogni, delle richieste e dell'età dei bambini. È importante però usare un linguaggio semplice e diretto ed evitare frasi quali "è andato in un mondo migliore" o "si è addormentato": dal momento che i bambini tendono in generale a capire le cose nel loro senso letterale potrebbero ad esempio decidere di non voler andare a dormire per la paura di non svegliarsi più. È comunque importante che i bambini capiscano bene che la persona non tornerà più.
Se avete fede in una vita dopo la morte, ne potete parlare con i bambini, spiegando che è su questa terra che non vedranno più quella persona. È anche importante che i bambini non sentano in alcun modo di avere qualche responsabilità per la morte avvenuta così come è essenziale rassicurarli del fatto che sono amati e fonte di gioia.

E se quei bambini sono degli adolescenti?
Una morte in famiglia è sempre un'esperienza devastante: può essere però particolarmente difficile per gli adolescenti che stanno contemporaneamente affrontando tutte le pressioni e le difficoltà legate a questa fase del loro sviluppo.
È probabile che i figli adolescenti trovino difficile esprimere le loro emozioni. Li potete aiutare dimostrando attenzione ed ascolto per quello che dicono, incoraggiandoli a esprimere il loro dolore nel modo che è loro più congeniale: magari attraverso la musica, o disegnando, o scrivendo poesie o riflessioni.
È importante rendersi conto del fatto, e accettarlo, che il loro modo di vivere la perdita può essere diverso dal vostro: potrebbero rinchiudersi silenziosamente in se stessi o piangere e gridare. Cercate di essere pazienti se sono arrabbiati ed irritabili. Cercate di parlare tutti insieme, in famiglia, e di cercare di esprimere la vostra sofferenza.
I ragazzi più grandi potrebbero volersi allontanare da una casa che è piena di dolore e potrebbero aver bisogno di tempo da soli, per pensare, o di tempo con i loro amici. Infatti, potrebbe essere che gli sia più facile parlare con gli amici o con persone al di fuori della cerchia familiare.
Cercate di non essere esageratamente protettivi, e incoraggateli ad uscire e divertirsi se ne hanno voglia.
Se è uno dei vostri figli che si è tolto la vita, cercate di non idealizzarne il ricordo, perché questo potrebbe creare dei problemi con i fratelli rimasti.
Se temete che i vostri figli siano depressi o nutrano pensieri suicidi, parlatene con una persona di fiducia, con i medici del centro di salute mentale, al consultorio familiare, con una persona religiosa di vostra fiducia o con un professionista come uno psicologo, un psicoterapeuta.

Da leggere:

Chi vi può aiutare?
Entrare in contatto con altri che hanno vissuto simili esperienze dolorose di perdita, poter condividere con loro la propria sofferenza, sapere di avere a portata di telefono o ... di tastiera qualcuno disponibile ad un ascolto autentico e non giudicante, può essere di grande sostegno.
Entrare in un gruppo di mutuo aiuto, confrontarsi con altri e imparare a sostenersi reciprocamente può dare grande conforto. Per saperne di più e trovarne uno nella vostra area, visitate la sezione "Auto-mutuo aiuto" del sito Gruppo Eventi, e la sezione Siti Amici.

E quì di seguito altri indirizzi italiani e stranieri che vi possono essere di aiuto:

Progetto legato allUniversità di Padova per il sostegno e l'informazione di familiari ed amici di persone che si sono suicidate.

L'A.F.I.PRE.S. (Associazione Famiglie Italiane Prevenzione Suicidio) è una associazione di volontariato con sede a Palemo, nata con l'obbiettivo di impegnarsi in campagne per la prevenzione del suicidio e per il sostegno alle famiglie di giovani suicidi.
L'Associazione organizza gruppi di auto-mutuo aiuto per amici e familiari che hanno subito un lutto per suicidio e offre anche sostegno telefonico con un servizio denominato "telefono giallo" (091 6887912; 091 6859776) e tramite un numero verde 800 80 99 99.

Samaritans è una organizzazione di volontariato nata in Gran Bretagna nel 1953, a Roma nel 1980. I Samaritans offrono ascolto telefonico - in assoluto riserbo e senza giudizio - a chiunque si trovi in una situazione di grande disagio emotivo, depressione, desiderio di suicidio. L'ascolto permette lo sfogo e l'espressione dello stato di disperazione e la possibilità di ritrovare, ascoltandosi parlare, una prospetiva diversa per inquadrare il proprio problema.
Il numero verde gratuito è: 800 86 00 22

L'Associazione Nazionale Telefono Amico Italia offre - tramite l'ascolto telefonico - un servizio gratuito di emergenza per le persone in crisi. L'ascolto di chi chiama si svolge in totale riservatezza ed anonimato, nel totale rispetto della persona che chiama, in modo non direttivo ed indipendente da qualsiasi affiliazione politica o religiosa.
Il numero del Telefono Amico è: 199 284 284

Offre un servizio di ascolto telefonico gratuito per adolescenti e giovani che vivono un momento di crisi e difficoltà, che vorrebero parlare di temi che non riescono ad affrontare a scuola, o con familiari ed amici. Rispondono volontari giovani, adulti, insegnanti, medici. A richiesta, è possibile avere la consulenza di uno psicologo, un sessuologo, un ginecologo, un sacerdote, una neuropsichiatra.
Il numero verde è: 800 560 990

Associazione britannica di "sopravissuti" al suicidio di una persona cara. Ricco in testimonianze e riflessioni.

Ci potete aiutare?
Se volete lasciare una testimonianza, un commento, un messaggio a chi, come voi, ha subito una perdita per suicidio; se volete parlare della vostra esperienza di dolore, di come il suicidio di una persona amata ha cambiato la vostra vita, lo potete fare scrivendo a:
Anche questo è un modo di dar senso alla vostra sofferenza e di condividerla con altri.
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